Skip to main content

Autore: Anna Santarello

In Afghanistan l’oppio cresce più che mai, e coi nostri soldi.

L’Huffington Post – 27 ottobre 2014 – Marco Perduca.

sigar20line20graph20afghanistan20opium20copyIn Italia è passata quasi inosservata la notizia che in Afghanistan la produzione di papavero per oppio, e quindi per eroina, ha raggiunto il record assoluto da quando le Nazioni unite ne studiano il fenomeno.

Un rapporto del governo degli Stati uniti sostiene infatti che all’estate 2014 siano oltre 200mila gli ettari di terra arabile afgana dedicati alla coltivazione illegale. Questo grafico pubblicato settimana scorsa da Business Insider mostra il fenomeno in tutta la sua inesorabile e costante crescita.

Eppure solo gli USA, dall’intervento del 2001, hanno investito oltre 7,5 milardi di dollari per eradicarne le colture e, in alcune zone, promuovere piante alternative.
In dieci anni la superficie dedicata a una coltura proibita da trattati internazionali di uno dei paesi più poveri del mondo è quasi quadruplicata. Ed è quadruplicata anche durante periodi in cui il conflitto era ancora molto violento.

Quella dell’oppio è un’economia che vale intorno ai tre miliardi di dollari e che solo nel 2012 ne valeva due. I dati son sempre dell’Ispettorato generale degli Usa, l’ufficio che segue il modo con cui il governo spende i soldi in giro per il mondo là dove gli americani son presenti, quindi c’è da ritenere che non siano gonfiati.

Secondo il Governo degli Usa la produzione di papavero si sta spostando anche verso regioni che in passato non erano state interessate dalla coltivazione illegale.

Continua a leggere

Afceco: l’importanza dell’istruzione per ritrovare l’ottimismo della vita

Da LIBRERIAMO.IT – 22.10.2014 – Articolo di Enrico Campofreda

Andeisha Farid, fondatrice e presidente dell’associazione Afceco, gestisce assieme al marito Jamshid e ad alcune volontarie due orfanotrofi. Uno è maschile (ne abbiamo parlato qualche giorno addietro in questo articolo), l’altro femminile. Le strutture offrono vitto, alloggio, sostegno e istruzione a giovani sino a diciannove anni d’età rimasti senza nessuno al mondo.

Siamo a Kabul in Afghanistan, dove la comunità internazionale convoglia 15,7 miliardi di dollari l’anno, con punte fino a 36 miliardi, come contraltare alla guerra introdotta dalla Nato dall’ottobre 2001. Ma in questi tredici anni né Afceco, né Ong afghane libere da rapporti con l’apparato governativo hanno ricevuto un solo dollaro di finanziamento.
L’immenso flusso di denaro giunge alla non limpida classe dirigente dell’amministrazione centrale e di quelle provinciali. Da lì si dipana nei mille rivoli di spartizioni che mai producono effetti benefici per la popolazione sotto forma di ausili reali. Nessun servizio è sorto da questi aiuti che sostengono esclusivamente politici e potentati locali, primi fra tutti i sempiterni signori della guerra.

Continua a leggere

L’Accordo afghano sulla sicurezza, fulcro della presenza militare statunitense in Asia

Dal blog di Enrico Campofreda – 24.10.2014

ghanifirmaUn’attesa di circa un anno, a opera d’un Karzai uscente e rancoroso. Una promessa vaga di vari candidati alla presidenza, ma non di tutti. Un appoggio indifferenziato fra Ghani e Abdullah, i due pretendenti avversari e nemici, divenuti amici nella compromissoria diarchia.

Così l’Accordo sulla sicurezza (Bilateral Security Agreement) è stato firmato ventiquattr’ore dopo l’investitura ufficiale della nuova leadership afghana e determinerà una presenza militare delle truppe Nato, certa fino al 2016 con proiezioni fino al 2024. Vediamo alcuni aspetti del patto.

Truppe ufficiali – Le attuali truppe della Nato in Afghanistan, che ammontano a 42.000 unità, divise fra 48 nazioni di cui 2/3 statunitensi, potrebbero scendere sino a 12.000 uomini lasciati sul territorio.

Di questi circa 1.400 s’occuperanno dell’addestramento dei militari locali, i restanti costituiranno forze di supporto logistico, ma buona parte sarà costituita da piloti e personale delle basi aeree create e ampliate nel Paese (Kabul, Bagram, Maraz-e Sharif, Shindand, Kandahar, Jalalabad, Shorab, Gardez).

L’accordo evita alle truppe Nato ogni genere di pattugliamento di terra, ad eccezione di quei casi per i quali il ministero afghano della Difesa non espliciti una cogente richiesta. Situazioni che possono riportare le truppe della missione in azioni armate offensive. Più d’un analista valuta come il limitato numero dei marines che rimarrebbero sul territorio (un terzo delle 12.000 presenze) sia poco efficace a sostenere aperte battute offensive a caccia di Talebani.

Non lo furono i 100.000 militi lanciati da Obama quattro anni fa… Però il mandato Onu per la missione di polizia internazionale, che aveva una durata sino a tutto il 2014, non è esplicitamente cancellato, dunque è passibile di rinnovo, oltre che di cambio di obiettivi dell’impegno. Potrebbero essere introdotte non azioni primarie di controterrorismo, ma supporto a quelle compiute dall’Afghan National Defence Security Forces, sebbene dovrebbero rimanere reparti speciali (dalle 2.000 alle 4.000 unità) dedicati esclusivamente al compito  di colpire i qaedisti, reparti che s’integrano con le unità afghane preparate per questo scopo.

anzianicampoMercenari e invasori – Resta, invece, aperto il computo delle formazioni private utilizzate per raid e missioni di ricognizione. I contractors costituiscono da tempo una realtà ben presente nelle offensive armate sparse per il globo. Un censimento del luglio scorso sul Centcom (il Comando regionale statunitense per Asia centrale, Medio Oriente e Africa) parlava di 51.000 contractors che lavorano per il Dipartimento statunitense in Afghanistan e altri 14.000 che si relazionano direttamente ai ministeri locali. Fra questi 3.100 s’occupano di sicurezza e 3.600 di altre funzioni.

Sul ruolo delle operazioni di taluni di loro, organizzati nei gruppi paramilitari che la Cia crea per la sua guerra ancora più sporca di quella della missione ufficiale Isaf, abbiamo avuto diversi esempi nel corso degli anni. L’ultimo episodio risale a undici mesi or sono: le esecuzioni mirate di civili nella provincia di Wardak, segnalate dal giornalista Matthieu Aikins sul periodico Rolling Stones.

Tutti gli interventi rivolti contro i civili con rastrellamenti, arresti, per tacere degli attacchi armati a persone e cose, dovrebbero non essere più consentiti se non per casi eccezionali che determinano il rischio della vita.

Determinati da chi, non è dato sapere. Infine l’accordo Bsa non s’occupa di possibili aggressioni esterne da parte di altre nazioni. Se quest’ipotesi, mai scartata nei confronti d’ingombranti vicini desiderosi d’egemonia (Pakistan e Iran), resta più fantapolitica che realistica, altre soluzioni d’instabilità non vengono escluse.

Continua a leggere

Il sindaco del Comune di Vicenza riceve la rappresentante dell’Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan

Comune di Vicenza – 17.10.2014

net3mariam 0“Vicenza, città che ha combattuto per la libertà ed è decorata con una medaglia d’oro per la Resistenza contro i nazifascisti, Le augura di poter costruire un Paese libero. Per conquistare la democrazia servono persone disposte a compiere grandi sacrifici e noi conosciamo bene le sofferenze patite negli anni dalle donne afghane”.

Così il sindaco Achille Variati questa mattina ha accolto nella sala degli stucchi di palazzo Trissino Mariam Rawi, rappresentante di RAWA, l’Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan che fin dai tempi della guerra di resistenza all’invasione sovietica (1977) lotta per la democrazia e i diritti delle donne di quel Paese.

Mariam, il cui cognome Rawi è inventato per ragioni di sicurezza e al tempo stesso per ricordare tutte le donne afghane che rappresenta, in questi giorni è a Vicenza per l’iniziativa “Donne resistenti, voci dall’Afghanistan”, promossa dall’assessorato alla comunità e alle famiglie e dal gruppo donne “No Dal Molin” con la collaborazione del  Liceo Scientifico Quadri, il sostegno del C.I.D.A. (Coordinamento italiano di sostegno alle donne Afghane) e la partecipazione della Consulta per le politiche di genere del Comune di Vicenza.

Con il sindaco, ad accogliere Mariam e ad ascoltare dalla sua voce le ingiustizie subite dalle donne afghane, ma anche la loro volontà di lottare per i diritti e la libertà, c’erano l’assessore alla comunità e alle famiglie Isabella Sala, il consigliere comunale delegato alle pari opportunità Everardo Dal Maso e alcune rappresentanti della Consulta per le politiche di genere.

Continua a leggere

A Vicenza “Donne resistenti, voci dall’Afghanistan”: due giorni con Rawa

15/10/2014 – Cronaca – Vicenza

Un fine settima caratterizzato a Vicenza anche da una riflessione sulla vita delle donne in un paese problematico come l’Afghanistan. Venerdì 17 e sabato 18 ottobre la città ha ospitato infatti Mariam Rawi, rappresentante di Rawa, l’Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan, che fin dai tempi della guerra di resistenza all’invasione sovietica, sul finire degli anni ’70, lotta per la democrazia e i diritti delle donne di quel paese.

L’iniziativa, dal titolo “Donne resistenti, voci dall’Afghanistan”, è promossa dall’assessorato alla comunità e alle famiglie del Comune di Vicenza, guidato da Isabella Sala, e dal gruppo donne “No Dal Molin”, con la collaborazione del Liceo Scientifico Quadri, il sostegno del Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane e la partecipazione della Consulta comunale per le politiche di genere. Lo scopo è quello di far conoscere la storia e l’attuale attività di Rawa.

manifestazione rawa big 660x330Un manifestazione di Rawa in Pakistan, a Peshawar, nel 1998

L’associazione Rawa è nata per volontà di un gruppo di donne intellettuali afghane guidate da Meena, assassinata nel 1987, a Quetta, in Pakistan, da agenti afghani dell’allora Kgb, in connivenza con i fondamentalisti di Gulbuddin Hekmatyar.

L’obiettivo di Rawa era coinvolgere un crescente numero di donne afghane in attività politiche e sociali volte ad ottenere diritti umani per le donne e contribuire alla lotta per la ricostruzione in di un governo basato su valori democratici e secolari.

Nonostante l’opprimente atmosfera politica, Rawa fu ben presto coinvolta in varie attività in ambito socio politico, riguardanti in particolare l’istruzione, la sanità e l’economia, una battaglia dura che viene portata avanti ancora oggi in modo semiclandestino.

Mariam Rawi invece è nata 39 anni fa, a Kabul. Ha due figli e la battaglia per la dignità delle donne e la democrazia nel suo Paese è diventata lo scopo principale della sua vita. Il suo cognome “Rawi” è inventato per ragioni di sicurezza e al tempo stesso ricorda tutte le donne dell’associazione che Mariam rappresenta. La due giorni vicentina sarà ricca di eventi e momenti di incontro.

Continua a leggere

La resistenza democratica afghana – Video con Malalai Joya

Milano, 24 ottobre 2014 – Comunicato del CISDA – Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

1200px Malalai Joya speaking in FinlandIn seguito a elezioni completamente fasulle, fatte di brogli e di minacce, e a un conteggio dei voti pilotato dagli USA, è stato recentemente insediato come presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani, profondamente implicato nel sistema di spartizione mafiosa del territorio e delle risorse afgane attraverso le sue alleanze con vari gruppi fondamentalisti.

La fine era nota.
Quasi un anno fa, a Milano, l’attivista afgana per i diritti umani Malalai Joya, ex deputata di un parlamento che non ha saputo far altro che espellerla perché ha il vizio di dire la verità, prevedeva che alla testa di uno “stato costruito sulla mafia” sarebbe comunque stato messo un criminale fondamentalista, fantoccio utile agli USA e agli interessi internazionali, del tutto impermeabile ai problemi degli afgani.

In questa registrazione, Malalai Joya spiega come si sta organizzando una resistenza democratica afgana contro questi maneggi criminali sulla pelle degli afgani, prima di tutto attraverso una lotta di liberazione dall’imperialismo USA e NATO.

Malalai Joya – Milano – Dicembre 2013

 

Messaggio di Malalai Joya alle donne di Kobane

Defense Committe for Malalai Joya – 12 ottobre 2014

malalai joya kobaniUn ardente saluto alle coraggiose donne di Kobane

In questi giorni il coraggio e la resilienza delle donne di Kobane ha stupito il mondo intero. Per difendere il loro territorio dai criminali assassini dell’ISIS, non cercano il sostegno degli USA e della NATO e nemmeno delegano all’occidente e agli Stati Uniti la difesa della loro patria dai terroristi e dagli stranieri, come fanno invece una serie di analisti mercenari in Afghanistan.

Le nobili donne e i nobili uomini di Kobane difendono da soli il proprio onore, la propria libertà e la propria terra, sottoponendosi a qualsiasi sacrificio.

Eroine di Kobane, io sostengo profondamente la vostra resistenza ispiratrice contro i criminali dell’ISIS e umilmente imparo dal vostro patriottismo e dalla vostra fierezza.

Voi siete la vetta inespugnabile dell’onore e del coraggio. Attraverso la vostra inarrestabile battaglia contro questi criminali ignoranti, siete diventate il simbolo dell’umanità e della lotta per la libertà.

Non siete sole in questa gloriosa sfida. La gente progressista e alla ricerca della libertà in tutto il mondo è con voi.

Continua a leggere

La lunga strada dell’Is dal Medio Oriente all’Afghanistan

Da www.adnkronos.com – 14.10.2014

Talibahn ja51 6b aaa1“Le bandiere nere dello ‘Stato islamico’ sono state issate in alcuni distretti” della provincia di Ghazni, nell’Afghanistan orientale. Così scriveva a fine settembre il giornale Daily Wahdat lanciando l’allarme per l’emergere nella provincia di segnali che suggerirebbero presenza di elementi vicini allo ‘Stato islamico’ (Is o Daesh) attivo in Siria e Iraq.

Responsabili della sicurezza afghana ritengono che l’ombra del gruppo capeggiato dal “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi si stia allungando fino all’Afghanistan, martoriato da decenni di guerre, a pochi mesi dalla prevista fine delle operazioni di combattimento delle forze della coalizione.

Per i responsabili afghani, a 13 anni dalla caduta del regime dei Talebani, l’Is “sta sondando le acque” nel Paese, come scrive oggi il Wall Street Journal.

L’allarme arriva dopo che a settembre sono circolati nella capitale Kabul e a Jalalabad, nell’Afghanistan orientale, volantini in dari e pashtu con il simbolo dell’Is. Non solo volantini, ma anche libretti. E dopo che la propaganda ha fatto la sua prima comparsa nel Paese, sono arrivate le notizie di una “brutale” offensiva a Ghazni di combattenti ritenuti allineati con l’Is.

Un ufficiale della sicurezza afghana a Ghazni ha riferito di aver visto una bandiera dello ‘Stato islamico’ issata nel villaggio di Mohammad Khil. Dopo una violenta battaglia sono stati recuperati i corpi di due combattenti vestiti di nero con il volto coperto “come Daesh”, ha detto l’ufficiale citato dal Wsj.

Continua a leggere

Afghanistan, Haqqani jr finisce nella rete

dal blog di Enrico Campofreda – 16 ottobre 2014

Jalaluddin Haqqani founde 008Anas Haqqani, figlio di Jalaluddin guerrigliero anti sovietico e fondatore del noto network talebano, è stato arrestato dai servizi dell’Intelligence afghana. L’uomo era incaricato della raccolta di fondi individuali e provenienti da Paesi arabi e del reclutamento di attivisti attraverso i social media. La Rete di Haqqani nel suo percorso politico s’unì col mullah Omar, accettandone la guida spirituale e politico-militare; attuò attacchi suicidi, negli ultimi anni lanciati contro le truppe d’occupazione Nato.

Da tempo il fondatore Jalaluddin risulta malato e, seppure tuttora in vita, resta privato di potere decisionale e di strategie d’azione. Il rapporto, non sempre collaborativo coi gruppi islamisti, soprattutto col potente Hezb-e Islami di Hekmatyar, sembra negli ultimi tempi recuperato.

Da una nota dell’agenzia dei Servizi afghani, ripresa da Reuters, risulta arrestato anche Hafiz Rashid, il bombardiere della Rete, colui che da tempo decideva dove e chi colpire fra Kabul e Khost, una provincia dell’est particolarmente presa di mira.

Continua a leggere

“Donne resistenti, voci dall’Afghanistan” il 17 e il 18 ottobre Due giorni di incontri a Vicenza per la rappresentante dell’associazione RAWA

5/10/2014 – Comune di Vicenza

m 115281Venerdì 17 e sabato 18 ottobre la città di Vicenza ospita Mariam Rawi, rappresentante di RAWA, l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan che fin dai tempi della guerra di resistenza all’invasione sovietica (1977) lotta per la democrazia e i diritti delle donne di quel Paese.

L’iniziativa, dal titolo “Donne resistenti, voci dall’Afghanistan”, è promossa dall’assessorato alla comunità e alle famiglie e dal gruppo donne “No Dal Molin” con la collaborazione del Liceo Scientifico Quadri, il sostegno del C.I.S.D.A. (Coordinamento italiano di sostegno alle donne Afghane) e la partecipazione della Consulta per le politiche di genere del Comune di Vicenza per far conoscere la storia e l’attuale attività di RAWA.

L’associazione RAWA è nata per volontà di un gruppo di donne intellettuali afghane guidate da Meena, assassinata nel 1987 a Quetta, in Pakistan, dagli agenti afghani dell’allora KGB, in connivenza con i fondamentalisti di Gulbuddin Hekmatyar.

Continua a leggere