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Autore: Anna Santarello

Uniamoci contro l’ondata di barbarie

malalai FB 300x291 1Anch’io unisco la mia voce a quella di coloro che condannano gli attacchi terroristici di Parigi, nei quali hanno trovato la morte più di 140 persone, ed esprimo le mie condoglianze al popolo francese. Ma proprio ora che Parigi e l’Europa intera sono sotto shock, vorrei ricordare ancora una volta alcune verità all’Occidente.

Noi afgani viviamo questo dolore ogni giorno da più di quarant’anni e ogni giorno i nostri bambini e le persone che più amiamo rischiano di venire decapitate e uccise nei modi più orribili da uomini che sono stati direttamente o indirettamente sostenuti e finanziati dai governi occidentali e dalla Francia.

Ciò di cui avete fatto esperienza oggi è la conseguenza dell’avere nutrito e finanziato i gruppi fondamentalisti più ignoranti e perversi, che sono stati addestrati come iene selvagge dagli USA e dall’Occidente per i loro interessi strategici. Ma il terrorismo non rispetta limiti e frontiere, e oggi le stesse forze che hanno portato lutto e disperazione in Iraq, Siria, Somalia, Yemen, Libia, Afghanistan e altri Paesi  ora si rivolgono contro i loro stessi padroni.

In Afghanistan, il governo francese ha prima sostenuto con tutta la propria forza i signori della guerra dell’Alleanza del Nord (Shura-e-Nezar) al comando di Ahmad Shah Masoud, poi  ha continuato ad armare e finanziare questo gruppo sanguinario, che così ha potuto compiere il massacro di più di 70000 civili innocenti a Kabul durante la guerra civile dei primi anni Novanta.  Inoltre, negli ultimi quindici anni, durante l’occupazione dell’Afghanistan da parte degli USA e della NATO, la Francia ha giocato un ruolo chiave nei bombardamenti di nostri villaggi, che hanno prodotto più di 250000 morti civili e milioni di sfollati.

I terroristi talebani e dell’ISIS si sono rafforzati più che mai, trascinando l’Afghanistan in una situazione più cupa di quella dell’era talebana.

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Kurdistan Irakeno: Sinjar, la battaglia della riconquista

Blog – E. Campofreda – 13/11/2015

Sinjar 150x150Yazidi all’attacco per riprendersi la propria città. Non da soli, li coadiuvano guerriglieri peshmerga e soprattutto i raid aerei dell’aviazione statunitense che bombardano le postazioni dell’Isis. Sinjar, che si trova sotto un’arida montagna dalla stessa denominazione, è da stamane sotto il controllo delle forze anti Isis.

La località rappresenta un importante snodo viario per le geometrie strategiche dei miliziani islamici, perché con l’autostrada 47 mette in collegamento quella che è considerata dal capitale del Califfato, Raqqa, con la città di Mosul.

Sedici mesi fa i fondamentalisti nello sferrare l’offensiva a Sinjar avevano usato ogni tattica mirata a far terra bruciata, uccidendo uomini, stuprando e catturando donne da inserire nel proprio mercato del sesso, allontanando con estrema violenza la popolazione dalla località così da non avere intralci per un disegno geostrategico di cancellare il confine fra Siria e Kurdistan iracheno. E creare lo spostamento indisturbato di armi, uomini e merci fra i fronti orientale e occidentale.

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Kurdistan Irakeno: scoperta una fossa comune di circa 80 donne a Shengal

UIKI Onlus – 15/11/2015

sengal toplumezar 599x275Una fossa comune di decine di donne massacrate da ISIS è stata trovata a Shengal dopo la sua liberazione da parte degli Êzîdî e delle forze kurde ieri. La fossa deve essere ancora scavata come parte dei lavori per rendere la città completamente sicura.

La fossa comune è stata scoperta sullatestimonianza di giovani donne che sono riuscite a fuggire dalla prigionia da isis, dopo un periodo di schiavitù nelle loro mani. I testimoni hanno dichiarato che 78 donne di età compresa tra i 40 ei 80 sono state sepolte nella fossa comune.

Miyaser Hacı organismo del consiglio comunale si Shengal ha detto; “Sembra che i terroristi hannolasciato in vita solo le giovani donne.”

Anche un altro dirigente locale di Shengal, Mahma Halil, ha anche confermato la presenza della fossa comune con circa 80 donne sepolte.

Gli attacchi da parte di ISIS a Shengal a partire dal 3 agosto 2014 hanno costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare la loro terra. Dopo aver commesso un genocidio contro il popolo della comunità Êzîda, hanno rapito migliaia di ragazze e donne che sono state ridotte in schiavitù sessuale e vendute nei mercati degli schiavi.

Ricostruire Kobane attraverso l’iniziativa delle donne: il laboratorio di cucito

UIKI Onlus – 12/11/2015

jin4 660x330 599x275L’emancipazione delle donne, la promozione della questione femminile, il sostegno dell’attivismo delle donne e il loro coinvolgimento nella sfera economica, sociale e politica sono un aspetto importante degli obiettivi del cantone di Kobanê. Parte di questo processo consiste nel sostegno di iniziative femminili e delle comuni, in particolare si incoraggiano le donne ad una maggiore autonomia finanziaria e all’autosufficienza in una società post conflitto dove molte donne hanno perso chi procurava loro i mezzi di sostentamento.

Come risultato di queste iniziative, nel cantone di Kobanê è stato aperto, in settimana, il laboratorio di cucito femminile. Lo scopo dell’iniziativa è quello di incoraggiare le donne a sviluppare la propria indipendenza economica, e svolgere un ruolo centrale nella ricostruzione e nella riabilitazione della loro comunità.

Le donne sono state selezionate tra le case in cui il capo famiglia è diventato martire a causa della guerra. Attualmente il centro di cucito ospita 12 donne, che hanno a disposizione 10 macchine da cucire, con l’obiettivo di renderne disponibile delle altre e dare la stessa opportunità ad altre donne.

Gli abiti prodotti vengono venduti, con l’obiettivo di aprire in seguito un negozio in città in cui le donne possano vendere i loro prodotti e recuperare un profitto per sostenere le loro famiglie.

Questa iniziativa non è la prima ad essere stata istituita a favore delle donne. Esiste, infatti, un’altra con cooperativa più grande che si chiama la commune delle donne di Amargi.

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Kurdistan Turco: SILVAN HA VINTO!

UIKI Onlus – 14/11/2015

silvan3 599x275Dopo 12 giorni, a Silvan è stato revocato il coprifuoco che teneva stretta d’assedio la città. La decisione è stata presa alle 14.00 di oggi.

Le truppe militari turche e i carri armati si sono ritirati dai quartieri al 12 ° giorno di assedio e repressione contro le zone di autogoverno a Silvan distretto di Amed.Il ritiro delle truppe turche è stato contrassegnato da un protesta di massa da parte delle popolazioni che si sono riversate in piazza scandendo lo slogan “Biji berxwedana Farqînê” [Lunga vita alla resistenza di Farqîn (Silvan) .

Durante i 12 giorni di coprifuoco,che è stato rimosso oggi,il distretto è stato teatro di una pesante aggressione della polizia turca e delle forze militari nei quartieri di Tekel, Konak e a Mescit con tutti i mezzi tecnici disponibili,che hanno provocato 7 morti.

Solo oggi i soldati ed i carri armati dell’esercito turco si sono ritirati nel comandi di reggimento della gendarmeria che si trova nel centro del distretto.

“Assassini fuori dal Kurdistan” è “Bijî berxwedana Farqînê” sono gli slogan cantati da centinaia di persone che si sono radunate nelle strade durante la ritirata delle forze militari e dei carri armati.Ha colto l’attenzione che i soldati durante la ritirata hanno puntato le loro armi contro i civili,e che la polizia ha dato l’annuncio dai veicoli blindati affermando:”Grazie per aver liberato il distretto dai terroristi” indirizzando le loro lodi ai soldati.

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Ahmad Ubaid Kabir: «Anche i pashtun sono solidali con le vittime»

Il Manifesto – G. Sgrena – 12/11/2015

Sgrena Ubaid 150x150A Kabul ci sono grandi manifestazioni dopo l’assassinio di 7 persone, tra cui donne e bambini, nella provincia di Zabul. Partecipa anche Hambastagi? Lo chiediamo a Ahmad Ubaid Kabir, portavoce del partito Solidarietà (Hambastagi , l’unico partito di opposizione afghano) in questi giorni in Italia, su invito del Cisda (Comitato italiano di solidarietà con le donne afghane), per partecipare a iniziative pubbliche e avere incontri con i partiti.

«Ci sono i nostri militanti, è una manifestazione della società civile, di tutte le etnie, non solo degli hazara che sono stati colpiti da quest’ultimo attacco. Hambastagi farà nei prossimi giorni una manifestazione a Jalalabad, ce l’hanno chiesto i nostri militanti per dimostrare che anche loro che sono pashtun (come i taleban) sono solidali con le vittime, perché il tentativo è invece quello di provocare lo scontro tra le varie etnie».

In Afghanistan ora si assiste anche a scontri tra taleban e militanti dell’Isis.
I taleban erano un gruppo afghano mentre l’Isis è un gruppo di fondamentalisti islamici internazionale, i taleban che sono entrati nell’Isis lo hanno fatto perché spinti dagli Usa che li vogliono usare contro la Russia, la Cina e l’Iran. Non è un fatto nuovo la presenza dell’Isis, l’arrivo è stato preparato. Già nel 2013, con inviti ufficiali del governo, sono arrivati in Afghanistan gruppi di arabi provenienti dal Qatar e dall’Arabia saudita. Si erano stabiliti a Fara e Helmand, ufficialmente per cacciare uccelli (i famosi falchi) che dovrebbero servire per aumentare la virilità. Ma poi hanno portato anche le loro famiglie e per darsi una credibilità si sono inventati progetti umanitari: distribuzione di cibo, costruzione di strade, moschee e scuole, in realtà erano madrasa, scuole coraniche. Improvvisamente nel giugno 2013 sono cominciati gli scontri con i taleban, che controllavano la zona e che avevano l’appoggio dell’Iran, e hanno costretto i gruppi dell’Isis ad abbandonare la provincia di Fara e a spostarsi a Herat. Ora la presenza dell’Isis è soprattutto nel nord e nell’est del paese.

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IL RAPPORTO INTERNO MSF SULL’ATTACCO ALL’OSPEDALE DI KUNDUZ

Libertà e giustizia – 5/11/2015

msf 610x350MSF ha oggi pubblicato un rapporto interno che esamina gli attacchi del 3 ottobre da parte delle forze statunitensi sull’ospedale di MSF nell’Afghanistan settentrionale. L’analisi cronologica dei fatti che si sono susseguiti, durante e immediatamente dopo gli attacchi aerei, dimostra che non c’era alcuna ragione per cui l’ospedale dovesse essere colpito. Non c’erano combattenti armati o combattimenti nell’area dell’ospedale.

Il documento interno di MSF descrive una situazione in cui i pazienti bruciano nei loro letti, il personale medico è decapitato o perde gli arti e altre persone sono prese di mira e colpite dagli aerei mentre fuggono dall’ospedale in fiamme.

Alcuni medici di MSF e altro personale medico sono stati uccisi mentre cercavano di raggiungere un’altra zona del compound nel tentativo di mettersi in salvo. Almeno trenta persone sono state uccise, tra loro 13 membri del personale medico, 10 pazienti e 7 corpi irriconoscibili non ancora identificati.

“Da quanto accaduto nell’ospedale emerge che questo attacco è stato condotto allo scopo di uccidere e distruggere”, dichiara Christopher Stokes, direttore generale di MSF. “Ma non sappiamo perché. Non abbiamo visto cosa è successo nella cabina di pilotaggio, né tra le catene di comando statunitense e afghana”.

I primi risultati dell’analisi mostrano chiaramente i fatti all’interno dell’ospedale nei giorni precedenti e durante l’attacco. Il rapporto comprende i dettagli della disposizione delle coordinate GPS e il registro delle telefonate da parte di MSF alle autorità militari nel tentativo di fermare gli attacchi aerei. Sulla base del diritto internazionale umanitario, MSF aveva raggiunto l’accordo di rispettare la neutralità dell’ospedale con tutte le parti in conflitto.

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Scotto: il governo mantiene l’Italia nel pantano afghano

Roma – 10 novembre (askanews)

116886 md 150x150“Speravamo che il governo tirasse fuori definitivamente l’Italia dal pantano afghano in cui ci aveva fatto precipitare la destra di Berlusconi”. Lo dichiara Arturo Scotto, capogruppo di Sinistra Italiana a Montecitorio.

“Invece – prosegue Scotto – come ha riferito oggi alla Camera la ministra Pinotti, la guerra in Afghanistan continua e contemporaneamente coltiviamo il sogno di andare a bombardare l’Iraq, magari con qualche drone killer. Pensiamo che sia un fatto molto grave e in parlamento faremo pesare la mancata discontinuità in politica estera del governo Renzi rispetto a quelle adottate in passato dai governi di centrodestra”.

Femminicidi, l’orrore della lapidazione

Blog – E. Campofreda, 10 novembre 2015

afghanistanUna testa che spunta da una buca scavata al suolo. È quella di Rokhshana, una diciannovenne che lì è stata interrata da uomini infoiati. Le stanno attorno scagliando pietre, punizione tribale ma mai prescritta dal Corano, sebbene sia tuttora praticata da componenti fondamentaliste presenti in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Nigeria, Sudan, Yemen, Pakistan, Afghanistan.

L’ultimo episodio noto, perché tanti sfuggono all’informazione anche nel mondo globalizzato, è accaduto giorni addietro in un villaggio dell’Afghanistan centrale, provincia di Ghor, controllato dai talebani. È stato addirittura registrato finendo sul web e su taluni social network.

Riprese per nulla sofisticate, nessuna regia come durante gli sgozzamenti propagandistici realizzati dai miliziani dello Stato Islamico per punire ipotetici nemici (giornalisti e cooperanti) e terrorizzare gli abitanti delle aree conquistate. La crudele fine della giovane donna scaturisce dalla sua condizione che l’hanno vista vittima due volte.

Quando, ancora bambina, è stata data in sposa a un uomo adulto e, dopo aver cercato con un coetaneo una liberazione da quel giogo tramite una fuga. Poi quand’è stata catturata dagli studenti coranici combattenti e condannata per adulterio. Così è finita nella buca dell’infamia e le hanno tolto anima e corpo a colpi di pietra.

 

Eppure in Afghanistan una simile nefandezza non accade solo nei luoghi, e sono ormai tanti, controllati dai Taliban. A un’altra ragazza afghana, Farkhunda, è successo in pieno centro di Kabul, dove i turbanti neri non c’erano, ma c’era il pashtunwali, l’atavico e maschilista comportamento con cui troppi uomini di quel Paese si rapportano alle donne, sottomettendole, punendole, assassinandole. Nei giorni scorsi militanti del partito afghano Hambastagi, impegnato contro ogni fondamentalismo, talebano o governativo, hanno innalzato nel luogo del supplizio una stele che ricorda il sacrificio della giovane contro la barbarie dei costumi e della fede.

Afghanistan: la storia, la resistenza, la costruzione della pace

Incontro con Ubaid Ahmad Kabir– Vicenza 16 ottobre 2015

searchIl 16 ottobre abbiamo incontrato Ubaid Ahmad Kabir, membro di Hambastagi, a Vicenza.

Con qualche fatica siamo riuscite, come gruppo donne NoDalMolin, a coinvolgere l’assessore alla comunità ed alle famiglie Isabella Sala, che ha dato una veste “istituzionale” all’evento, ed abbiamo organizzato 2 momenti di incontro pubblico, il primo presso la sala stucchi di Villa Tacchi, alla presenza dell’assessore e del prof. Marco Mascia, del Centro Atenei dei diritti umani dell’università di Padova, e con Carla Dazzi del CISDA, alle ore 15.00, il secondo al Bocciodromo alle 18.00, più informale, seguito da cena comunitaria.

Dopo un saluto dell’assessore Sala ed una breve introduzione di Stefania del Gruppo donne, ha preso la parola Ubaid, che ha descritto la situazione attuale in Afghanistan. Il quadro che ha tracciato è piuttosto drammatico: 14 anni di presenza di truppe straniere non solo non hanno portato stabilità, pace e sicurezza nel suo paese, ma anzi, hanno peggiorato la situazione. Oggi 25 provincie su 34 sono di fatto in mano ai talebani, c’è un’escalation nei combattimenti, ed Ubaid prevede che altre città possano presto cadere in mano ai talebani, o altre forze reazionarie (ISIS o altri gruppi armati fondamentalisti come Hezbi-e-Islami del famigerato Hekmatyar).

Gli Stati Uniti, ed i loro alleati, per quanto sbandierino che la loro presenza serva per garantire pace e stabilità, e per migliorare la condizione femminile, di fatto hanno tutto l’interesse a destabilizzare l’Afghanistan, per giustificare la loro presenza nel paese e per usarlo come minaccia costante nei confronti dei paesi confinanti (soprattutto Cina, Iran e Russia).

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