By Suzanne Persard – Huffington Post, 25 ottobre 2013 – dal sito di Malalai
Il numero di attentati subiti da Malalai Joya riportato dai media è molto spesso impreciso – la cifra esatta infatti è sette, non sei; senza considerare poi che questo numero si riferisce solo ai tentativi scoperti.
Nel 2007, Joya, giovane parlamentare afghana, venne espulsa dal governo per aver denunciato la presenza di signori della guerra in Parlamento. L’allora ventottenne Joya, attivista per i diritti delle donne, denunciò l’occupazione delle truppe americane in Afghanistan, i loro ufficiali fantocci, e definì i talebani retrogradi e medievali. Da quel giorno le minacce di morte si sono moltiplicate, così come gli attentati per mano dei talebani.
Dopo essere stata cacciata dal parlamento afghano, Joya è stata definita una ‘mafiosa antidemocratica’ e la sua impopolarità, già molto diffusa nel paese, si è estesa anche all’estero. Nel 2011 la richiesta di visto per gli Stati Uniti, dove avrebbe dovuto promuovere il suo nuovo libro, Finché avrò voce, e denunciare in una serie di incontri pubblici l’occupazione americana e le devastanti conseguenze per il popolo afghano, venne rifiutata dal Dipartimento di Stato americano in quanto ‘disoccupata’ e ‘attivista clandestina’. Alla fine, l’ondata di proteste pubbliche e una petizione con oltre 3000 firme – inclusa quella di Noam Chomsky – costrinsero il Dipartimento di Stato americano a rivedere e quindi accogliere la sua richiesta di visto.
Joya, che il mese scorso si trovava a New York per una serie di conferenze, viene spesso confusa con un’altra giovane attivista, anch’essa impegnata nella difesa dei diritti delle donne: la quattordicenne pakistana Malala Yousafzai, sopravvissuta ad un attentato da parte dei talebani e che, a differenza di Joya, è stata molto ben accolta negli Stati Uniti.
Mentre la quattordicenne Yousafzai ha ricevuto una grandissima attenzione da parte dei media americani, la visita di Joya negli Stati Uniti è stata a malapena pubblicizzata. Dei due visti concessi dal Dipartimento di Stato americano, solo uno è stato utilizzato per giustificare l’intervento militare in Afghanistan volto a liberare tutte le donne musulmane oppresse nel mondo.
Joya non ha mai accettato i discorsi imperialisti che vedono gli Stati Uniti come i liberatori del popolo afghano. Joya si è sempre rifiutata di diventare l’ennesimo prodotto mediatico utilizzato per giustificare interventi militari aventi come pretesto la liberazione del popolo afghano e non ha mai esitato a paragonare le violenze e i crimini contro le donne commessi delle truppe americane e Nato a quelli perpetrati dai talebani e dai signori della guerra.
Dai tassisti afghani ai signori della guerra al potere, il nome di Joya echeggia in tutto il paese suscitando derisione, timore ma anche speranza. E mentre la sua campagna per i diritti delle donne e contro la violenza di genere non si ferma, Joya continua a ricevere minacce di morte mentre il numero di vittime di stupro e parenti che si rivolgono a lei in cerca di supporto è in continuo aumento. Dopo aver denunciato la misoginia e il patriarchia dilagante nel governo afghano e tra i fondamentalisti religiosi, Joya continua coraggiosamente la sua battaglia rischiando ogni giorno la propria vita.
Nonostante le atrocità commesse dai talebani, una guerra che ormai dura da dodici anni e le campagne in difesa delle donne, Joya ha accettato di rivelarmi i motivi che la spingono a non arrendersi e a continuare la propria battaglia per la liberazione del suo paese.
Hai sempre chiesto a gran voce la ritirata delle truppe americane dall’Afghanistan, dichiarando che solo il popolo può liberare il proprio paese dagli oppressori. Pensi che una vera rivoluzione democratica in Afghanistan sia possibile?
Nel mio Paese ci vuole tempo, ma grazie alla resistenza del popolo afghano, di studenti universitari, di intellettuali democratici e alcuni partiti politici che si oppongo con tenacia al regime fascista instaurato dalle truppe americane e Nato ed i loro lacché, signori della guerra e talebani – le persone che stanno alzando la propria voce sono sempre di più. Ci vorrà del tempo perché tutt’oggi milioni di afghani – più dell’ 80 per cento della popolazione – vive sotto la soglia di povertà. Il popolo afghano è oppresso da ingiustizie, disoccupazione, corruzione, povertà. Anche la mancanza di educazione è un grande elemento di oppressione per il popolo afghano, specialmente per le donne, le quali sono ancora una volta le principali vittime di violenze e ingiustizie.