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Autore: Anna Santarello

Appello Internazionale per la ricostruzione di Kobanê e per l’apertura di un corridoio umanitario

Rete Kurdistan Italia – Uiki Onlus

pirsus6 599x275 300x137Il 15 settembre 2014 i Daesh hanno lanciato la loro prima ingente offensiva contro il cantone curdo di Kobanê, in Siria. La popolazione curda, guidata dalle forze di autodifesa del popolo (YPG e YPJ) ha organizzato una grande difesa contro l’attacco. La resistenza di uomini e donne all’interno di Kobanê, è stata una battaglia per la democrazia, per i diritti umani, per un futuro comune, per la legittimazione e l’uguaglianza delle donne nella società . Il supporto della Coalizione Internazionale è stato prezioso ma non sufficiente.

Kobanê è stata liberata dopo 134 giorni di resistenza, ma tra il 25 e il 27 giugno l’ ISIS ha compiuto l’ennesima strage contro l’umanità: più di 200 civili, la maggior parte dei quali donne e bambini, sono stati brutalmente assassinati. La minaccia non è stata quindi rimossa.

La città risulta quasi completamente distrutta: i servizi essenziali quali acqua ed elettricità, i rifornimenti di cibo e i le cure sanitarie sono ai minimi livelli o addirittura inesistenti. Lo Stato Islamico inoltre, dimostrando ulteriormente la sua brutalità, ha dislocato migliaia di mine per impedire il ritorno della popolazione nelle proprie terre.

Pertanto è necessario garantire ai rifugiati la possibilità di rientro nella propria città in modo sicuro, sostenendo la ricostruzione delle infrastrutture basilari, al fine di assicurare loro una vita dignitosa.Nonostante la liberazione il cantone è ancora sotto embargo.

Kobanê è circondata da Daesh. Il confine con la Turchia risulta quindi fondamentale. La popolazione di Kobanê ha urgentemente bisogno di un corridoio umanitario per ricevere gli aiuti necessari al fine di proteggere, rifornire e ricostruire la propria città.

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Report semestrale dell’UNAMA, Missione dell’ONU in Afghanistan

MakeThumbnailLe migliaia di civili uccisi e feriti nei primi sei mesi del 2015 dimostrano che le parti coinvolte nel conflitto non intendono risparmiare i civili dalle violenze.

“La protezione dei civili nel conflitto armato”
Agosto 2015

Nei primi sei mesi del 2015 in Afghanistan i civili hanno patito molto pesantemente le conseguenze del conflitto armato. Tra il primo gennaio e il 30 giugno 2015, l’UNAMA (United Nations Assistance Mission in Afghanistan) ha documentato 4921 vittime civili (1592 morti e 3329 feriti gravi). Queste cifre si traducono in un aumento dell’1% di vittime civili rispetto ai primi sei mesi del 2014 e segnano il più alto numero di vittime civili mai registrate in questo periodo dell’anno. In totale, tra il primo gennaio 2009 e il 30 giugno 2015 l’UNAMA ha registrato 52.653 vittime civili (19.368 morti e 33.285 feriti gravi).

Le migliaia di civili uccisi e feriti nei primi sei mesi del 2015 dimostrano che le parti coinvolte nel conflitto non intendono risparmiare i civili dalle violenze. L’UNAMA richiama con forza tutte le parti coinvolte nel conflitto a rispettare le norme del diritto internazionale, che richiedono siano poste in essere solide e significative misure per proteggere la popolazione civile. In realtà, si continua a registrare un altissimo numero di vittime civili dovuto sia a combattimenti sul terreno sia all’esplosione di bombe in mezzo alla folla.

L’incremento del numero di vittime nei primi sei mesi del 2015 si deve principalmente a un aumento degli attacchi suicidi pianificati e delle uccisioni mirate, portati avanti da forze anti-governative.
L’UNAMA attribuisce il 70% delle vittime civili a elementi anti-governativi e il 16% alle forze pro-governative. Tra gli elementi anti-governativi vengono inclusi i gruppi identificati come Talebani, oltre a milizie armate di Haqqani, di Hezb-e-Islami, del Movimento islamico di Uzbekistan, dell’Unione Jihad islamica, di Lashkari Tayyba, di Jaysh Muhammend, di Daesh e altri ancora. Tra le forze pro-governative vengono considerate anche le forze internazionali. L’UNAMA riconduce inoltre il 4% delle vittime civili a incidenti con esplosivi rimasti sul terreno dopo i combattimenti o per altre ragioni.

Talebani, fuochi incrociati fra Mansour e Yaqub

dal blog di Enrico Campofreda – 5 Agosto 2015

Mansoor 300x168Successione spinosa e sanguinaria – Nei giorni immediatamente successivi alla sua fresca nomina a capo dei talebani, più o meno ‘ortodossi’, Ahktan Mansour ha ripetutamente dichiarato di voler seguire le orme tracciate dal mitico mullah Omar. E ha seminato dubbi sul processo di pace ricercato dalla presidenza Ghani, ribadendo il desiderio di concentrarsi sull’incremento della Sha’ria e del sistema islamico piuttosto che su colloqui di pace “a ogni costo”.

Negli annunci ripresi dall’agenzia Reuters e dall’emittente Al Jazeera Mansour ha esposto con enfasi che “non possiamo dimenticare il sangue di generazioni di mujaheddin, perciò  dobbiamo lottare fino alla vittoria. Le nostre divisioni fanno solo piacere ai nostri nemici”.

Principali destinatari del messaggio due potenziali rivali: Siraj Haqqani, uno dei cinque figli del defunto Jalaluddin che altre fonti considerano non più avverso, e lo sheikh Rehmatullah. Con loro vari comandanti del satellite talebano sostenevano l’idea d’un successore per linea parentale, individuato nel giovane mullah Yaqub, figlio ventiseienne di Omar. Seppure bollato d’inesperienza, poteva essere invocato come nuovo leader  proprio dalla dissidenza che alligna fra taluni membri della Shura di Quetta.

mullah Yaqub 150x150Attentati e ipotesi di morte – Invece da tre giorni a questa parte l’ipotesi del figlio celebre è svanita. Yaqub sarebbe stato ucciso in una delle esplosioni verificatesi a Quetta nel fine settimana. Una di esse è stata rivolta anche al convoglio che trasportava Mansour che, secondo quanto riferito da Tolo tv, risulta scampato alla morte. L’attacco è avvenuto nell’area di Chaman, che confina con la grande provincia afghana di Kandahar, lì il neo leader dei Taliban s’è recato per stabilire accordi con tre importanti guide religiose.

Eminenza grigia di Chaman è il mullah Razzaq, che s’era  apertamente opposto alla nomina di Mansour come riferimento per la politica futura dei turbanti nella regione. Anche un deputato e capo talebano vicino a Mansour, Haibatullah Noorzai, è finito in un agguato andato a vuoto, lo sparatore originario del Beluchistan, è stato arrestato dalla polizia pakistana. Se le notizie che gli stessi organi locali riportano col condizionale venissero confermate l’evidenza d’uno scontro, accanto a un’ampia spaccatura nei ranghi talebani, risulterebbe palese, introducendo lo spettro d’una nuova guerra fra bande.

Ma non c’è da escludere che fra le tante deflagrazioni ci sia anche lo zampino dell’Intelligence di Islamabad. La biografia di Mansour, cinquantenne del distretto di Kandahar formatosi in una madrasa pakistana della provincia di Pakhtnkhawa, vanta un pedigree di combattente antisovietico.

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Strage di civili in Afghanistan: 1.600 morti in sei mesi, sempre più donne e bambini

Adnkronos – 5 Agosto 2015

kabul attacco220615 300x187Sono 1.592 i civili uccisi nel conflitto armato in corso in Afghanistan nei primi sei mesi di quest’anno, con un aumento di vittime tra donne e bambini. Lo rende noto la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, l’Unama. Oltre ai morti, nello stesso periodo si contano 4.921 feriti e l’Unama spiega che si tratta del numero più alto di vittime civili dall’inizio della sua missione nel Paese sei anni fa, con un incremento dell’1 per cento rispetto al 2014.

“Le migliaia di civili uccisi e feriti nel conflitto nei primi sei mesi del 2015 dimostra il continuo fallimento delle parti in conflitto nel proteggere i civili”, si legge nel rapporto della missione Onu. L’aumento delle violenze porta con sé un incremento di vittime tra donne e bambini, rispettivamente del 23 per cento e del 13 per cento.

”I freddi dati sulle vittime civili non rispecchiano in modo adeguato l’orrore delle violenze in Afghanistan, i corpi lacerati di bambini, madri e figlie, figli e padri”, ha detto il rappresentante speciale dell’Onu in Afghanistan Nicholas Haysom. “I dati di questo rapporto non mostrano le famiglie in lutto e le perdite di comunità scioccate di afghani. Questa è la vera conseguenza del conflitto in Afghanistan”, ha aggiunto.

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Afghanistan proteste contro i talebani “sono seguaci degli USA”

ImolaOggi – 2 agosto 2015

spa protest anti taliban crimes 2 aug 2015 350x197 1Più di 500 persone, in maggioranza donne, hanno manifestato a Kabul contro i talebani e il fondatore mullah Omar, opponendosi ai negoziati di pace tra il governo afghano e il gruppo terroristico. In un episodio senza precedenti nella capitale, i dimostranti hanno mostrato cartelli con scritte come ‘Trattare con i talebani è tradire la nazione afghana’ e ‘I talebani sono seguaci di Pakistan e Usa’.

Hanno anche mostrato fotografie di vittime degli attentati del gruppo e del suo ex leader, la cui morte nel 2013 è stata annunciata mercoledì dal governo di Kabul. “La morte del mullah Omar è un giorno di festa e felicità per gli afghani, almeno uno dei criminali è stato eliminato dalla lista”, ha dichiarato Nabila, una donna che prendeva parte alla protesta.

“Da due decenni, la nostra sfortunata gente ha sperimentato omicidi, distruzione e dolore atroce a causa degli ordini dettati da un uomo ignorante, assassino e sconosciuto, chiamato mullah Omar”, ha commentato l’organizzatrice della protesta, Sailai Ghafar.

Durante un discorso ai dimostranti, Ghafar ha aggiunto che il processo di pace “non avrà un risultato positivo” per l’Afghanistan, perché lo Stato islamico continuerà la guerra ancor più del gruppo del mullah Omar. “Invece di dar loro posti nel governo, i talebani e i gruppi criminali devono essere portati davanti ai tribunali per aver ammazzato migliaia di afghani innocenti in attacchi suicidi ed esplosioni”, ha detto un’altra dimostrante, Murssal.

La storia dei bacha-bazi in Afghanistan. Bambini costretti a ballare, travestiti da donna, abusati

Andrea Iacomini, Portavoce dell’UNICEF Italia, Huffington Post  – 3.8.2015

In alcuni paesi del mondo i bambini hanno un prezzo, chi lo paga ne decide anche l’identità. Accade in Afghanistan e loro sono i bacha-bazi. È una pratica atroce, anche se socialmente accettata, perché protetta dallo scudo della tradizione secolare di questo paese.

Sono abusi di cui si parla poco, che ancora oggi rappresentano un tabù. I bacha-bazi sono letteralmente i “bambini per gioco”, minori, maschi, costretti a indossare abiti femminili ed essere sfruttati sessualmente da uomini molto più grandi di loro. Vengono rapiti ancora adolescenti, adescati per strada, prelevati dalle proprie famiglie da ricchi e potenti mercenari, disposti a comprarli e mantenerli economicamente.

Il bambino da quel momento diventa di proprietà del compratore e viene costretto a cambiare identità. Vestito da donna, con tanto di campanelli ai polsi e alle caviglie e un po’ di make-up a ricoprirne il viso, viene obbligato a imparare a cantare e ballare con il solo obiettivo di essere poi violentato quando la danza e la musica saranno finite.

I “proprietari”, chiamiamoli così, dei bacha-bazi approfittano della condizione di povertà in cui vivono questi bambini e le loro famiglie, sapendo che i genitori non posso rifiutarsi o denunciarli, perché sono troppo potenti e influenti nel proprio paese e nessuno avrebbe il coraggio di opporsi. Nemmeno la legge.

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Figlio Mullah Omar contrario a nomina Mansur, rischio scissione nei Talebani

Redazione adnkronos – 31 luglio 2015

afghanistan talebani2 xin 300x200La scelta del Mullah Akhtar Mansur come nuovo leader dei Talebani afghani non piace al figlio del Mullah Omar, il Mullah Abdul Qayyum Zakir, e il rischio ora è quello di una scissione all’interno del movimento.

È quanto ha dichiarato un ex ministro dei Talebani al quotidiano pakistano The Express Tribune, sottolineando che anche altri leader del movimento ed esponenti del Consiglio direttivo non sono contenti della scelta fatta.

‘Mansur non è il leader di tutti i Talebani, ma solo nella sua fazione”, ha detto l’ex ministro, spiegando che alcuni leader del movimento hanno boicottato le consultazioni per l’elezione del nuovo leader che si sono tenute a Quetta. Lo stesso figlio del Mullah Omar era designato alla successione del padre, ma per via dei suoi 26 anni è stato ritenuto troppo giovane e inesperto per un incarico di tale responsabilità.

”Mansur non è stato eletto dalla leadership del Consiglio, ma dal suo gruppo”, ha detto un leader talebano coinvolto nelle consultazioni per l’elezione del nuovo leader. ”Non possiamo dire che la decisione è stata presa con il consenso” di tutti, ha aggiunto. Fonti citate ieri dal sito di Dawn avevano riferito che i Talebani avevano ”eletto” l’ex ministro dell’Aviazione Mansur dopo una notte di consultazioni tra tutti i 20 membri della Shura.

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Ciò che il Mullah Omar ha tolto all’Afghanistan e che non può essere restituito.

Adam Taylor – The Washington Post, Rawanews – 30 luglio 2015

Per ora le grotte di Bamiyan ospitano solo afghani senza tetto a causa della guerra e del caos pluridecennale, un’altro ricordo dell’eredità lasciata da Omar in Afghanistan.

bamyan buddha before after taliban attack 300x228Due foto della statua di Buddha , alta 54,860 metri, a Bamiyan, nel centro dell’Afganistan, il 18 dicembre 1997, (a sinistra) e dopo la sua distruzione il 26 marzo 2001 (Muzammil Pasha, Sayed Salahuddin/Reuters)

Il defunto leader talebano Mullah Omar ha avuto un ruolo importante nella storia. Permettendo a Osama bin Laden e ad al-Qaeda di rifugiarsi dopo che erano stati espulsi dal Sudan nel 1996, Omar ospitò l’organizzazione ed il suo leader mentre pianificavano l’attacco al World Trade Center a New York. Quando Omar si rifiutò di consegnare bin Laden agli Stati Uniti scatenò l’invasione dell’Afganistan e con essa una guerra totale al terrorismo.

Omar può aver modellato la storia, ma in un certo senso, l’ha distrutta. Mentre non è chiaro se avesse avuto qualche sentore degli attacchi del 2001 (i talebani ed al-Qaeda avevano fondamentalmente punti di vista differenti sugli attacchi terroristici all’occidente), ebbe un ruolo personale in uno degli atti più scioccanti che i talebani mai avessero fatto: la distruzione delle statue del Buddha a Bamiyan.

Quell’atto ebbe luogo qualche mese prima degli attacchi che avrebbero condotto alla caduta di Omar, e come quegli attacchi possono aver introdotto una nuova era nella distruzione dell’estremismo islamico.

Era il marzo 2001 quando le truppe talebane fecero saltare le due statue che erano state scolpite in una parete in una valle di Bamiyan. Le statue risalivano al sesto secolo a.c., una reliquia della Via della Seta che attraversa l’Afghanistan. Erano delle imprese d’ingegneria così come opere d’arte: la più grande delle due era 54,860 metri d’altezza e le due statue erano scolpite nella roccia, gli abiti erano modellati in argilla. Erano tra le più impressionanti statue di Buddha nel mondo, e sicuramente le più grandi.

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I taliban afgani confermano che il mullah Omar è morto.

Redazione Internazionale – 30 luglio 2015

Afd83829a d640 4e96 b7aa fa66524f8882 2060x1236 300x180fghan official frisks a man in Kandahar after security was intensified following reports of Omar’s death. Photograph: Muhammad Sadiq/EPA

Prenderà il suo posto il suo vice Akhtar Mansour, eletto dalla shura di Quetta che è il massimo organismo consultivo del movimento fondamentalista islamico.

Temendo una guerra di successione dopo la pubblicazione della notizia del decesso del leader, avvenuto secondo fonti ufficiali nel 2013, il Pakistan ha deciso di rinviare la seconda fase dei colloqui di pace tra taliban e governo afgano, che doveva cominciare il 31 luglio.

Il governo afghano conferma: «Il mullah Omar è morto nel 2013»

Redazione Online Corriere della sera – 29 luglio 2015

Mullar Omar pictured 2001 011 300x180Prima la notizia dell’uccisione data da fonti della sicurezza afghana. Poi smentite: il mullah è morto nel 2013 in Pakistan. Era favorevole a trattative per la pace

Fino alla fine la storia del mullah Omar riserva sorprese. Tra conferme e smentite è data per certa dalle intelligence la morte del leader supremo dei talebani. Il mullah Omar però non sarebbe stato ucciso recentemente – come diffuso mercoledì da un funzionario del governo afghano a 1TvNews – ma sarebbe morto nel «2013», forse per una malattia, la tubercolosi.

Dopo la notizia fatta rimbalzare dai media afghani, «il governo della repubblica islamica dell’Afghanistan, basandosi su informazioni credibili, conferma che il mullah Mohammad Omar, leader dei talebani, è morto nell’aprile del 2013 in Pakistan».

Ad annunciarlo è il presidente afghano Ashraf Ghani, in un comunicato pubblicato sul sito web della presidenza afghana e diffuso tramite il suo account Twitter. «Il governo dell’Afghanistan crede che la strada per i colloqui di pace sia più spianata che mai, perciò invita tutti i gruppi armati di opposizione ad approfittare dell’opportunità e unirsi al processo di pace», si legge ancora nel comunicato.

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