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Autore: Anna Santarello

QUANTO VALE UNA VITA UMANA? IN AFGHANISTAN PUÒ ANCHE VALERE SOLO $ 210!

Da: RAWA.org

kandahar massacre by us soldier 1 300x212Se qualcuno delle forze Nato in Afghanistan uccide un membro della tua famiglia, in termini puramente economici c´è da sperare che sia un Tedesco o un Italiano, piuttosto che uno Statunitense o un Britannico.

Secondo uno studio condotto dalla ONG per i diritti umani CIVIC su quanto venga pagato per le vittime di questa guerra ormai decennale, risulta che i britannici hanno stanziato la misera somma di $ 210, mentre i tedeschi hanno pagato fino a $25.000.

Le vittime civili causate dalle incursioni NATO a caccia degli insorti, sono la principale ragione delle frizioni tra il governo afghano e i suoi alleati occidentali; frizioni che si sono inasprite in modo particolare dopo che lo scorso week-end un soldato americano ha sparato e ucciso 16 afghani in un villaggio.

“Dovrebbero chiedersi quanto vale una vita! Non si può stabilirne il prezzo!” Ha detto Rafi Nabi, un disoccupato di 33 anni intervistato in un mercato della capitale afghana.

“Se qualcuno uccidesse un americano, e offrisse un risarcimento in denaro, loro non accetterebbero mai!”

Non è chiaro se gli USA intendano pagare un risarcimento alle famiglie delle 16 persone uccise da un loro sergente in un remoto villaggio a sud di Kandahar, tradizionale roccaforte talebana. Sembra che 11 delle vittime appartenessero ad un’unica famiglia.

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ANNULLATO CONVEGNO CON IL SIGNORE DELLA GUERRA IN CAMPIDOGLIO

Pubblichiamo la notizia ANSA e il comunicato stampa del PD

(ANSA) – ROMA, 14/3/2012

Il convegno della discordia che avrebbe dovuto tenersi in Campidoglio e che prevedeva come ospite quello che è definito come il ‘signore della guerrà Mohammed Mohaqiq, sarà annullato. A comunicarlo è oggi, dopo le accese polemiche di ieri, il consigliere delegato per il continente Asia Romulo Sabio Salvador che lo aveva indetto. Il titolo del convegno, ‘L’Afghanistan nel 1391 – Quale futuro dopo il ritiro della Nato nel 2014’, avrebbe dovuto svolgersi venerdì 16 marzo presso la Sala del Carroccio. Ma ieri due senatori del Pd, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, avevano tuonato contro la presenza di Mohaqiq, leader del movimento fondamentalista di Hezb-e-Wahdat che, secondo molte associazioni impegnate per i diritti umani, si è macchiato di veri e propri crimini di guerra e che recentemente ha proposto una legge che autorizza lo stupro nel matrimonio.

Il Campidoglio aveva precisato che il sindaco Gianni Alemanno «invitato a partecipare, non ha mai avuto in agenda tale appuntamento». Il consigliere del Pdl Domenico Naccari aveva poi ricordato che Mohaqiq «ha fatto richiesta, che verrà presumibilmente accolta, di incontrare i membri della Commissione esteri della Camera. Ne sa qualcosa, evidentemente, Jean Leonard Touadi, se non erro esponente del Pd e collega di partito di Della Seta e Ferrante, invitato al pari del sindaco al convegno e al pari del sindaco previsto fra i partecipanti».

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Forte protesta per l’arrivo in Italia di Mohaqiq, signore della guerra colpevole di crimini contro l’umanità

Comunicato del CISDA, Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane onlus

12/03/2012

I prossimi 16 e 17 marzo sono annunciate a Roma due vergognose iniziative che vedono protagonista il tristemente noto signore della guerra e criminale afgano Mohammed Mohaqiq, leader del movimento fondamentalista di Hezb-e-Wahdat.

Il 16 marzo questo criminale di guerra sarà addirittura il principale oratore ad un convegno organizzato al Campidoglio, alla presenza del sindaco Alemanno, di Gilberto Casciani (Presidente Commissione Affari Internazionali), di Nino Sergi (Intersos), di Emanuele Giordana e Lisa Clark (rete Afgana), dell’on.le Gianni Vernetti (Commissione Affari Esteri e Assemblea Parlamentare NATO, dell’ on.le Jean Léonard Touadì (Commissione Affari Esteri e Assemblea Parlamentare NATO).

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Strage in Afghanistan: i testimoni smentiscono la versione ufficiale

E-il mensile – 12 marzo 2012

AttaccoIsaf 150x150Secondo i comunicati ufficiali della missione Isaf, un soldato americano avrebbe fatto strage di civili in due differenti località nella provincia di Kandahar. Pesantissimo il bilancio che al momento conta quindici civili uccisi e altri cinque feriti. Tra le vittime ci sarebbero anche donne e bambini. Subito dopo il gesto folle il soldato si è consegnato alle autorità. La notizia, data in un primo momento dal Washington Post, è stata  confermata da una nota del comando Isaf, la missione Nato presente in Afghanistan.

Le testimonianze degli abitanti del villaggio contrastano non poco con le “indagini” ufficiali: a sparare, secondo tutti i testimoni, non sarebbe stato un soldato in preda ad un raptus di follia, ma un gruppo numeroso di militari definiti “ubriachi” da chi ha assistito alle sparatorie. “Sono arrivati ridendo e urlando. Poi sono entrati in casa e hanno sparato”, dicono i testimoni.

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L’iniziativa “Mimose Afghane” per l’8 marzo

Da: L’Unità.it – Articolo di Cristiana Cella

666209760 300x119Al di là della festa, l’8 marzo è da sempre, per le donne, una giornata di lotta e di condivisione, in ogni angolo del mondo. Contro la violenza sulle donne, in primo luogo, malattia sociale profonda e vergognosa, che colpisce ovunque, anche nel nostro paese. Ma che in Afghanistan, dove la devastazione della guerra e della miseria e la violenza del fondamentalismo islamico sono scatenate da decenni, distrugge quotidianamente innumerevoli vite. Lasciamo le mimose a incoronare gli alberi, e, invece dei fiori, proponiamo ai nostri lettori un gesto concreto di solidarietà: una sottoscrizione straordinaria ‘una tantum’, bastano anche pochi euro, per partecipare, in questa giornata, al progetto costruito intorno alle ‘vite preziose’ di donne e bambine afghane in fuga dall’orrore e in cammino verso la propria dignità e una vita normale, che sia loro, lontana dal dolore, per la prima volta.

Per condividere, appunto: gli ostacoli, per noi inconcepibili, sulla loro strada e le battaglie delle donne che per loro e per i propri diritti combattono, senza mai arrendersi da decenni, in condizioni ancora oggi difficilissime. E che spesso, anche grazie al nostro aiuto, riescono a vincere.

Con il progetto fin dal 2010 sulle pagine dell’Unità abbiamo dato voce a questi immensi silenzi e abbiamo raccontato le vite offese di bambine, ragazze e donne che hanno avuto il coraggio e l’opportunità di chiedere aiuto. Da qui, e da un’idea dei nostri lettori, è nato il progetto ‘Vite Preziose’. Si propone, lo ricordiamo, il sostegno a distanza di donne afghane, rifugiate nelle ‘case protette’ o che hanno chiesto aiuto nei Centri Legali di Hawca, Ong di donne afghane, che si occupa della loro sicurezza, della loro salute, dei loro problemi psicologici e legali. Un appello a cui hanno risposto in tanti. Sono ormai 20 le ragazze afghane che possono contare sui lettori dell’Unità, ogni mese, per un anno, per ricostruirsi una vita.

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Il regalo di Karzai per l’8 Marzo

Di Cristiana Cella – Da L’Unità.it

1278579234 300x250Le donne non sono autorizzate a viaggiare senza essere accompagnate da un uomo e non possono parlare con sconosciuti in luoghi pubblici come le scuole, i mercati e gli uffici. Dentro le mura delle proprie case, poi, al marito è vietato picchiare la moglie solo nel “nel caso che questo gesto non sia compiuto in conformità con la sharia”. Non sono ricordi dell’era talebana, si tratta di qualche giorno fa. È il ‘codice di comportamento’ approvato, venerdì scorso, dal Presidente Karzai e emanato dal Consiglio degli Ulema, il principale organismo religioso del paese. Si tratta di regole che le donne rispettose della religione, dovrebbero adottare volontariamente.

Violenza domestica, dunque, sdoganata dai mullah. Perché saranno sempre loro a decidere se le botte sono conformi o meno alla sharia. Gli Ulema si occupano anche di divorzio, cercando di limitare i diritti delle donne. Eppure Karzai aveva promesso proprio il contrario, di riformare il diritto di famiglia per rendere più equi i divorzi per le donne.
Il Presidente, interrogato sull’argomento in una conferenza stampa, ha risposto che il codice è in linea con la legge islamica e che è stato scritto dopo accurate consultazioni con gruppi di donne. Quali? Non lo dice. “Il consiglio dei religiosi afghani non ha posto alcuna limitazione alle donne. È la legge della sharia di tutti i musulmani e di tutti gli afghani” ha aggiunto Karzai. E’ lo strisciante tentativo di ufficializzare il sistema di giustizia ‘informale’. Leggi tribali, feroci contro le donne, già di fatto in vigore in molte province afghane, dominate da warlords e talebani, che sostituiscono le leggi laiche dello Stato.

Norme che poco hanno a che fare con il Corano e molto invece con un sistema di controllo politico che si serve della religione per opprimere, soprattutto le donne. “Per noi che lavoriamo ogni giorno in tribunale per difendere le donne” dice Selay Ghaffar, direttrice di Hawca,”Le leggi che proteggono i nostri diritti sono fondamentali. Se verranno esautorate dalle leggi tribali e religiose non avremo più armi e saremo sconfitte.” Non c’è da stupirsi, comunque. La posizione di Karzai si regge su equilibri difficili. Da una parte deve compiacere con un’immagine democratica le potenze occidentali occupanti, in primo luogo gli Usa, che sostengono il suo traballante governo, dai cui fondi dipende la sua economia, e soddisfare le brame degli avidi warlords della cui alleanza ha bisogno in Parlamento. Dall’altra, vuole tendere la mano ai talibani per avere un peso nelle trattative di pace, sempre più difficili. Magari con l’appoggio del Consiglio degli Ulema, che potrebbe tornare molto utile come intermediario nelle trattative future con gli insurgents.

Una mano tesa che potrebbe anche strangolare i fragili diritti delle donne. Questo il pericolo denunciato continuamente negli ultimi mesi dalle attiviste afghane e dalle organizzazioni umanitarie internazionali, nonostante le rassicurazioni perfino di Hillary Clinton. L’approvazione del ‘codice di comportamento’ è un segnale allarmante. “Viene così inviato un messaggio estremamente preoccupante; le donne ora si aspettano di essere svendute ai negoziati di pace” ha dichiarato Heather Barr, una ricercatrice di Human Rights Watch.

La violenza contro le donne in Afghanistan non accenna a diminuire e non lo farà finché l’impunità continuerà ad essere molto più frequente della pena. Alcuni orribili casi hanno fatto, negli ultimi mesi, il giro del mondo: la ragazzina seviziata perché rifiutava di prostituirsi, la madre uccisa perché aveva partorito femmine, la donna stuprata e punita col carcere. Storie simili a quelle che abbiamo raccontato in queste pagine.

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Attacco armato all’ufficio di Malalai Joia

10 marzo 2012
L’ufficio di Farah di Malalai Joia è stato attaccato da gente armata. Nello scontro a fuoco due delle sue guardie sono rimaste ferite ed Emergency si sta occupando della loro assistenza.
Malalai Joia era a Kabul ed è incolume. Ha inoltre dichiarato che questi attacchi non la fermeranno.

CISDA – Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

COSPE – Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti – intervista Samia Walid di RAWA

8 marzo 2012 – da: www.cospe.it

L’INTERVISTA: SAMIA WALID E L’AFGHANISTAN NEGATO ALLE DONNE

sam 0210“La situazione delle donne in Afghanistan è peggiorata negli ultimi dieci anni di guerra e di occupazione NATO – dice Samia Walid giovane rappresentante di RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan) in Italia per una serie di incontri dal 5 al 14 marzo.

Samia, ospite di CISDA (coordinamento italiano sostegno delle donne afghane), è qui per raccontare il vero volto della guerra in Afghanistan, le sue conseguenze sui civili e soprattutto sulle donne, le più vulnerabili in un paese ancora in mano ai talebani e ai signori della guerra e i dati sono impressionanti: “Solo l’anno scorso sono stati 5000 i casi di violenza registrati al Ministero per le pari opportunità e la Commissione per i diritti delle donne, ma molti altri sono quelli non pervenuti. Molte donne hanno paura di denunciare i torti subiti perché sanno che il potere giudiziario è corrotto e che il tribunale non darà loro ragione o risarcimento. Negli ultimi 5 anni sono così aumentati i casi di stupri sulle ragazze ma anche di vere torture fisiche e da qualche anno esiste una legge per cui un marito può violentare la moglie senza nessun problema legale”.

È proprio di questi giorni la notizia che il presidente Karzai abbia approvato “il codice di comportamento” che in netta violazione alla stessa Costituzione afghana dice che le donne non sono autorizzate a viaggiare senza essere accompagnate da un uomo e non possono parlare con sconosciuti in luoghi quali le scuole, mercati e uffici inoltre introduce anche per le università e i luoghi di lavoro la separazione tra uomini e donne che attualmente vige solo nelle scuole medie e superiori.

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8 marzo da schiave

Globalist, 8 marzo 2012 – Francesca Marretta

Globalist 150x150Nulla da festeggiare quest’otto marzo per le donne afghane. Martedì scorso Hamid Karzai, il Presidente-fantoccio che l’occidente paladino dei diritti umani e civili sostiene, ha approvato un nuovo “Codice di Condotta” per le donne degno dell’epoca talebana. Il provvedimento legalizza una pratica già diffusa tra la popolazione maschile: ammazzare di botte le mogli. Il “Condice di Condotta”, messo a punto dal Consiglio degli Ulema il 3 marzo e controfirmato da Karzai il 6, promuove poi la segregazione sessuale.

Stabilisce ad esempio che le donne non sono autorizzate a viaggiare senza un accompagnatore maschio, né frequentare posti “promiscui” come mercati, uffici e persino scuole. Chiunque sia stato di recente in Afghanistan può confermare che in larga parte del paese bambine e ragazze restano chiuse in casa senza poter andare a scuola. Ma che queste pratiche talebane siano introdotte per legge, perché la Nato ha perso la guerra e urge un accordo con l’insurrezione talebana, non solo è inaccettabile per i paesi che hanno sottoscritto la Carta delle Nazioni Unite e le più elementari convenzioni sui diritti umani, ma sbatte in faccia, una volta di più, il fallimento dell’avventura bellica afghana. Il bollettino di morte di questa guerra continua ad essere aggiornato quotidianamente. Ieri sono stati uccisi altri sei soldati britannici. Oggi almeno nove poliziotti afghani sono rimasti uccisi in un attacco talebano nel distretto di Charchino nel sud. I civili afghani hanno pagato un prezzo insopportabile, il che spiega perché odiano le forze Nato.

Dalle statistiche su questo conflitto restano fuori migliaia di donne che ogni anno si tolgono la vita, anche auto-immolandosi, per l’impossibilità di vivere come esseri sub-umani. I dati ufficiali, punta dell’iceberg, dicono che in media duemilatrecento donne afghane tra i quindici e i quarant’anni, si tolgono la vita ogni anno le come «risorsa estrema di fronte a violenze subite».

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Afghanistan: saranno le donne a pagare per la pace?

Da E – Il mensile online

Enrico Piovesana – 7 marzo 2012

burqa 300x169A pochi giorni dall’8 marzo sul sito della Presidenza della repubblica afgana è stato pubblicato un editto del Consiglio degli ulema, l’alto clero afgano, che ristabilisce usi e costumi d’epoca talebana per le donne.

Nel testo si affermano l’inferiorità della donna rispetto all’uomo (“in considerazione dei chiari versi 1 e 34 della sura d Nisa, gli uomini sono fondamentali e le donne sono secondarie”), il divieto per le donne di mischiarsi agli uomini a scuola e sul lavoro, e di viaggiare senza un accompagnatore maschile (un “mahrm”).

Ieri, nel corso di una conferenza stampa, il presidente Hamid Karzai ha pubblicamente difeso il documento degli ulema, affermando che esso “non stabilisce alcuna limitazione per le donne, ribadendo semplicemente i principi della Sharìa a cui tutti i musulmani e tutti gli afgani sono devoti”.

Non è così per Ahmad Zia Langari, membro della Commissione afgana indipendente per i diritti umani (Aihrc): “In nessun Paese islamico le donne sono totalmente separate dagli uomini e hanno il divieto di lavorare nello stesso ufficio. Nemmeno in Arabia Saudita esistono queste limitazioni”.

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