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Autore: Anna Santarello

Afghanistan e dintorni. La scalata di Haqqani sul confine del terrore

Ilmanifesto.it Giuliano Battiston 11 novembre2021

Il ministro dell’Interno dei nuovi padroni di Kabul, a capo dell’omonima rete sanguinaria e sulla cui testa pende una taglia Usa da 10 milioni di dollari, si presenta come mediatore nel conflitto tra talebani pakistani e governo di Islamabad. Risultato, tregua di un mese e negoziato aperto. L’annuncio che ora accredita “Khalifa Saheb” anche come dominus regionale 

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(La “foto segnaletica” di Sirajuddin Haqqani al Senato statunitense “Ap”)

«Tregua di un mese e negoziato». Il ministro dell’Informazione pachistano, Fawad Chaudhry, lo annuncia parlando alla televisione nazionale. Il portavoce dei Talebani pachistani, Muhammad Khurasani, lo conferma sui social. Il Tehreek-e-Taliban Pakistan e il governo di Islamabad negoziano per porre fine al conflitto. A mediare sono i Talebani, dicono entrambi. Ma il portavoce dell’Emirato islamico, Zabihullah Mujahed, sostiene di non saperne nulla. Nessun coinvolgimento ufficiale da parte del nuovo di governo di fatto afghano. Se qualcuno ha negoziato, lo ha fatto a livello locale.

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Afghanistan, la morte per bombe e quella per fame

Enrico Campofreda  dal suo Blog 11 novembre 2021

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Ventitré milioni di afghani rischiano la fame, afferma un recente rapporto del World Food Programmeche ha corretto in peggio, aumentandola di tre milioni di unità, la stima offerta a inizio anno d’un pericolo a livello mondiale per quarantacinque milioni di persone. Non è un caso che la disgrazia riguardi Paesi dove problemi sociali, geopolitici, climatici rendono difficoltosi anche aiuti umanitari. Oltre all’Afghanistan sono coinvolte Haiti e alcune nazioni africane (Etiopia, Somalia, Angola, Kenia, Burundi). La situazione afghana è precipitata nell’ultimo anno, anche prima della caduta di Kabul in mano talebana, per cause interne: le reiterate violenze che allontanano la popolazione d’ogni sesso dalle attività lavorative, la siccità.

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Kurdistan I risultati sull’uso delle armi chimiche inviati alle istituzioni internazionali

Uikionlus.it 10 novembre 2021

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I risultati e i documenti ottenuti dai corpi dei membri dell’HPG e dalle scene in cui sono state utilizzate le armi chimiche sono stati inviati a organizzazioni non governative internazionali, Stati Uniti e Stati membri dell’UE.

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Nel Talebanistan attiviste e giornalisti non si vedono più

Ilmanifesto.it – Giuliano Battiston – 5 novembre 2021

Afghanistan. Chi ancora lavora in tv ripete solo slogan, nessuna informazione. Chi si batteva per i diritti si nasconde. O viene ritrovata senza vita: a Mazar-e-Sharif uccisa la giovane Foruzan Safi, guidò la protesta del 6 settembre.

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«Non c’è più spazio per la società civile. Guarda cosa è successo a Foruzan Safi». Fardin Nawrazi faceva il giornalista. Poi sono arrivati i Talebani e ha cambiato vita. «Guardami: ho cambiato perfino il modo di vestire. La cravatta non la metto più. E il cappello tradizionale non lo mettevo mai, prima. Sono un’altra persona ora».

Di esporsi pubblicamente con un giornale straniero non ha paura. «I Talebani sanno cosa ho fatto, chi sono. Ma mi faccio vedere meno in giro. E soprattutto non faccio più il mio mestiere, che amavo».

HA LAVORATO PER ANNI come giornalista freelance, per radio, siti, giornali, tv locali e non solo, nella provincia di Balkh, di cui Mazar-e-Sharif è capoluogo. Era il responsabile per l’intera area settentrionale del Paese dell’Aija, l’Afghanistan Independent Journalists Association, l’associazione dei giornalisti indipendenti.

«Noi freelance siamo stati fregati, qui a Mazar: sono stati evacuati i pezzi grossi, i direttori delle testate, quelli con gli agganci giusti, noi rimaniamo qui. C’è chi ha portato via parenti e amici, anziché i colleghi, come avrebbe dovuto. Abbiamo scritto lettere su lettere, inviato email a chiunque, all’estero, ma nessuno ci ha dato aiuto, nessuno ci dà retta. Forse qualcuno può aiutarci, dall’Italia?». Qui, continua Nawrazi, «è pericoloso per ognuno di noi, uomini e donne». E non si può più lavorare, a meno di accettare le condizioni imposte dall’Emirato islamico.

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La grande trappola afghana

Ilmanifesto.it – Giuliano Battiston – 7 novembre 2021

07est2f02 abassin e altri soldati taliban alla moschea blu di mazar e sharif

«Non c’è speranza qui. L’unica è andarsene». Siamo in un appartamento a Omid Sabs, quartiere-satellite di Kabul costruito negli ultimi 10 anni. Per parlare liberamente serve un posto sicuro. In questa «cittadella» le case costano tanto. Costavano. «C’è chi ha venduto a 50.000 dollari appartamenti comprati per il doppio del valore».

Gli «evacuati». Interi edifici pensati per gli impiegati pubblici, per la classe medio-alta, vuoti. Proprio in quest’area alcune ambasciate hanno trasferito centinaia di persone, prima di fargli raggiungere l’aeroporto di Kabul. Era metà agosto. I giorni dell’evacuazione. Della fuga. Oggi è un esilio lento. Sottotraccia.

Sul futuro del Paese c’è un grande punto interrogativo. «C’è modo di venire da voi, in Italia?». No, non c’è modo. «Allora vengo a farci la guerra!», fa scherzando un militante. Lo incontriamo con i suoi compagni – giovani sbarbati con mimetiche militari e colori chiari – che passeggia nei giardini esterni del santuario di Hazrat Ali, la moschea blu simbolo di Mazar-e-Sharif. Vengono tutti da Samangan. Sono soddisfatti, sì. In posa per la foto.

Più avanti ci ferma un uomo: dice che lavorava per il governo degli Stati uniti, che aveva passato tutti i test per essere espatriato. Qui rischia, deve partire. Special Immigration Visa, SIV, P2, LPR, etc, etc. I codici amministrativi ricevuti per email sono l’ultimo appiglio con l’esterno. In Qatar e nelle basi militari americane decine di migliaia di afghani sono nello stallo.

In città, ci si organizza. Due settimane fa, da Mazar-e-Sharif una rete di israeliani ha fatto evacuare 180 persone via aerea. Piano d’emergenza segreto. «C’è gente in attesa a Mazar da più di un mese», ci dicono. «Vivono nelle guesthouse e aspettano la chiamata».

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L’opera dell’imperialismo e dei suoi scagnozzi (alleati) non è una sorpresa.

Il punto di vista di Rawa sulla condizione in Afghanistan. Ottobre 2021. Estratto del dossier pubblicato da Rawa *

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Per la maggior parte degli opinionisti politici la veloce conquista di Kabul da parte dei talebani è stata una sorpresa perché non si pensava così immediata. Questo è successo perché i militari afghani non hanno fatto nulla per evitarlo.

30 anni fa L’America con i suoi alleati, pakistani e arabi hanno finanziato e armato i mujaheddin per fare la guerra contro i russi e costringerli ad abbandonare l’Afghanistan. Quando poi gli americani si sono resi conto che i mujaheddin non erano per loro affidabili hanno sostenuto e finanziato i talebani che hanno poi governato per 5 anni. Dopo di che gli americani e i suoi alleati sono intervenuti militarmente con la scusa di combattere il terrorismo e nel nome della democrazia, della libertà e del diritto alle donne imponendo governi di proprio gradimento i cui rappresentanti erano persone corrotte, mafiose e delinquenti. E quando le mogli dei militari morti per difendere il loro paese si presentavano di fronte a questi personaggi per richiedere aiuti economici questi ne approfittavano per pretendere da loro prestazioni sessuali. Questo tutti lo sapevano ed è scoppiato uno scandalo denunciato dai media ma nessuno è intervenuto perché faceva comodo. “Lenin” nel suo libro “L’imperialismo fase suprema del capitalismo” diceva che l’imperialismo era un sistema che teneva sotto controllo i paesi più poveri e non avrebbe garantito libertà e democrazia. “John Foster Dols” diceva che l’America non aveva amici ma quello che faceva lo faceva solo per il proprio interesse.

L’America ritorna o no?

Strategia dell’America in Afghanistan:

Prevenire lo sviluppo della Cina attraverso la realizzazione di una strada chiamata Nuova Via della Seta per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi dell’EuroAsia.

Creare instabilità in Cina appoggiando movimenti indipendentisti quali gli Uiguri e i Tibetani, talebani, Isis.

Impedire la realizzazione del progetto TAPI e l’utilizzo delle risorse afghane.

L’America non abbandonerà l’Afghanistan senza raggiungere questi obiettivi. Perciò non la invaderà militarmente ma attraverso aiuti tecnologici e finanziari.

L’ America non resterà inattiva per mantenere la loro presenza militare, politica ed economica, e minare l’avanzata della Cina e della Russia in Afghanistan, assistendo i talebani e l’Isis. Però, come ha cacciato i talebani 20 anni fa dall’Afghanistan in pochi giorni, anche oggi se si rendesse conto che i talebani non soddisfano più ai propri interessi sono pronti a cacciarli.

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Afghanistan: Haqqani, i guastatori

Dal blog di Enrico Campofreda – 4 novembre 2021  Campofreda 4 novembre

L’attentato, l’ultimo del 2 novembre all’interno dell’ospedale militare di Kabul, nella zona non facilmente accessibile di Wabir Akbar Khan, evidenzia tutta l’impossibilità talebana di controllare il territorio. Addirittura il centro della capitale. Più o meno quel che accadeva al peggior esecutivo Ghani da un paio d’anni a questa parte.

Pur agghindati con divise recuperate nei magazzini del governo precedente, le forniture pagate coi fondi internazionali ora praticamente azzerati per la disperazione della popolazione e dello stesso Gotha dell’Emirato, i miliziani diventati esperti di “sicurezza” hanno solo potuto ingaggiare un conflitto a fuoco con gli assalitori.

Ne hanno eliminati cinque – così dichiara un portavoce taliban – fra la prima deflagrazione del corpo d’un kamikaze e il secondo martire.

Ma fra le vittime, salite a venticinque, c’è anche un responsabile di quelle Forze di pattugliamento gestite direttamente dalla Rete di Haqqani: Hamdullah Mokhlis, tenuto in gran considerazione dal clan. Il suo diretto superiore sia nelle veste ufficiale di ministro degli Interni, sia in quella di leader del network, Sirajuddin figlio ed erede del fondatore Jalaluddin, dovrebbe risultare doppiamente colpito.

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Omicidi mirati: 4 donne afghane uccise a colpi di pistola a Mazar-e-Sharif

Rawa News, 2 novembre 2021 feruzan safi

I loro corpi sono stati trovati in una fossa vicino alla zona di Khalid ibn al-Walid a Mazar-e-Sharif

I parenti di un’attivista dicono che i cadaveri della loro figlia e di altre tre ragazze sono stati trovati in una fossa vicino alla città di Khalid ibn al-Walid a Mazar-e-Sharif.

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IL PATRIMONIO DELL’AFGHANISTAN

Pubblichiamo alcuni stralci della lunga intervista a Robert Darr* scrittore, traduttore direttore dell’Afghan Cultural Assistance Foundation che da più di trent’anni aiuta i rifugiati afgani ad adattarsi alla vita nelle nuove patrie. Abbiamo pensato di pubblicarla perché racconta dell’antica cultura afghana e può dare un’altra chiave di lettura sul paese.

L’intervista è stata pubblicata in inglese su: Beshara Magazine – Issue 19 2021 Beshara magazine

Jane: Possiamo iniziare chiedendole come ha iniziato a interessarsi all’Afghanistan e al popolo afgano?

Robert: È successo molti anni fa, intorno al 1983 o ’84, quando ho incontrato alcuni immigrati afgani al mercato delle pulci di Sausalito. La prima persona che incontrai fu un uomo chiamato Rahim Akbar, che aveva avuto una borsa di studio Fulbright da giovane e aveva lasciato l’Afghanistan.

La sua famiglia si era stabilita in California, e io andavo a guardare i bei tappeti e le cose che vendeva. E mi incuriosiva questa gente. Come molti di noi, avevo letto la letteratura persiana che stava arrivando in traduzione inglese in quel periodo – La conferenza degli uccelli di ʿAttar,[3] e la poesia di Jalal al-din Rumi, e così via – e ho pensato: mio Dio, ecco qualcuno di questo paese che sembra così magico, misterioso e interessante.

C’erano alcuni membri della famiglia di Rahim che erano coinvolti nella pratica Sufi, ma lui no. Era una persona moderna, ma molto simpatica. Tutti loro avevano le personalità e i caratteri più meravigliosi, e sono stato immediatamente attratto da loro. Mi ricordavano la mia infanzia; sono di Tahiti e quando ero giovane facevo parte di quel tipo di cultura tribale. Mi hanno subito accolto come un amico, e io andavo a casa loro, e così via. E così tutto è iniziato lì.

Richard: Quindi facevano parte della prima ondata di immigrati che lasciarono l’Afghanistan dopo l’invasione sovietica nel 1979?

Robert: Sì. C’erano già problemi nel 1984, e in effetti anche alla fine degli anni ’70, se si poteva uscire, lo si faceva sicuramente.

Jane: Hai iniziato a imparare il persiano in questo periodo, credo.

Robert: Sì, ho iniziato sedendomi con Rahim e la sua famiglia a casa loro e cercando di imparare qualche parola, e loro sarebbero stati felici di insegnarmi. Attraverso loro ho incontrato altri afgani e alcuni persiani, di cui abbiamo un certo numero nella contea di Marin. Poi le autorità locali di Hayward e Fremont hanno cominciato a chiamarmi per trattare con alcuni afghani che erano finiti in prigione. Il problema era che usavano punizioni corporali sui loro figli e li colpivano se imbrogliavano o rubavano. La polizia, naturalmente, veniva alla porta dopo aver parlato con il loro insegnante, e diceva: bene, non potete fare questo qui. È inconcepibile per qualcuno di quella cultura che non si possa disciplinare il proprio figlio nel suo interesse, quindi era una situazione difficile.

È iniziato con un caso, e poi ben presto ho ricevuto regolarmente chiamate per ogni sorta di cose. E quella è stata la prima volta che sono stato formalmente coinvolto con gli afghani. È stata una cosa fortuita, perché ero solo un carpentiere, un costruttore di barche, ma ho fatto amicizia con loro e mi sono fatto la reputazione di essere in grado di sistemare le cose per loro.

[…]

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Berdan Öztürk: “Coloro che tacciono sugli attacchi chimici contro i curdi sono complici dei crimini della Turchia”

Uiki onlus, 31 ottobre 2021 

Il co-presidente del Congresso della souikionlus31 10 21cietà democratica(DTK), Berdan Öztürk, ha dichiarato all’incontro “Tempo per la libertà” a Viranşehir che lo stato turco sta usando armi chimiche.

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