Skip to main content

Autore: Anna Santarello

Afghanistan: evasi 12 talebani dal carcere di Kandahar

Ristretti Orizzonti

Aki, 4 marzo 2014

Almeno 12 talebani sono riusciti a fuggire da un carcere di Kandahar, ex roccaforte del movimento nell’Afghanistan meridionale, grazie a un documento falsificato in cui comparivano i loro nomi insieme a quelli di altri detenuti per i quali era stato disposto il rilascio.
È quanto riferiscono i media afghani, che citano fonti della polizia locale secondo le quali i Talebani sono stati rilasciati “per errore”.
Tra i Talebani evasi negli ultimi giorni dalla prigione di Sarposa ci sarebbero alcuni esponenti del movimento, compresi seguaci del mullah Dad Mohammad Munib, comandante dei Talebani a Kandahar ritenuto la mente di attacchi suicidi e omicidi nella provincia. L’evasione sarebbe stata organizzata falsificando un documento della Procura. I Talebani hanno sostenuto di essere riusciti a riportare in libertà 23 detenuti.

“I mujahidin dell’Emirato islamico delll’Afghanistan con una mossa a sorpresa sono riusciti a ottenere mercoledì il rilascio di 23 mujahidin da una prigione di Kandahar”, si legge in un comunicato pubblicato sul sito web dei Talebani. Nel 2008 la prigione di Sarposa era finita nel mirino di un attacco dei Talebani in cui erano state uccise 15 guardie. Al termine dell’attacco erano stati liberati 1.200 prigionieri. Poi nel 2011 altri 476 prigionieri, tra i quali alcuni insorti, erano riusciti a fuggire dal carcere.

Afghanistan: 8 marzo Giornata Internazionale dell’Orgoglio Femminile – Una lotta quotidiana

L’8 marzo, GIORNATA Internazionale della donna, ha assunto sempre di più nel corso di questi ultimi decenni in Italia il sapore di una festa più che di una celebrazione. Se ne è perso il significato politico originario, man mano che le conquiste delle donne divenivano, almeno apparentemente, più stabili, assumendo a volte contorni un po’ grotteschi e triviali.

In realtà, non c’è alcunché da “festeggiare”: l’altissimo numero di femminici compiuti solo nello scorso anno in Italia fanno decisamente vacillare l’idea che ciò che è stato faticosamente ottenuto dal movimento delle donne sia una conquista acquisita per sempre.

Ma ci sono paesi al mondo in cui dare una connotazione politica alla Giornata Internazionale delle Donne è un atto davvero rivoluzionario e profondamente significativo.

Il mio pensiero va in particolare alle donne afghane: per loro, così prive di diritti elementari, l’8 marzo è senz’altro più di una semplice celebrazione.

Ce lo conferma Latifa Ahmadi, direttrice di Opawc – Organization Promoting Afghan Women Capabilities (www.opawc.org), un’associazione afghana laica e democratica tra le più attive del paese. “Il governo ha sempre festeggiato l’8 marzo come se fosse un thè da bere in compagnia e poi ognuna a casa propria”, ha spiegato con una similitudine efficace l’attivista politica afghana, “cioè promettendo in questa giornata grandi concessioni alle donne: diritti, uguaglianza, parità di accesso all’istruzione, alla sanità, per poi rimangiarsi tutto a partire dal giorno successivo”.

Continua a leggere

Afghanistan: Karzai, Usa”mi hanno tradito”.

ANSA – KABUL

f1442e8b6c0c630781ba9c4e7b489773“Gli Stati Uniti mi hanno tradito” durante i 12 anni di loro presenza in Afghanistan.

Lo ha detto il presidente afghano Hamid Karzai in un’insolita e poco diplomatica intervista al Washington Post, la prima a un giornale americano negli ultimi due anni. Karzai ha inoltre ribadito il suo ‘no’ alla firma dell’Accordo bilaterale sulla sicurezza (Bsa) e, parlando di Al Qaida, ha detto che si tratta ormai “più di un mito che una realtà”.

Tasso di mortalità materno-infantile in forte aumento nelle province afghane

PAN – 27 Febbraio 2014

afg jfSecondo la recente indagine effettuata dal ministero della salute pubblica, su 100.000 donne, 329 hanno perso la vita durante il parto a causa della mancanza di adeguati centri di salute.

I residenti nel distretto di Burka lamentano anche la mancanza di donne medico e di infermiere dicendo che il distretto conta più di 3.000 abitanti con solo due infermieri in una clinica centrale che non possono lavorare durante la notte a causa delle minacce delle milizie.
In alcuni distretti della provincia centrale di Baghlan si lamenta un drammatico aumento del tasso di mortalità materno-infantile a causa della mancanza di infermieri e medici.

Il distretto della provincia di Jolga non ha medici di sesso femminile, mentre i distretti di Borka, Pul-i-Hesar, Talah-o-Barfak e Guzargah-i-Noor hanno uno o due infermiere e medici donna che operano solo di giorno.

Continua a leggere

Intervista a Malalai Joia, attivista afghana per i diritti umani

Mintpressnews – 7 febbraio 2014 

Malalai JoyaNEW YORK – “Sette volte, ho affrontato la morte con gli occhi. In realtà, abbiamo questo detto la morte mi ha baciato e se n’è andata lontano tornando da me“, ha detto la trentacinquenne attivista afghana Malalai Joya.

Malalai Joia è sopravvissuto a sette tentativi di assassinio. Lei sa che i suoi giorni sono contati, ma non teme la morte. In viaggio con un paio di guardie del corpo armate si muove nel sottosuolo dell’Afghanistan di luoghi nascosti, da casa sicura a casa al sicuro cambiando ogni pochi giorni in modo da poter continuare la sua causa.

“Non è semplice per gli esseri umani. È davvero un grosso problema anche solo rimanere vivi” , ha detto Joya in una recente intervista telefonica con MintPress.

Ex parlamentare afgana e fiera sostenitrice dei diritti umani, Joya critica apertamente il suo governo e l’occupazione delle truppe straniere sul suo suolo di casa. La sua schiettezza non chiede scuse, anche a scapito della sua vita.

Per i suoi nemici, tra cui i talebani e molti dei livelli superiori del parlamento afghano, Joya è un avversario difficile, un bersaglio mobile che è riuscito a sfuggire ad intimidazioni da parte di alti funzionari afghani, tra cui ex colleghe, al sabotaggio violento e ad imboscate.

Continua a leggere

Scoppia la protesta ad Herat per la morte di tre civili

PAN, 23 febbraio 2014

protest saajs for martyrsProtesta del SAAJS del 10/12/2012 per commemorare la memoria dei martiri di tre decenni e chiedere la condanna dei criminali.

Pajhwok Afghan News dichiara che tra i morti c’è un bambino, uno studente della Facoltà di Medicina di Kabul e un altro civile Centinaia di persone hanno inscenato una protesta contro le forze di sicurezza afghane, le truppe straniere e il sindaco della provincia occidentale di Herat.
I residenti del distretto di Shindand e il sindacato dei medici hanno preso parte alla protesta, scandendo slogan contro le forze di sicurezza locali e le truppe straniere.
I manifestanti hanno accusato le forze combinate di aver ucciso civili innocenti durante un’operazione di qualche giorno fa.

Tor Mohammad Zarifi, che rappresenta Shindand nel consiglio provinciale , ha detto che truppe afghane e straniere hanno ucciso tre civili Giovedi.
Nell’intervista rilasciata a Pajhwok Afghan News ha dichiarato che tra i morti c’è un bambino, uno studente della Facoltà di Medicina di Kabul e un altro civile. Ha chiesto al governo di mettere gli assassini sotto processo.

Continua a leggere

Afghanistan: il Paese in cui una donna ha più libertà in prigione che a casa – video

theguardian.com  – 3 February 2014

In Afghanistan, le donne accusate di “crimini morali” come la fuga dai loro mariti vengono messe in prigione per diversi anni, condividono le loro celle con assassini e altri criminali.

Ma per alcune di queste donne, la vita è meglio dietro le mura della prigione di Thakhar, al di fuori del controllo dei loro mariti e familiari. Questi estratti di film documentario di Nima Sarvestani “Senza burqa dietro le sbarre” raccontano la storia della vita all’interno del carcere, in cui 40 donne e 34 bambini condividono quattro celle.

Dal Filmato “No Burqas Behind Bars, Thakhar Prison. 40 women, 34 children, four cells, no buqas”

 

Afghanistan: 3mila militari Usa nel dopo-2014, è nuova opzione allo studio

Washington, 24 febraio – (Adnkronos/Aki/Washington Post)

NEWS 87078Mantenere in Afghanistan dopo la fine dell’anno un contingente di tremila militari con base a Kabul e Bagram.

È, secondo le rivelazioni di funzionari Usa, una delle quattro opzioni allo studio di Barack Obama mentre il presidente afghano Hamid Karzai continua a rifiutarsi di firmare l’accordo bilaterale sulla sicurezza (Bsa) che serve per inquadrare la presenza militare Usa, e non solo, dopo la fine dell’anno.

I vertici militari americani avevano ‘suggerito’ di mantenere nel Paese una forza di diecimila militari dispiegati in diverse basi, ma negli ultimi mesi hanno studiato anche altri piani.

Le donne afgane e la legge islamica.

Di Stefano Lamorgese – 20 febbraio 2014 – Rainews

310x0 1392900077900 donne afghanistan inverno copyIl nuovo codice di procedura penale afgano al centro di una discussione internazionale sui diritti delle donne afgane.
Intervista a Debora Scolart, docente di diritto islamico.

All’inizio del mese di Febbraio il Parlamento di Kabul ha approvato una controversa modifica del Codice di Procedura penale con la quale si vieta ai parenti delle persone accusate di testimoniare nei processi a loro carico. Il divieto riguarda non solo i familiari, ma anche bambini e medici.
L’idea iniziale, in realtà, era quella di eliminare l’obbligo di testimonianza per i parenti che non fossero intenzionati a farlo. Ma il parlamento ha deciso di introdurre un divieto più radicale.
E c’è chi ha interpretato tale svolta come un tentativo per permettere agli uomini che commettono abusi o violenze domestiche di restare impuniti, grazie al silenzio imposto sia alle vittime della violenza che alla maggior parte dei potenziali testimoni.

Il 17 Febbraio il Presidente Karzai – al quale a questo proposito sono pervenute le proteste di molte organizzazioni afgane e internazionali, attive nel campo dei diritti delle donne – ha deciso di bloccare la modifica introdotta dal Parlamento, imponendo una riformulazione dell’articolo 26 del nuovo Codice di Procedura Penale.
Sul tema del rapporto tra legge islamica e identità femminile Rainews ha intervistato la studiosa Deborah Scolart, che da anni si occupa di diritto penale islamico e dell’evoluzione dei costumi giuridici nel mondo musulmano.

Dottoressa Scolart, a Kabul si discute del nuovo assetto istituzionale, delle leggi e delle procedure, che ovviamente riguardano tutti, uomini e donne. Da dove possiamo partire per farci un’idea della situazione?
La nuova costituzione parla di parità di genere, ma lo fa pur sempre con la clausola del rispetto della sharia. Il punto è, allora, qui come altrove stabilire cosa sia la sharia, quale parte di essa sia eterna e immutabile, cosa invece possa essere nel tempo oggetto di revisione.

Continua a leggere

L’Afghanistan tomba degli imperi: considerazioni sul conflitto e sulla fine dell’unipolarismo.

Di Francesco Bellomia – 19/02/2014 – Geopolitica

L’anno appena iniziato è destinato ad avere un’importanza fondamentale per il futuro dell’Afghanistan. Il prossimo 5 aprile si terranno le elezioni che dovranno designare il successore di Hamid Karzai, dopo due mandati segnati da mille difficoltà, accuse di dilagante corruzione e clientelismo. Definito spesso dagli oppositori, e non solo, semplicemente “Sindaco di Kabul”, la presidenza Karzai e stata contrassegnata in particolare dalla difficoltà di esercitare un potere esteso realmente a tutto il Paese.

Ancora più importante, la fine del 2014 segnerà il ritiro delle truppe statunitensi e la fine della missione ISAF. Non è ancora stato definito con chiarezza il numero degli effettivi che rimarranno in suolo afghano, così come anche i compiti che a essi verranno affidati; ciononostante, il ritiro del contingente internazionale apre una serie di incognite sulla stabilità futura del Paese.
Per un’analisi approfondita sulla guerra in Afghanistan, sulle sue cause e conseguenze, luci e ombre, i tempi appaiono prematuri, e saranno necessari ancora diversi anni, come anche la raccolta di maggiori informazioni. È possibile però trarre alcune considerazioni su un conflitto iniziato il 7 ottobre 2001 e che ha avuto importanti conseguenze, in primo luogo per gli Afghani, ma anche per l’unica superpotenza rimasta dopo la caduta del Muro di Berlino.

Quando si analizzano le scelte di politica internazionale, e non solo, si ha spesso la tendenza errata nel voler vedere in chi esercita la leadership una visione di lungo periodo, sia che la si consideri giusta o sbagliata. Tale considerazione è rilevante nel caso dell’Afganistan, in quanto le ragioni individuate dai diversi analisti alla base del mancato successo nella stabilizzazione del Paese, erano tutte già ben presenti alla fine del 2001 e potevano essere tratte dalle pagine di storia. Per questi motivi, l’impegno in Afghanistan andrebbe invece considerato nelle sue diverse fasi.

Pur non volendo sottovalutare le prospettive di lungo periodo, come quella di esercitare influenza in un Paese dalla fondamentale posizione geostrategica al centro dell’Asia, lo shock dell’11 settembre sembrerebbe aver avuto un peso decisivo nella decisione iniziale di intraprendere il conflitto. Ottenuto, non tanto l’appoggio, ma quantomeno la non opposizione del Pakistan, l’obiettivo prioritario, raggiunto in tempi rapidi, era quello di smantellare il regime talebano e con esso le roccaforti garantite alla rete di al-Qaeda, responsabile degli attentati compiuti nel cuore degli Stati Uniti.

Continua a leggere