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Autore: Anna Santarello

Il vero Afghanistan oltre le notizie

Rawanews – 28/4/2014 di Aaron Peterson

elections abdullah abdullah smallerSharif è un rifugiato afgano, un ex residente di Mazar-e-Sharif. Sharif ha frequentato l’Università di Kabul. Attualmente vive come rifugiato politico nella Repubblica islamica dell’Iran a causa del conflitto in corso in Afghanistan. Alcune delle cose di cui Sharif gode sono la possibilità di ascoltare musica straniera e locale, guardare film documentari e la leggere. Sharif è un sostenitore del cambiamento in Afghanistan, della parità di diritti per le donne ed è per un cambiamento democratico nel paese verso una democrazia reale. Lui si oppone con veemenza contro le violazioni dei diritti umani e ai signori della guerra dell’Afghanistan che lo hanno costretto ad abbandonare la sua casa e la patria.

In sostanza, per capire la situazione di un Paese che è stato violato dai Mujahedeen , dai signori della guerra e da una estesa corruzione, è necessario ascoltare la voce della gente dell’Afghanistan, di coloro che hanno subito tutto ciò.

Cioè, le voci non dette di coloro che hanno subito l’occupazione degli Stati Uniti / NATO, che si sono sentiti in un luogo in cui nessun essere umano dovrebbe provare una tale stato di angoscia. Di vedere la loro società sfruttata dai Mujahideen ( Le classi più arretrate e le classi religiose teocratiche nella società afghana che predicano e impongono una forma rigorosa di wahhabismo che proviene dall’Arabia Saudita ed è stato importato in Afghanistan alla fine degli anni 1970 e 1980 con il supporto del governo degli Stati Uniti con l’obiettivo di minare la Repubblica Democratica dell’Afghanistan e contrastare l’intervento dell’Unione Sovietica in Afghanistan).

Shariff, un rifugiato afgano in Iran non riesce a vedere la guerra in Afghanistan come in fase di arresto. La situazione non cambierà in questo momento. Il prossimo presidente non sarà in grado di cambiarla. Questo dimostra lo stato disastroso di apatia che è stato creato dal conflitto dal 1979 fino ad oggi, dove i signori della guerra, la corruzione e lo sfruttamento sono proseguiti sia con l’Alleanza del Nord sostenuta dalle forze USA di occupazione, sia con i Talebani.

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Presidenziali afghane: Abdullah vince il primo round puntando su hazara e voto interetnico

Enrico Campofreda  27 aprile – Blog

abdullah abdullah 14 march 13Abdullah Abdullah 44.9%, circa tre milioni di voti, Ashraf Ghani 31.5%, attorno ai due milioni, questo è il responso della Commissione Elettorale Indipendente che indica un ballotaggio fra loro nel mese di giugno. Ma per ora non stabilisce date. I restanti candidati staccatissimi, a cominciare da Rassoul 11.5% quindi certi noti signori della guerra. Ma di Sayyaf 7%, Helal 2.8%, Sherzai 1.6%, Sultanazoy 0.5%, Arsala 0.2% conosciamo parziali non aggiornatissimi che, comunque, possono interessare solo le statistiche visti i distacchi che non influiscono sul risultato preliminare.

Influiranno, però, sulla sfida finale Abdullah-Ghani perché il nuovo presidente afghano sarà colui che ha messo in atto il miglior piano di alleanze grandi e piccole. In verità questo discorso ha avuto una parziale smentita nel primo turno per nomi pesanti come Rassoul, ex ministro sponsorizzato dal presidente uscente che invece non ha sfondato fra i pashtun. Lo stesso Ghani, che presentava un padrino potente come Dostum ha incassato dagli uzbeki, ma non ha riscosso quel che pensava dagli hazara, una minoranza (circa il 10% della popolazione) che però in alcune province sembra aver ribaltato il voto.

Lo sostiene un buon conoscitore di quell’etnìa, Amin Halimi, che evidenzia come la comunità poteva dirigere il proprio orientamento su Ghani, anche per i buoni uffici predisposti dal vice presidente uscente Karim Khalili, uno dei massimi esponenti del partito hazara Wahdat.

Ma non è stato così. Ghani ha certamente ricevuto il consenso della cerchia intellettuale hazara, una minima parte del gruppo che invece nelle aree rurali è diffusamente analfabeta. Un esempio lo offrono le province di Bamiyan e Daikondi – nella parte centro occidentale del Paese, entrambe ad altissima percentuale di cittadinanza hazara (rispettivamente 82% e 86%) – che hanno rivolto rispettivamente il 67% e il 73,5% dei voti ad Abdullah.

Un segnale, secondo il citato politologo, dell’orientamento esplicito di quella comunità che vale anche per altri distretti. In quello di Bamiyan poi c’era il precedente delle promesse non mantenute proprio dalla coppia Karzai-Khalili dopo le elezioni del 2009. Riguardavano non solo la ciclopica via di comunicazione fra la capitale ed Herat, passando per le province centro-occidentali come le due citate; ma anche per il trascorso disinteresse governativo riguardo ai fabbisogni idrici ed elettrici della popolazione locale.

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I signori della guerra, non i talebani, rendono difficile la vita dei votanti nel tranquillo Nord Est dell’Afghanistan

Farangis Najibullah with RFE/RL’s Radio Free AfghanistanRawa News – 24 aprile 2014

Paragonate con il resto del paese, che è colpito da frequenti attacchi e bombardamenti, le provincie di  Kapisa e Parwan nel Nord Est dell’Afghanistan godono di una pace e stabilità relativa. Non c’è una forte presenza di talebani là.

Nonostante questo, in alcuni villaggi nelle due provincie vicine non si vota per paura delle rappresaglie dei signori della guerra locali.

A differenza dei talebani, che hanno pubblicamente giurato di turbare il voto, i signori della guerra nelle provincie di  Kapisa e Parwan non hanno minacciato la gente affinché non andasse a votare alle elezioni presidenziali e provinciali.

Di fatto sollecitano la gente a recarsi alle urne, ma solo per votare i candidati scelti da loro.

“Differenti signori dietro differenti candidati, e domandano che la gente voti per loro” dice un residente  del distretto di Koh Band di Kapisa che non vuole dare il suo nome per paura di attacchi punitivi.

Racconta inoltre:”Alcuni gruppi armati dicono: “Noi votiamo per questo o quel candidato”, ovviamente le persone che vivono in aree sotto il loro controllo non hanno scelta se non votare per i candidati che i signori della guerra indicano. Questi  non sono meglio dei talebani. Non c’è differenza tra loro.”

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Le donne di Faryab protestano contro il signore della guerra

Qutbuddin Kohi  23 aprile 2014 – RAWA News

women protest daikundi sUn gran numero di donne piangenti hanno inscenato una manifestazione di protesta nel nord della provincia di Faryab, accusando un comandante locale di abusi sessuali e assassini di giovani ragazze e bambini durante uno scontro sanguinoso con dei civili.

Circa 100 donne, accompagnate da bambini, sono arrivate dal distretto di Pashtun Kot a Maimana, il capoluogo provinciale e si sono radunate davanti alla casa del governatore.

Denunciavano  che il signore della guerra locale, Qader Rahmani,aveva sottoposto donne e bambini a molestie sessuali durante gli scontri, e chiedevano al governo di punire lui e i suoi sostenitori armati.
Una donna arrabbiata ha dichiarato al notiziario Pajhwok Afghan News che Rahmani aveva ucciso suo marito e l’aveva così ridotta a vedova con cinque bambini.
Molti bambini che accompagnavano le donne che protestavano erano scalzi. I bambini stessi gridavano che volevano che gli assassini dei loro padri fossero puniti.
Un’altra donna piangente ha detto che il comandante ha fatto saltare la loro casa nella quale suo fratello Mufti Asif è morto. “Mio fratello era innocente. Era un  studioso religioso .
Alcuni impiegati della residenza del governatore sono usciti e hanno parlato con le donne che protestavano, i loro occhi si sono riempiti di lacrime ascoltando il loro calvario.

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Afghanistan, conta e prime polemiche sul voto

Enrico Campofreda 22 aprile 2014 – Blog

monitoring votes 21 april 14S’avvicina la presunta data della prima ipotetica conta elettorale (24 aprile) e le lamentele dei potenziali presidenti iniziano a inseguirsi.

A dare il “la” Ashraf Ghani che sul tema ha convocato una conferenza stampa. In essa l’ex ministro delle finanze, pur col garbo della diplomazia acquisita nelle sue frequentazioni internazionali, ha accusato a Commissione Elettorale Indipendente di confondere i concittadini nel presentare le percentuali di voto e le preferenze scaturite.

Queste in un aggiornamento lo vedono staccato di undici lunghezze (33.2%) dall’avversario Abdullah,ora accreditato del 44.4%, mentre resta lontano Rassoul col 10.4%. Ghani tiene a puntualizzare che secondo le norme vigenti tutti quei voti dovranno essere ricontrollati perché potranno risultare anche viziati da piccole e grandi inesattezze.

Infatti, come confermano le stesse notizie provenienti dalla Commissione, solo il 5.87% delle schede sono state annullate per palesi irregolarità, il resto è passato automaticamente alla fase successiva che, appunto, scandaglia con maggiore attenzione. Secondo Ghani sarebbe prematuro divulgare l’idea d’un vantaggio. Dalla Commissione gli fanno notare che le procedure verranno applicate rigorosamente, che la divulgazione e la trasparenza sono obiettivi primari e che si dovrà procedere all’attribuzione di voti e percentuali se nessun candidato ha raggiunto la maggioranza assoluta.

E’ quasi certo che si profila un ballottaggio fra Abdullah e lo stesso Ghani, ma quest’ultimo spererebbe in un minor distacco. Sulla pulizia e la chiarezza delle schede, e sulla decisione d’annullare espressioni plurime le polemiche avranno lunghi strascichi, com’è già accaduto in passato.

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Afghanistan. L’utopia di smeraldo, tra pericoli e illegalità.

Anna Toro – 10 Aprile 2014 – Osservatorio Iraq-Medioriente e Nordafrica

Sepolto nel cuore del paese, nelle miniere del Panjshir che fu la roccaforte dell’eroe nazionale Massoud, si nasconde un autentico tesoro, che potrebbe contribuire ad aiutare il popolo afghano a risollevarsi e a uscire dalla povertà: lo smeraldo.

“Un miracolo geologico”. Così questo suggestivo documentario, intitolato “The Hidden Gems” e diffuso dalla Journeyman Pictures, definisce l’Afghanistan e il suo sottosuolo.

Un paese dotato di una ricchezza che, se adeguatamente sfruttata, potrebbe generare miliardi di dollari; un contenitore pieno zeppo di oro, ferro, rame, carbone, metalli rari e pietre preziose che potrebbe facilmente portare l’Afghanistan a divenire “l’Arabia Saudita del minerale, e lasciarsi alle spalle l’incubo della guerra”.

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In Afghanistan due milioni di bambini costretti a lavorare

Tendenze online – 19 aprile 2014

Roma, 19 apr. (TMNews) – In Afghanistan bambini di soli 6 anni lavorano come tessitori di tappeti, minatori, fabbri e costruttori di mattoni; altri fanno accattonaggio, rovistano tra la spazzatura o vendono ninnoli sulle strade pur di aiutare le proprie famiglie a sopravvivere. Sebbene il lavoro minorile sia vietato, le stime più attendili parlano di quasi due milioni di lavoratori-bambini, minori di età compresa tra i 6 e i 17 anni, pari a un quarto della popolazione con meno di 18 anni. E i numeri sono in aumento, denuncia oggi il Los Angeles Times in un lungo reportage, a fronte della crescita del settore minerario ed edilizio alimentata dagli aiuti internazionali.

Sebbene le leggi approvate nel 2007 e riviste nel 2012 vietino ai minori di 18 anni di essere impiegati in lavori pericolosi, consentendo a quelli di età compresa tra i 15 e i 18 anni di essere impiegati solo come apprendisti in “lavori leggeri”, famiglie e datori di lavoro ignorano tali norme per riuscire a sopravvivere.
“Si devono concentrare sull’oggi, non sul futuro dei loro bambini”, ha sottolineato il funzionario Unicef Sami Hashemi.

Le elezioni in Afghanistan e la guerra delle narrazioni.

Limes – 9/04/2014 di Federico Petroni

210 Carta colori5 500L’entusiasmo occidentale per lo svolgimento delle presidenziali è comprensibile, ma eccessivo per almeno 4 motivi. A Kabul da tempo tutti hanno rinunciato a vincere militarmente: si combatte per la supremazia mediatica.

L’Afghanistan, come tutte le campagne di controinsurrezione, è una guerra di narrazioni. Per narrazione non s’intende la pura e semplice propaganda – nonostante tutti i contendenti vi scivolino, con alterne frequenze – bensì lo sforzo di imporre nella sfera mediatica e nelle convinzioni delle persone la propria versione degli eventi, il proprio messaggio politico.

In Afghanistan, in altre parole, non si combatte per sconfiggere militarmente il nemico. Nessuna delle parti ne ha la forza, la volontà o tutte e due insieme: non si fronteggiano due o più fazioni con l’obiettivo di conquistare la Kandahar di turno. No, la contesa assomiglia piuttosto a una campagna elettorale permanente in cui lo scopo non è bellico ma politico. Ne consegue che la forza venga impiegata – sia dalle ipersofisticate forze occidentali, sia dalle nascenti truppe governative, sia dagli improvvisati guerriglieri – a sostegno della propria narrazione.

Nelle insurrezioni, le operazioni sono ritagliate per massimizzare l’impatto mediatico. Così, tra 2010 e 2011, gli americani con il codazzo occidentale concentravano i loro sforzi in quei distretti chiave (key terrain district, li chiamavano) in cui potevano invertire la tendenza e suscitare speranza nei cuori e nelle menti della gente. E così gli insorti inscenano ancora oggi attacchi il cui unico scopo è cementare negli afghani la certezza dell’insicurezza.

Dal 2013, gli Stati Uniti hanno deciso che la narrazione doveva cambiare: non più invertire la tendenza e frenare l’avanzata dei taliban ma aiutare gli afghani a provvedere alla loro sicurezza. In questo modo, le forze locali sono state progressivamente poste al comando di tutte le operazioni e l’enfasi è stata posta sul sostegno agli afghani in battaglia e sugli sforzi per creare una logistica almeno sufficiente.

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Afghanistan, un incerto futuro tra crisi e povertà

Il Fatto – 18 aprile 2014, di Roberto Colella

images copy copyTutto il mondo è Paese. Se poi si va alle urne in paesi dove la democrazia né la si può esportare né la si può imporre la situazione si complica. In Afghanistan il capo dell’ufficio reclami della Commissione elettorale Abdul Sattar Saadat ha riscontrato brogli e irregolarità nelle elezioni presidenziali svoltesi recentemente: “Posso dire con sicurezza che si sono verificati brogli e che è stata violata la legge”.
La lotta per la presidenza è tra fra l’ex ministro degli Esteri e grande rivale di Karzai nel 2009, Abdullah Abdullah, e l’ex ministro delle finanze Ashraf Ghani.

È anche vero però che questi due candidati si presentavano con l’appoggio di due warlords come Mohammad Mohaqiq (il primo) e Abdurrashid Dostum (il secondo), quest’ultimo accusato tra l’altro di aver usato dell’acido su delle donne senza velo nel 1970.

Questo fa intuire che la vita politica dell’Afghanistan è in salita e per nulla rassicurante. Di sicuro resta l’alta affluenza alle urne soprattutto in alcune province come quella di Bamyan. Che poi la politica hazara avrebbe dominato il voto a Bamyan era anche prevedibile visto che si tratta della terza etnia del Paese, però in pochi avrebbero scommesso sul risultato di Abdullah visto che si trattava del territorio dell’altro candidato Karim Khalili.

Intanto il ritiro delle truppe continua e avanza l’idea di un Afghanistan federale dove i Taliban o meglio i nuovi Taliban siano relegati in un’area precisa nella speranza che l’Afghanistan non resti a lungo un luogo dove si combatte una sorta di proxy war. L’ipotesi di Hillary Clinton, discussa a margine del vertice Nato di Lisbona, prevedeva la suddivisione del paese in due parti: la prima parte comprendeva la regione del Balucistan afghano, con capitale Kandahar ed a maggioranza Pashtun; la seconda parte, con capitale Kabul, comprendeva i territori settentrionali a maggioranza turkmena, uzbeka e tagika fedeli agli Usa.

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Storie d’ordinario Afghanistan fra agguati e voto inquinato

Contropiano.org – 17 aprile 2014 – Enrico Campofreda

Per ammissione della Commissione Elettorale Indipendente, che vigila, o dovrebbe farlo, sulla trasparenza delle operazioni di scrutinio e dell’apertura delle stesse, nessun osservatore è in grado di seguire tutte le fasi di viaggio delle urne dalla periferia a Kabul. I box di voto sospettati di manomissione vengono visionati da addetti al conteggio, ma in alcuni casi non si sa dove tale verifica avvenga. Perciò talune manomissioni, già registrate ed entrate fra i motivi di ricorso, potrebbero essere solo una piccola percentuale dei tentativi di broglio in atto.

Eppure il numero degli osservatori sul campo è impressionante: ben 358.000 persone monitorano a vario titolo i passaggi elettorali. Lo spoglio che, in occasione dell’annunciata supremazia di Abdullah su Ghani, riguardava il 9% delle schede votate proseguirà sino all’8 maggio, i dati definitivi giungerebbero a metà del mese prossimo.
Se venisse confermato il copioso distacco dei su menzionati candidati sul resto dei concorrenti si prospetterebbe un ballottaggio fra i due che coinvolgerebbe il Paese per un altro trimestre. Secondo la proiezione resa nota Abdullah è in vantaggio nelle province di Kabul, Kapisa, Parwan, Kundoz, Samangan, Balkh, Sar-e-Pul, Badghis, Herat, Bamian e nelle zone del Panjsher, mentre Ghani conduce a Logar, Paktia, Khost, Nangarhar, Kunar, Laghman, Takhar, Jawozjan, Faryab, Farah, Nimroz, Helmand e Zabul. Rassoul è sicuramente padrone dell’area di Kandahar, Sherzai della provincia di Uruzgan.

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