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Autore: Anna Santarello

I MARTIRI NON MUOIONO MAI!

Si può sentire questo slogan del movimento kurdo durante i funerali, nei cortei che attraversano le città europee, lungo le frontiere… parole ripetute davanti agli scudi antisommossa e alle armi del nemico. Ma quando sono nate?

Maryam Ashrafi, Rete Jin, 7 gennaio 2023

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“I martiri non muoiono mai!” Si può sentire questo slogan del movimento kurdo durante i funerali, nei cortei che attraversano le città europee, lungo le frontiere. Queste parole vengono ripetute davanti agli scudi antisommossa e alle armi del nemico, con gli occhi fissi al cielo. “I martiri non muoiono mai!”

Ma quando sono nate? Nel fermento di una guerra infinita di cui sfuggono i veri disegni, avvolti nella nebbia di miti e immagini propagandistiche; sono nate nel passaggio dalla vita al sacrificio, dal volto al ritratto, dall’umano al simbolico, in cui non trova posto la giustizia o un cenno di verità.

Queste nebbie, questa propaganda, oscureranno per sempre un appartamento di Rue Lafayette 123, a Parigi, dove, in una notte del gennaio 2013, furono assassinate tre donne appartenenti a differenti organi del PKK. I loro nomi: Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Söylemez. Un’azione di guerra condotta nella capitale francese, le cui modalità e le cui ragioni sono ancora senza risposta, che forse non verrà mai data.

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Accordo Talebani-Cina per l’estrazione di petrolio in Afghanistan

it.euronews.com 7 gennaio 2023

Nonostante le richieste di non riconoscere il governo dei talebani per le violazioni dei Diritti Umani e delle Donne, la Cina le ignora e punta a fare affari con i banditi col turbante. 

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Firmato un contratto tra il governo provvisorio talebano e una società cinese, per l’esplorazione e l’estrazione di petrolio intorno al fiume Amu, nel nord dell’Afghanistan. Primo importante investimento straniero da quando i Talebani hanno preso il potere a Kabul nel 2021, riguarderà un’area di 4500 chilometri quadrati nelle province di Juzjan, Faryab e Ser-i Pol.

Gli investimenti cinesi dovrebbero ammontare a 150 milioni di dollari nel primo anno e a un totale di 540 milioni nei primi 3. Il contratto ha una durata di 25 anni, ma i talebani si riservano la possibilità di rescinderlo qualora la compagnia cinese CAPEIC non onorerà i suoi impegni nei primi 12 mesi.

L’iniziativa si inserisce nel quadro di importanti sforzi diplomatici talebani per intensificare gli scambi commerciali con la Cina. Principale auspicio in tal senso è la trasformazione del corridoio di Wuhan, che parte dalla provincia settentrionale del Badakhshan, in florida via commerciale.

 

Messaggio di solidarietà per l’anniversario del massacro di tre donne curde il 9 gennaio 2013 a Parigi

tevgerajinenazad.com 5 gennaio 2023

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Ci stiamo avvicinando all’anniversario della Strage di Parigi che  prese di mira le donne curde, le  creatrici  dello slogan “Jin Jiyan Azadi” che è diventato il simbolo della lotta delle donne nel mondo dopo l’assassinio di Jina Mahsa Amini da parte della polizia morale in Iran.

Nell’anniversario della strage delle nostre amiche Sakine, Fidan,Leyla il 9 gennaio 2013 a Parigi, diciamo ancora una volta che la memoria e l’eredità delle nostre amiche illuminano il nostro cammino.

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I PRECETTI DEI TALEBANI E LA LIBERTÀ DELLE DONNE. DEL TEMPO PRESENTE – Vittoria Ravagli: mettere in scena sentirsi insieme la scena

cartesensibili.wordpress.com Vittoria Ravagli 24 dicembre 2022

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Il 25 novembre quest’anno lo abbiamo vissuto con emozione nel teatro del nostro paese, a Sasso Marconi. Oltre al Sindaco, all’Assessora P.O., le rappresentanti di ANPI ed UDI. Poi noi del Gruppo Marija Gimbutas che avevamo portato, insieme ad una rappresentante dell’ANPI, spunti, immagini, idee, scritti nelle classi terze della scuola secondaria di primo grado Galileo Galilei di Sasso Marconi.
Importantissima e centrale la presenza di una giovane indipendente afghana e di una rappresentante del CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane onlus).

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L’impatto dei cambiamenti climatici sulle battaglie delle donne afghane

Altraeconomia.it – Rainer Maria Baratti – 1 gennaio 2023

Il 75% del territorio è a rischio desertificazione e i prolungati periodi di siccità rendono sempre più scarsa la resa dei campi. Una crisi che si somma alle gravi fragilità dell’Afghanistan, alimentando disuguaglianze e violenza di genere

cambiamentiNel 2015 la comunità internazionale si è impegnata ad aumentare gli sforzi per contenere l’innalzamento della temperatura media globale al di sotto di 1,5 gradi per evitare gli effetti peggiori della crisi climatica. Ogni frazione di grado in più può fare la differenza: se non si invertirà il trend grazie alla riduzione delle emissioni, i cambiamenti climatici andranno ad aggravare sempre di più le fragilità dei singoli territori, colpiti da fenomeni naturali improvvisi (come le alluvioni) e da altri a lenta insorgenza (come la siccità). Parallelamente andranno ad aggravarsi anche le disuguaglianze -di potere e non- già esistenti che vedono la violazione dei diritti di molti per garantire lo sviluppo per pochi.

Non può passare inosservato il fatto che il 70% delle emissioni climalteranti globali sono prodotte da cento grandi imprese, come denuncia il Carbon majors database. Allo stesso modo, come evidenzia il Conflict and environment observatory, il comparto bellico “pesa” per il 5,5%: se fosse uno Stato, sarebbe preceduto solo da Cina, Stati Uniti e India. Tra i Paesi che soffrono e soffriranno sempre di più gli impatti dei cambiamenti climatici rientra l’Afghanistan, un territorio dalle molteplici fragilità. Secondo il report “Climate risk country profile” della Banca mondiale, è la quinta nazione al mondo più vulnerabile a tali impatti a causa della sua situazione politica, della malnutrizione, della collocazione geografica e del conflitto in corso dagli anni Ottanta.

Una vulnerabilità destinata ad aumentare nel tempo se non verranno prese azioni decise per ridurre le emissioni e per elaborare politiche di adattamento: processi che non possono prescindere dal coinvolgimento delle comunità più colpite, in particolar modo donne e minoranze. 

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AZIONE CONTRO LA FAME SOSPENDE TEMPORANEAMENTE LE SUE ATTIVITÀ NON VITALI IN AFGHANISTAN

notiziegeopolitiche.net Comunicato Stampa 27 dicembre 2022

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Azione contro la Fame condanna fermamente la decisione annunciata dalle autorità afghane di vietare alle donne di lavorare nelle organizzazioni umanitarie.
“I nostri programmi si rivolgono principalmente a bambini di età inferiore ai 5 anni e a donne incinte o in età fertile. La decisione delle autorità, nel contesto e nel rispetto dei codici culturali vigenti in Afghanistan, costituisce un ostacolo alla prosecuzione delle nostre attività – dichiara Azione contro la Fame e prosegue – questa decisione è incomprensibile perché penalizza popolazioni fragili, particolarmente colpite dall’insicurezza alimentare che oggi prevale nel Paese”.

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AFGHANISTAN, DIVIETO PER LE DONNE DI LAVORARE IN ONG, EMERGENCY: “NON LASCEREMO IL PAESE PERCHÉ IL DIVIETO NON RIGUARDA ONG SANITARIE, MA AUSPICHIAMO DECISIONE VENGA RIVISTA”

emergency.it 27 dicembre 2022

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EMERGENCY conferma di proseguire il suo impegno in Afghanistan nei suoi 4 ospedali e oltre 40 posti di primo soccorso pur esprimendo grande preoccupazione in merito al recente annuncio del Ministero dell’economia afgano secondo il quale organizzazioni non governative, sia nazionali che internazionali, non potranno più assumere donne afgane. Si tratta di un ulteriore provvedimento che mina i diritti delle donne e punta a ridurre il loro ruolo in diverse sfere della vita pubblica, dall’educazione al lavoro.

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Le Nazioni Unite cercano di risolvere la crisi degli aiuti in Afghanistan dopo che alle donne è stato vietato di lavorare nelle ONG

theguardian.com – Patrick Wintur 29 dicembre 2022

L’articolo non parla che alle donne viene impedito si studiare, quindi in prospettiva nessuna donna potrà più lavorare né in campo sanitario, né altrove.

Il capo delle operazioni umanitarie si recherà a Kabul poiché i programmi sono “compromessi” per decisione dei talebani

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Martin Griffiths, capo delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, volerà a Kabul per cercare di risolvere la crisi causata dalla decisione a sorpresa dei talebani di vietare alle donne di lavorare per i gruppi di aiuto delle Ong nel Paese.

La mossa è arrivata quando Ramiz Alakbarov, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per l’ Afghanistan , ha dichiarato a New York che i programmi di aiuto erano già stati compromessi.

Tuttavia, ha affermato che sulla base delle sue discussioni con i ministri del gabinetto talebano , il divieto non viene applicato in modo uniforme in tutte le regioni, aggiungendo che sono stati tenuti incontri costruttivi con il ministro della salute. Alakbarov ha affermato che ora sarà necessario per i fornitori di servizi vedere come si sono concretizzate le promesse.

Ha sottolineato che “gli aiuti non possono essere condizionati. Non puoi condizionare la fornitura di cibo o assistenza sanitaria a una persona affamata o morente. Non puoi escludere un genere o una particolare categoria di persone.

“L’assistenza non sarà fornita in un luogo e in uno spazio in cui l’imparzialità dell’indipendenza operativa o qualsiasi altro principio operativo delle Nazioni Unite siano compromessi”.

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L’Afghanistan talebano: Ong senza donne mentre il mondo chiude gli occhi

Globalist, 30 dicembre 2022, di Umberto De Giovannangeli  globalist31dicembre

L’Afghanistan in mano a un regime  oscurantista, misogino. L’Afghanistan talebano dove per le donne che rivendicano autonomia, dignita, diritto allo studio e al lavoro, non c’è posto

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Tutte insieme per un percorso comune”. Il viaggio della portavoce di RAWA in Italia

A cura di Cisda, 30 dicembre 2022  monogram

La storia della relazione tra CISDA e RAWA è il racconto di una militanza che si è nutrita di viaggi e di incontri. Il Covid prima e il ritorno del regime talebano poi avevano costretto e relegato gli incontri ad una dimensione virtuale che si è felicemente interrotta lo scorso settembre quando Maryam Rawi, rappresentante di RAWA, è riuscita a raggiungere l’Italia.

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