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Autore: Anna Santarello

I magistrati pro Erdoğan soffocano gli islamisti.

Dal Blog di Enrico Campofreda – 6 marzo 2016

195644639 2a7133c9 c9f6 4270 bee4 71a78936f31aSe lo son portati via due poliziotti con le buone, Abdulhamit Bilici direttore di Zaman, diventato nell’ultimo anno il maggior giornale d’opposizione turco in virtù delle sue 650.000 copie di tiratura. Un’opposizione tutta interna all’Islam politico che da tempo si scontra con quello erdoğaniano ed è animato dall’ex amico Gülen, l’imam migrato negli States e finanziatore del movimento Hizmet.
Il piano repressivo continua, invece, a essere cattivissimo e s’è scagliato stavolta contro il quotidiano Zaman.

Come aveva fatto con un altro giornalista gülenista, Hekrem Dumanli (arrestato due anni fa), e contro Dündar e Gül, i responsabili di Cumhuriyet, incarcerati nell’ottobre scorso e recentemente rilasciati per un intervento della Corte Costituzionale. La censura dell’informazione turca è un progetto in atto da un triennio, seppure le mosse degli ultimi tempi più che cancellare testate mirano, attraverso sentenze di sezioni giudiziarie amiche (una è 6^ Corte Criminale di Istanbul), a svilirle accusandole di trame antistatali. Poi interviene la politica a trasformarle.

Un “uno-due” che mette alla porta direttori e reporter scomodi e li sostituisce con plotoncini di servizievoli propagandisti e pennivendoli. Era accaduto nel gruppo Koza-İpek con le emittenti Bugün-tv e Kanaltürk. Accade con l’editoriale Feza che, dopo il blitz poliziesco e repulisti del fine settimana, apre il nuovo corso con sperticate lode al presidente innovatore della grande Turchia che a Istanbul visita i cantieri del terzo ponte sul Bosforo.

Definirla informazione di regime è un eufemismo. Non una parola sulla manifestazione di protesta che, in un altro punto della città, ha riunito sotto la sede del giornale un centinaio di persone indignate per il colpo di mano giudiziario-governativo. Tutte gasate, manganellate, ferite e disperse dagli agenti antisommossa. Il team di Bilici licenziato è accusato di “complotto contro le istituzioni e il presidente” e dovrà comparire davanti ai pubblici ministeri. Frattanto il sito web bilingue (turco-inglese) di Zaman è oscurato, nella stessa redazione l’accesso a Internet è bloccato e gli articoli vengono confezionati da fedelissimi dell’entourage governativo che impaginano veline giunte dai Palazzi di Ankara. Il nuovo schiaffo alla libertà d’espressione è stato criticato all’interno e all’estero.

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YJA-STAR: la nostra resistenza in prima linea continuerà.

UIKI, Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia – 4 marzo 2016

yjastar 1 599x275Le YJA-STAR, formazione di donne che combattono contro Daesh a Kirkuk, hanno scritto un intervento per l’8 marzo, Giornata internazionale della donna,salutando le YPS-JIN: “Stiamo resistendo contro isis in prima linea e continueremo a resistere fino alla fine. Facciamo appello a tutte le donne: di aumentare la resistenza e non tacere contro i massacri “.

Le combattenti YJA-STAR che stanno resistendo a Kirkuk, nella regione federale del Kurdistan, hanno fatto alcune valutazioni sull’ l’8 marzo giornata internazionale della donna. Ferasin Berfin, una delle donne combattenti, ha sottolineato la storia della lotta delle donne dicendo: ” L’8 marzo è un giorno molto importante per tutte le donne. L’8 marzo è stato creato dalla resistenza di tutte le donne in tutto il mondo. Dobbiamo celebrare l’ 8 marzo uscendo per le strade. “

Ferasin ha dichiarato che che noi donne curde resistiamo tutti i giorni, non solo l’8 marzo. Abbiamo raggiunto questa coscienza nella lotta contro la mentalità maschilista seguendo il leader del PKK Abdullah Öcalan.

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FRONTIERE CHIUSE E DIRITTI VIOLATI PER GLI AFGANI.

Ghigliottina.it – di Angela Caporale – 2 marzo 2016.

La tensioni al confine greco-macedone colpiscono per primi gli afgani, cui viene sbarrata la porta dell’Europa. Tuttavia, la situazione in Afghanistan non è sicura e il flusso di migranti è in costante crescita.

Marianna Karakoulaki è una giornalista freelance greca che, da più di un anno, si occupa di immigrazione a Idomeni, il piccolissimo villaggio di confine tra Grecia e Macedonia salito agli onori delle cronache poiché è l’unico passaggio che collega i due paesi sulla rotta balcanica percorsa incessantemente dai migranti. Karakoulaki da giorni racconta su Twitter ciò che sta accadendo dopo che l’Austria ha deciso di ridurre il numero di richiedenti asilo che è disposta ad accogliere.

Se già prima si stava configurando una distinzione di fatto tra richiedenti asilo di varie nazionalità – giuridicamente infondata – oggi la situazione è precipitata. La polizia macedone ha chiuso la porta, migliaia di persone sono bloccate in campi fatiscenti, gli scontri con le forze dell’ordine sono ormai giornalieri e vedono l’utilizzo anche di lacrimogeni per respingere i migranti.

All’origine di questa crisi nella crisi, la decisione congiunta delle polizie di Austria, Croazia, Macedonia, Slovenia e Serbia: esse lavoreranno insieme per identificare i migranti nel campo di Gevgelija per poi organizzare insieme il trasporto direttamente verso il confine austriaco, che sarà valicabile soltanto per 3.200 persone al giorno provenienti da “paesi in guerra”. La prima conseguenza è stata la chiusura delle frontiere per gli afgani.

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Austria, campagna anti migranti in Afghanistan. “Niente asilo, state a casa”.

affaritaliani.it – 2 marzo 2016

austria10L’Austria vuole scoraggiare l’ondata di migranti. E per questo lancia una campagna social e tv in Afghanistan: “Non vi daremo asilo, restate a casa”.

L’Austria vuole scoraggiare l’ondata di migranti. E per questo lancia una campagna social e tv in Afghanistan: “Non vi daremo asilo, restate a casa”, recita il cartellone che verrà affisso anche sugli autobus di Kabul oltre che trasmesso sul piccolo schermo e postato su Facebook.

Il senso è molto chiaro: “Se avete intenzione di venire qui, non sognatevi neppure che vi accoglieremo a braccia aperte. Anzi…” L’Austria è una delle mete più ambite dai migranti a causa della sua posizione strategica al confine con la Germania. Un’altra mossa di chiusura dopo l’istituzione dei controlli e la politica di quote sugli ingressi giornalieri adottata dal governo di Vienna. Una politica difesa proprio negli scorsi giorni e nelle scorse ore dal governo austriaco di fronte alle istituzioni Ue.

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Afghanistan: l’oppio è il miglior amico e il peggior nemico degli Stati Uniti.

International Bussines Time – Ed. Italiana, di Andrea Spinelli Barrile – 2 marzo 2016.

Dalle ore 20:45 – afghane – di domenica 7 ottobre 2001 gli Stati Uniti d’America combattono una guerra in Afghanistan: si tratta del conflitto più lungo nel quale l’America si è impegnata dal 1776 nel quale sono stati impiegati 100.000 dei migliori soldati, investiti 1.000 miliardi di dollari e perdute 2.200 vite di militari americani.

Ma quella contro l’Afghanistan non è solo il conflitto più lungo nel quale gli Stati Uniti hanno combattuto ma anche quello dal quale potrebbero uscirne sonoramente sconfitti: la Casa Bianca aveva preventivato, due anni fa, di ritirare le proprie truppe dall’Afghanistan e l’operazione sembrava essersi conclusa, salvo un repentino ripensamento da parte dell’amministrazione americana, che ha annullato il ritiro e lascerà 10.000 soldati nel paese “a tempo indeterminato”.

La missione americana in Afghanistan in realtà deve buona parte del proprio insuccesso a un fiore, il papavero da oppio. È l’oppio ad aver veramente segnato la storia dell’Afghanistan degli ultimi 40 anni: oggi il Paese asiatico è il primo narco-stato del mondo, un paradosso incredibile per la politica estera americana.

Gli Stati Uniti sono presenti in Afghanistan dal 1979, quando la CIA partecipava in segreto alla guerra surrogata contro i russi: le operazioni militari di Washington divennero efficaci quando si adattarono al traffico illecito di oppio dall’Asia centrale e la vittoria contro la Russia fu possibile solo quando gli alleati afghani degli Stati Uniti hanno usato senza impedimenti il traffico di droga per finanziare la loro lotta. In Afghanistan ha funzionato così per 30 anni, fino al 2001, e negli ultimi 15 gli americani non sono riusciti a limitare l’insurrezione armata perché non sono riusciti a controllare il maggiore traffico di eroina dal Paese: nei primi cinque anni di guerra la produzione di oppio è salita da 180 tonnellate l’anno a 8.200 tonnellate.

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Serviranno le prove di “esecuzioni” avvenute nell’ospedale afghano a fare giustizia sulla vicenda?

di Jared Ferrie, dal sito di RawaRawa – 25 febbraio 2016

kunduz nato airstike oct3 15 33 Ottobre, 2015: Un ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz è stato colpito da un missile lanciato dalle forze americane. Decine i morti e feriti. Il personale medico ha dichiarato che le operazioni chirurgiche vengono ora effettuate nella parte meno danneggiata dell’edificio. (Foto: MSF)

Senza successo le indagini condotte finora

Il governo afghano e le forze Nato stanno conducendo delle indagini in merito al raid aereo delle forze speciali afghane che ha ucciso tre civili, tra questi anche un ragazzino. Ma il governo afghano e le forze Nato sono noti per la loro impunibilità, e sono dunque molte le perplessità riguardo l’affidabilità delle indagini in corso e sulla possibilità di fare chiarezza sull’accaduto.

Poco prima della mezzanotte del 17 febbraio scorso, le forze afghane, appoggiate da militari stranieri, hanno colpito una clinica ospedaliera gestita dal Comitato Svedese per l’Afghanistan nella provincia di Wardak. Bjorn Lindh, portavoce del Comitato, ha riferito all’agenzia di stampa IRIN che i soldati hanno accusato il personale medico della clinica di aver curato esponenti talebani.

“Dopo aver imbavagliato il manager della clinica e averlo rinchiuso in una stanza assieme ad altri membri del personale sanitario, due pazienti e un ragazzo di 15 anni che si trovava nella clinica per far visita ad un parente ricoverato, sono stati portati in un negozio nelle vicinanze e barbaramente uccisi’’ si legge in un comunicato di martedì scorso firmato della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan.

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Il sistema sanitario necessita cure urgenti

Di lalaqa-shirin dal sito di Rawa – 17 febbraio 2016

hospital afghanistan understaffed sMedicinali scadenti e la grave mancanza di personale sanitario e cliniche sono la piaga del sistema sanitario in Afghanistan

Sono più di 60.000 le persone che ogni anno si recano all’estero per ricevere cure mediche, un fenomeno la cui spesa ammonta a 3 milioni di dollari.

All’inaugurazione del nuovo pronto soccorso dell’ospedale Jamhoriat di Kabul, il Ministro della Salute, Ferozuddin Feroz, ha dichiarato che la gente è diffidente circa la qualità delle cure mediche disponibili nel paese. Secondo Feroz, il 70 per cento delle TAC e risonanze magnetiche effettuate nelle strutture mediche governative e non, sono inaffidabili.

Un’analisi approssimativa delle spese sanitarie mostra come lo stato paghi ai propri cittadini appena il 6 per cento del costo totale delle cure mediche e nonostante il 21 per cento dei finanziamenti provenga da fondi internazionali, i pazienti continuano a pagare il 73 per cento della spesa totale.

Sono diverse le ragioni per le quali i pazienti si recano all’estero per ricevere cure mediche. Un esempio, Shrullah, originario della provincia di Nangarhar, ha portato il padre in Pakistan per ricevere assistenza medica. Shrullah ha dichiarato che i medici di Nangarhar hanno fatto una diagnosi corretta della condizione di salute del padre, ma i medicinali disponibili in Afghanistan non hanno avuto alcun effetto: ‘‘I medici mi hanno detto che i medicinali importati in Afghanistan erano di qualità scadente e lo stesso farmaco acquistato in Pakistan avrebbe fatto guarire mio padre’’.

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UCPI: IL DIRITTO DI DIFESA E GLI ALTRI DIRITTI FONDAMENTALI VIOLATI IN TURCHIA, 22-24 GENNAIO 2016

dal sito di UIKI – 22 Febbraio 2016

Camera PenaleL’Unione delle Camere Penali Italiane ha partecipato alla delegazione in Turchia (Diyarbakir) organizzata da IADL (Associazione Internazionale avvocati democratici), AED-EDL (European Democratic Lawyers) e ELDH (European Association of Lawyers for Democracy and World Human Rights) al fine di verificare il rispetto dei diritti fondamentali degli individui sottoposti a coprifuoco.

Dichiarazione della Conferenza dei Partiti Europei di Sinistra ad Amed il 21 febbraio 2016

dal sito di UIKI – 22 Febbraio 2016

avrupasol 1 1024x579 599x275L’Unione Europea sta chiudendo gli occhi su violazioni dei diritti umani, crimini di Guerra e attacchi contro le zone curde della Siria commessi dal governo turco, per evitare che i profughi arrivano in Europa dalla Turchia.
Questo non significa solo ignorare le forze democratiche e i valori europei, questo potrebbe portare a una brutale guerra civile in Turchia con migliaia di vittime civili e numeri enormi di rifugiati. Inoltre questa politica aggressiva da parte del governo turco potrebbe aumentare ulteriormente la violenza nella regione.

Chiediamo all’Unione Europea e ai paesi europei di fare pressione sul governo turco perché rispetti i suoi obblighi di onorare la Convenzione Europea sui Diritti Umani e riavvii i negoziati con il PKK sotto la supervisione di una parte terza internazionale. L’isolamento del leader curdo Abdullah Öcalan e la classificazione del PKK come organizzazione terroristica devono avere fine per garantire un processo di pace sostenibile.

La richiesta curda di autogoverno e riconoscimento è legittima e in linea con gli standard del Consiglio Europeo e non deve essere criminalizzata. La Turchia è una società di culture e religioni multiple e accettare questo è un primo passo verso la pace.

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