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Autore: Anna Santarello

Afghanistan: fame o diritti

ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 14 settembre 2021 telegram 14.09 upd

ONU vs talebani

1,2 miliardi di dollari in aiuti per l’Afghanistan: questa è la cifra concordata dai rappresentanti di circa 40 paesi donatori, riunitisi ieri a Ginevra. Si tratta del doppio di quanto l’ONU aveva indicato come somma necessaria entro fine anno per scongiurare una carestia che avrebbe colpito circa un terzo della popolazione afghana.

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Contro l’ideologia talebana, l’impegno non si spenga.

La manifestazione di oggi 25 settembre a Roma, che era già stata organizzata e programmata da diverso tempo il cui appello è «La voce delle donne per prendersi cura del mondo» sarà dedicata in parte alla situazione delle donne in Afghanistan. 

Il Manifesto, 25 settembre 2021, di Giuliana Sgrena  Manifesto 25 settembre 21

Oggi a Roma. L’oppressione degli studenti coranici ha una sua specificità insormontabile. Solo individuandola è possibile combattere insieme alle donne afghane. Senza far spegnere i riflettori.

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Afghanistan, i taleban: “Riaprite le ambasciate, dovete capire i nostri valori”

I talebani cercano con appelli internazionali di presentarsi come affidabili ma come dicono le nostre fonti afghane è solo un’operazione di facciata loro non sono cambiati. In questi giorni le  forze laiche e democratiche afghane chiedono alla società civile occidentale di creare una grande rete di sostegno alla loro resistenza in Europa, una delle prime richieste è quella di non riconoscere il governo dei talebani.

La Stampa, 22 settembre 2021  

Il porZabihullah Mujahid e1629823252993tavoce Mujahed: «Le donne potranno studiare e lavorare, ma nel rispetto della sharia. Le nostre tradizioni sono fondamentali»

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AFGHANISTAN: NON VOLTIAMO LO SGUARDO ALTROVE.

Comunità San Giuseppe Bergamo – Settembre 2021 n. 414

L’occidente non è riuscito a portare democrazia e libertà delle donne, ma una nuova devastante guerra. Metà della popolazione, 18.5 milioni di persone, ha bisogno di assistenza umanitaria.

La decisione degli USA di avviare una trattativa con i talebani, consentendo la liberazione di 5000 miliziani dalle prigioni, e di lasciare l’Afghanistan insieme a tutte le truppe della Nato, ha portato ad una situazione che non può che definirsi di EMER-GENZA UMANITARIA. I talebani stanno riconquistando il paese, provincia dopo provincia, lasciando dietro di loro una scia di morte e devastazione forse mai viste prima.

Secondo quanto riportato al Consiglio di Sicurezza dalla rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu per l’Afghanistan, Deborah Lyons, quel che sta accadendo richiama sempre più quanto avvenuto in Siria o a Sarajevo. Metà della popolazio-ne, 18.5 milioni di persone, ha bisogno di assistenza umanitaria. Centinaia di migliaia di sfollati si sono riversati su Kabul per scappare dalla brutalità e dalla violenza dei talebani e non hanno accesso a cibo, acqua, elettricità, medicine. Le associazioni, le onlus locali e gli attivisti con cui il Cisda lavora da oltre 20 anni, ancora una volta, si stanno attivando per accogliere i loro connazionali in fuga, nonostante il contesto insicuro e drammatico.

Vogliamo cominciare ad aiutarli con un primo doveroso gesto di umanità: stiamo raccogliendo fondi che è necessario inviare in brevissimo tempo, per far sentire che ci siamo e che continueremo a star loro accanto, anche nell’ennesima tragedia che stanno vivendo.

“Vorrei che morissimo tutti”
la condizione degli sfollati nel parco Azadi di Kabul

di Zahra

A seguito della decisione di ritirarsi dall’Afghanistan degli Stati Uniti e degli eserciti alleati della NATO le milizie talebane, con cui sono state avviate le “trattative di pace”, hanno invaso le città, preso il controllo dei capoluoghi di provincia e si sono impadronite facilmente delle vite, delle proprietà e dell’onore del nostro popolo. Migliaia di morti e feriti, saccheggi e incendi di proprietà pubbliche e di case, centinaia di migliaia di famiglie sfollate in altre province, inclusa Kabul, sono i primi risultati della resa di diversi capoluoghi di provincia ai mercena- ri talebani. Il regime fantoccio al potere, creato solo per salvaguardare gli interessi USA, e sorretto solo grazie all’appoggio degli americani non ha fatto altro che tradire le persone di questo paese, lasciandolo nelle mani dei criminali jihadisti e talebani, e ora si è arreso a questi gruppi criminali.

Il 9 agosto 2021, sono andata al Parco Azadi per vedere di persona le condizioni degli sfollati dalla guerra e scrivere un rapporto. La deplorevole situazione di decine di famiglie in fuga in questo parco è una ferita per ogni essere umano. Questo rapporto è un riassunto di ciò che ho visto e sentito.

Non appena siamo scesi dalla macchina, Reyhaneh e il suo bambino di sette anni sono venuti verso di noi. Lei va incontro a ogni nuovo arrivato che entra nel parco; ci ha subito fatto vedere la sua carta d’identità per dimostrare di essere una sfollata di Takhar. Reyhaneh è rimasta per ore in una tenda sotto il sole cocente, indossando il bur- qa, per preparare un boccone di pane per i suoi bambini. Si è anche avvicinata ai passanti ripetendo all’infinito frasi piene di dolore: “Aiutatemi, fratelli”, “I miei bambini hanno fame”. Questa scena mi ha trafitto il cuore e mi ha infuocato il corpo, mentre imprecavo contro tutti i responsabili afghani e stranieri di tanta sofferenza.

Ho iniziato a parlare con una signora che ha subito detto: “Abitavamo nella zona di Seh Takhar. Tre giorni fa, due famiglie sono fuggite. Ho cinque figli. Non abbiamo un posto dove stare. Viviamo sotto un albero e sotto il sole cocente. Siamo sfollati a causa della guerra in corso tra governo e talebani. Da entrambe le parti arrivano solo venti di morte. Nessuno ci aiuta. Non abbiamo un soldo in tasca. La nostra casa è stata data alle fiamme e siamo usciti dalla città con i vestiti che avevamo addosso, sapendo di rischiare la vita”. Ahmad Javid piange- va, disperato e indifeso; ha appoggiato il suo corpo stanco contro un albero ed era indifferente alle grida lontane dei bambini.

Forse stava pensando a un membro della sua famiglia ferito o intrappolato nelle fiamme, o a quando un colpo di mortaio ha colpito la sua casa. Ed è stato il momento peggiore della sua vita… “Sei sfollato?” gli ho chiesto. “Siamo arrivati ieri da Kunduz. Siamo rimasti coinvolti in una feroce battaglia avvenuta durante la notte. Temendo che la situazione peggiorasse, siamo fuggiti e ci siamo nascosti dietro la prigione. Ma i talebani hanno conquistato la prigione e siamo an- dati all’aeroporto, dove da mesi molte persone che non hanno un posto dove andare, colpite dalla guerra e dai colpi di mortaio, vaga- no miseramente sotto le tende. Quando i talebani hanno attaccato la prigione sono dovuto scappare dalla pioggia di proiettili con mia moglie e cinque figli, e siamo arrivati qui, nel cuore della notte; non ho un soldo e nessuno che me ne possa prestare. Io posso sopporta- re la fame, ma come posso guardare negli occhi i miei figli, vedete che piangono per la fame? Non so che fare, non riesco più a pensare, vorrei solo che morissimo tutti…”.

Con il passare dei minuti, nel parco aumentava il numero degli sfollati interni, per lo più provenienti dalle province settentrionali. Vedendo vecchi, giovani e bambini sotto il sole cocente vivere i momenti più amari della loro vita io, come essere umano, mi sono vergognata per non essere riuscita a dar loro nemmeno un piccolo aiuto. Ho visto persone scendere da veicoli blindati con i vetri oscurati, mentre le loro guardie del corpo facevano in modo che gli sfollati si allonta- nassero dal veicolo; fingevano di essere “sconcertati”, hanno fatto il giro del parco e, dopo essersi fatti un selfie con le famiglie di sfollati, hanno concluso lo spettacolo e se ne sono andati.

Mujib Nabina, non vedente, si è presentato come rappresentan- te di dieci famiglie sfollate da Takhar e ci ha detto: “Le nostre die- ci famiglie sono sfollate da una zona della città di Takhar. Dopo lo scoppio della guerra, un colpo di mortaio ha colpito la nostra casa, e sei bambini sono rimasti gravemente ustionati. Di questi, quattro sono ricoverati all’ospedale pediatrico e gli altri due sono all’ospe- dale Esteqlal. Non abbiamo portato con noi altro che i vestiti che indossiamo. Tutta la nostra vita è stata in guerra, sotto le bombe e i colpi di mortaio. Siamo rovinati e disperati, e ora tutti vengono e scattano foto ci fanno una promessa e se ne vanno. Ci domandiamo cosa dobbiamo fare”.

Una ragazza di Kunduz, che mentre parlava tratteneva il respiro, ci ha detto, piena di dolore: “Verso le dieci del mattino sono ar-rivati a Kunduz e poi sono iniziati i bombardamenti sulle nostre case. Il mio fidanzato, un militare dell’esercito, si trovava con 38 colleghi nel comando di Kunduz che è stato circondato dai tale- bani; solo lui è sopravvissuto. Lo abbiamo portato a Kabul con grande difficoltà. Lui e i suoi colleghi non si sono arresi. Ora è ricoverato in un ospedale militare a Kabul, gravemente ferito. I talebani sono entrati e hanno saccheggiato l’edificio. Prima dell’assalto al comando i funzionari e i capi militari sono fuggiti all’aeroporto di Kunduz e da lì a Kabul, ma i poveri soldati sono stati uccisi e feriti. La mia famiglia è composta di 12 persone e solo mio fratello è rimasto a casa. Siamo usciti di casa solo con i vestiti che avevamo addosso. Chi ci ha portati da Kunduz a Kabul ha voluto 12.000 afgani [NdR, unità di moneta afghana equiva- lente a circa 130 euro]”.

Migliaia di talebani sono stati liberati dalle prigioni e gli occupanti stranieri, USA e Khalizad in testa, hanno consentito che questi criminali versassero il sangue dei nostri compatrioti.

I Talebani cacciano le bambine dalle scuole

Ilmanifesto.it Giuliano Battiston 18 settembre 2021

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Da oggi scuole aperte in tutto l’Afghanistan per i bambini delle medie e delle superiori. Chiuse invece per le bambine. Il provvedimento del ministero dell’Istruzione è stato promulgato ieri, lo stesso giorno in cui la scritta esterna dell’ex ministero per gli Affari femminili, nel quartiere centrale di Shahr-e-Now a Kabul, è stato sostituita da quella del ministero per la Preghiera, la Guida, la Promozione del Virtù e la prevenzione del vizio, il ministero che al tempo del primo Emirato gestiva la famigerata polizia morale.

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La nostra solidarietà alle donne dell’Afghanistan Coordinamento nazionale donne Anpi

Patriaindipendente.it – 16 settembre 2021

Sosteniamo la loro resistenza nella coraggiosa battaglia per i diritti attraverso progetti di associazioni quali Cisda, restate nel Paese accanto alla popolazione civile, mettendo a rischio anche la sicurezza di operatrici e operatori, ribadiamo l’appello per una grande mobilitazione e per l’apertura di corridoi umanitari.

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Da settimane l’Afghanistan è ripiombato nell’incubo dell’integralismo talebano che, con particolare accanimento, è tornato a violare i diritti di libertà e autodeterminazione delle donne, specchio del grado di civiltà di ogni società.

Nel corso degli ultimi anni, nonostante il permanere di uno scenario di guerra e di occupazione militare da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati, le donne afghane, in particolare delle realtà urbane, erano riuscite, seppur relativamente, ad avviare, attraverso lo studio, il lavoro e la partecipazione a funzioni istituzionali, un percorso di riconoscimento della loro soggettività e a migliorare le loro condizione di vita.

Ora, la caotica modalità con cui gli Stati Uniti hanno dato luogo al ritiro militare e la contestuale occupazione del territorio da parte dei talebani, oltre al permanere di condizioni di instabilità, ha immediatamente riproposto il tema dell’eliminazione di quei diritti e di quelle conquiste, e il pericolo altissimo che possono correre le donne che si sono esposte per il progresso della società intera.

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Nonostante tali pericoli e le limitate informazioni, in questi giorni, a Herat, Kabul e in altre aree del nord del Paese, abbiamo potuto vedere che le donne, con una straordinaria forza di ribellione e di idee, sono scese in piazza per rompere il silenzio e hanno coraggiosamente manifestato al grido di “diritti e libertà”.

Le donne afghane chiedono che vengano garantiti il diritto all’educazione, la libertà di parola, la possibilità di contribuire alla vita politica e sociale.

In Afghanistan a sostegno delle donne e non solo, operano diverse associazioni, tra queste, da oltre due decenni, c’è il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus (Cisda), che è riuscito a tessere una preziosa rete di relazioni a supporto delle attiviste locali con la presentazione di molteplici progetti e che in diverse città italiane ha già organizzato iniziative.

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Ci piace segnalare “Vite Preziose”, finalizzato al sostegno a distanza delle donne afghane che intendono sfuggire dalla violenza e raggiungere l’autodeterminazione personale e politica. Tramite Hawca, il partner afghano di Cisda, sono nate una casa protetta, un centro culturale e un centro di aiuto legale.

Nel mese di luglio scorso il Coordinamento nazionale donne Anpi aveva inviato una lettera di condivisione e di adesione al progetto. E a seguito del precipitare degli eventi di agosto,  ha lanciato un appello che richiama la necessità, a fronte della nuova, devastante emergenza umanitaria, di una mobilitazione urgente, anche di solidarietà materiale.

Per tali ragioni, va dato pieno sostegno alle associazioni che hanno deciso di rimanere nel Paese accanto alla popolazione civile, con un enorme rischio per la stessa sicurezza delle proprie operatrici e operatori.

L’appello più urgente che le organizzazioni umanitarie lanciano a tutti i Paesi è quello di aprire corridoi umanitari non solo per gli stranieri residenti in Afghanistan e per quanti hanno collaborato con la comunità internazionale ma anche per chi è nel mirino dei talebani, a cominciare dalle donne, ampliando la rete di sostegno alla popolazione femminile che cerca di resistere.

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La locandina della manifestazione “TULL QUADZE/TUTTE LE DONNE. La voce delle donne per prendersi cura del mondo”

La solidarietà alle donne afghane sarà parte rilevante della manifestazione nazionale delle donne “TULL QUADZE/TUTTE LE DONNE. La voce delle donne per prendersi cura del mondo” promossa dall’assemblea della Magnolia che si svolgerà a Roma il prossimo 25 settembre che vedrà anche la partecipazione del Coordinamento nazionale donne dell’Anpi.

Di Lorenzo (Binario 15): “Accogliere i rifugiati afghani è anche dare loro la parola”

Dire.it  15 settembre

Lorena Di Lorenzo fa un appello, soprattutto ai giornalisti: “Conoscere le storie è importante, ma dovete mettere le persone anche nelle condizioni di prendere parola e di dirci qual è il loro pensiero”

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ROMA – Non fermarsi alle storie e ai traumi personali, ma andare oltre. Ascoltando idee e proposte di persone che spesso hanno “coscienza sociale” e “ricchezze” da condividere. È l’appello di Lorena Di Lorenzo, presidente di Binario 15associazione nata dieci anni fa alla Stazione Ostiense al fianco di famiglie e minori soli giunti a Roma dall’Afghanistan.

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