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Autore: CisdaETS

Inapplicate le sanzioni internazionali verso i Talebani

Amu TV, 28 agosto 2024

Nonostante le sanzioni delle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri dei talebani, Amir Khan Muttaqi, si è recato all’estero cinque volte nell’ultimo anno, sollevando dubbi sull’applicazione delle restrizioni internazionali.

Muttaqi è attualmente in Camerun per partecipare al 50° incontro dei ministri degli esteri dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC). Il suo viaggio segue le precedenti visite in Russia, Cina, Iran e Turchia, evidenziando il continuo impegno dei talebani con le potenze globali e regionali nonostante la censura internazionale.

Oltre a Muttaqi, anche altri alti funzionari talebani, tra cui Abdul Ghani Baradar, vice primo ministro per gli affari economici; Mohammad Yaqoob Mujahid, ministro della difesa; Sirajuddin Haqqani, ministro degli interni; Abdul Haq Wasiq, capo dell’intelligence; Abdul Manan Omari, ministro del lavoro; e Abdul Latif Mansur, ministro dell’energia e dell’acqua, si sono recati all’estero, violando i divieti di viaggio delle Nazioni Unite.

L’ultimo viaggio di Muttaqi avviene in un periodo in cui i talebani continuano a rifiutarsi di soddisfare le richieste internazionali, in particolare quelle dei paesi islamici, di allentare le restrizioni all’istruzione delle ragazze e altre questioni relative ai diritti umani.

“Il ministro degli Esteri avrà incontri bilaterali con il ministro degli Esteri del paese ospitante e con i membri dell’OIC”, ha affermato Zia Ahmad Takal, vice portavoce dei talebani.

I suoi viaggi più recenti sono stati:

25 settembre 2023: Mosca, Russia, per l’incontro “Moscow Format”.
3 ottobre 2023: Pechino, Cina, per il terzo incontro “Trans-Himalayan”.
29 ottobre 2023: Ankara, Turchia.

La possibilità per i funzionari talebani sanzionati di continuare a viaggiare ha scatenato l’indignazione tra le donne afghane, che rimangono soggette a gravi restrizioni sotto il governo talebano.

“Le scuole sono chiuse per noi, le università sono chiuse per noi. Non possiamo lavorare. Le restrizioni sulle donne e le ragazze afghane sono intense. Come può la comunità internazionale ignorare le nostre richieste e permettere ai leader e ai funzionari talebani di viaggiare nei loro paesi?” ha detto un residente di Kabul che ha chiesto di rimanere anonimo per motivi di sicurezza.

Muttaqi, una figura chiave all’interno dei talebani, è stato sanzionato dalle Nazioni Unite in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001. Queste sanzioni includono divieti di viaggio e congelamenti di beni. Tuttavia, l’apparente facilità con cui i leader talebani hanno aggirato queste restrizioni ha portato a crescenti critiche dall’interno dell’Afghanistan.

L’incapacità della comunità internazionale di far rispettare queste sanzioni in modo efficace ha suscitato preoccupazione tra i cittadini afghani, che mettono in dubbio la legittimità di tali misure se possono essere così facilmente aggirate dai funzionari talebani.

Siraj Haqqani, da terrorista con Daesh a potente ministro

Amu TV, 26 agosto 2024

Un nuovo rapporto investigativo, redatto dall’ex agente della CIA Sarah Adams, ha svelato che l’attacco di Abbey Gate dell’agosto 2021 è stato orchestrato attraverso uno sforzo coordinato tra Sirajuddin Haqqani, ministro degli Interni dei talebani, e Sanaullah Ghafari, leader della branca Khorasan di Daesh, ISIS-K

Nell’attacco del 26 agosto 2021 sono morti 13 militari statunitensi e oltre 170 civili afghani.

Il rapporto rivela risultati significativi in ​​merito all’attentato suicida del 2021 ad Abbey Gate, all’esterno dell’aeroporto internazionale Hamid Karzai di Kabul, in Afghanistan.

Il rapporto, intitolato “HKIA: conosci il tuo nemico”, fornisce un resoconto dettagliato di come l’attentato di Abbey Gate sia stato meticolosamente pianificato da questi militanti di alto rango.

L’indagine rivela che l’attacco era premeditato e che Abbey Gate era stata scelta come obiettivo a causa dell’elevata concentrazione di Marines statunitensi di stanza lì.

Secondo il rapporto, l’attentatore suicida, Abdul Rauf Sangari, è stato rilasciato dalla detenzione dei talebani solo pochi giorni prima dell’attacco. È stato quindi addestrato ed equipaggiato da agenti dell’ISKP e agevolato attraverso una serie di posti di blocco controllati dalle forze Badri 313 e al-Fateh della rete Haqqani. Questi gruppi hanno svolto un ruolo cruciale nell’assicurare che l’attentatore potesse raggiungere il suo obiettivo senza interferenze.

Una delle conclusioni più allarmanti del rapporto è la presunta protezione e l’occultamento del coinvolgimento di Sirajuddin Haqqani da parte del governo degli Stati Uniti. Nonostante le prove evidenti che implicano Haqqani, le autorità statunitensi si sono concentrate principalmente sull’ISKP, consentendo alla rete Haqqani di eludere la piena responsabilità. Il rapporto chiede una revisione completa da parte dei comitati di intelligence del Congresso per affrontare queste sviste.

L’inchiesta evidenzia anche le tragiche conseguenze dell’attacco, tra cui un attacco di droni statunitensi che ha preso di mira per errore un veicolo civile, uccidendo 10 membri di una sola famiglia. Questo incidente ha ulteriormente aggravato il dolore e l’indignazione associati al bombardamento.

Nella sua conclusione, il rapporto lancia un forte appello all’azione, esortando il governo degli Stati Uniti a porre fine all’accordo di Doha, designare i talebani come organizzazione terroristica straniera e bloccare tutti i finanziamenti che sostengono indirettamente i talebani. Chiede inoltre che i responsabili dell’attacco di Abbey Gate, tra cui Sirajuddin Haqqani e Sanaullah Ghafari, siano assicurati alla giustizia tramite taglie mirate e l’inclusione nella lista dei più ricercati dell’FBI.

Il presente rapporto sottolinea le minacce persistenti e complesse poste dalle reti terroristiche coordinate in Afghanistan e sottolinea l’urgente necessità di un’assunzione di responsabilità ai massimi livelli.

La necessità di espandere il movimento di protesta delle donne

8AM Media, 27 agosto 2024

La ratifica della “Legge per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio” da parte del Mullah Hibatullah, il capo supremo nascosto dei Talebani, ha dimostrato per la centesima volta quanto sia folle e fuorviante qualsiasi aspettativa di cambiamento da parte di questo gruppo. Questa recente azione dei Talebani avrebbe dovuto scoraggiare persino quei sostenitori che stanno ancora aspettando pazientemente piccoli segnali dell’adozione di politiche realistiche e razionali da parte del gruppo. Questi sostenitori speravano che un giorno avrebbero assistito all’addomesticamento del gruppo che favoriscono; un’aspettativa che sembra fuori luogo, soprattutto perché le azioni ultra-reazionarie dei Talebani hanno dimostrato l’assurdità di tale speranza. Ora, persino i sostenitori dei Talebani che indossano la cravatta dovrebbero essere convinti che la misoginia è un pilastro fondamentale dell’ideologia di questo gruppo e non dovrebbe mai esserci speranza per la protezione dei diritti delle donne sotto il regime talebano. Tuttavia, l’intensificazione della misoginia da parte di questo regime rafforzerà ulteriormente il movimento di protesta delle donne, l’unico movimento attivo e vivo che, tre anni dopo l’ascesa al potere dei talebani, continua a persistere, anche se lentamente, e non sembra destinato a svanire nel prossimo futuro.

I talebani non lasceranno in pace le donne

La ragione più importante che può garantire la continuazione della resistenza delle donne in Afghanistan è che i talebani non lasceranno in pace le donne. Se questo gruppo restituisse loro i diritti fondamentali e non creasse ostacoli, non ci sarebbero né resistenza né proteste di piazza. Tuttavia, nella mentalità primitiva dei talebani, le donne sono simboli del male e della corruzione che devono essere rigorosamente controllati e confinati. Questa mentalità reazionaria ritiene di aver adempiuto al suo dovere religioso e di aver guidato l’umanità sulla retta via imprigionando le donne. Dal punto di vista dei talebani, le donne sono una fonte di male che non deve sfuggire al controllo. Se questa creatura “malvagia” godesse della libertà, la corruzione diventerebbe diffusa e le fondamenta della Sharia verrebbero fondamentalmente scosse. Nell’Emirato dei talebani, solo i mullah godono veramente della libertà. Sono liberi di fare ciò che vogliono. Se un mullah commette un reato, non viene punito allo stesso modo di una persona comune. Nel governo precedente, sotto le mentite spoglie della “discriminazione positiva”, le donne venivano sfruttate. Ora, nella teocrazia dei talebani, sono questi mullah a trarre vantaggio da questa discriminazione positiva e ad ottenere tutto ciò che desiderano. Sia nel cosiddetto governo che sostiene i diritti delle donne, sia nell’attuale regime misogino, le donne sono state più vittime di discriminazione positiva che altro.

Le donne sono centrali nell’ideologia dei talebani; non perché hanno il diritto di godere di tutti i privilegi di un cittadino moderno, ma perché tutti i diritti e i privilegi di un essere umano moderno devono essere loro tolti. La misoginia è una necessità esistenziale per i talebani. Se questo gruppo dovesse garantire i diritti delle donne, si spoglierebbe della sua essenza e si trasformerebbe in qualcos’altro. I talebani sono disposti a cambiare? No. Abbraccerebbero volentieri la morte, ma non cambierebbero. In una situazione del genere, cosa dovrebbero fare le donne? Hanno già scelto la loro strada, che è quella di continuare a resistere anche nelle condizioni più difficili. Le donne stanno gradualmente imparando come aggirare le politiche oppressive del regime. Ciò è incoraggiante. Più si intensifica la misoginia, più attiva diventa la resistenza delle donne. Si può affermare con sicurezza che questa resistenza continuerà fino al crollo del regime talebano e per questo motivo dovrebbe essere definita una guerra di logoramento; una strategia che i talebani hanno utilizzato per due decenni contro il governo afghano sostenuto dall’Occidente, e ne conosciamo il risultato.

Guerra di logoramento

La guerra di logoramento delle donne non ha la stessa intensità della lotta dei talebani contro il governo precedente, ma ciò che è fondamentalmente importante è la sua continuazione, che crea una sfida duratura al regime di paura e terrore. Questa sfida è significativa perché i talebani si presentano come la forza “invincibile” e “vittoriosa” della guerra ventennale contro la NATO, guidata dagli Stati Uniti. La continuazione della resistenza delle donne ridicolizza e sfida il mito della vittoria dei talebani: negli ultimi tre anni, i talebani non sono stati in grado di reprimere il movimento di protesta delle donne. Non c’è vittoria. I talebani hanno combattuto per vent’anni ma non sono riusciti a controllare in modo permanente e costante nemmeno una provincia. Hanno preso il controllo dell’Afghanistan attraverso un accordo politico e ora, con assoluta audacia e sfacciataggine, fingono di aver “conquistato” il paese.

L’inizio della resistenza delle donne coincidente con il ritorno al potere dei talebani avrebbe dovuto ricordare loro che è ancora troppo presto per parlare di conquista dell’Afghanistan. La storia testimonia che gruppi e movimenti politici mercenari non sono mai stati in grado di dominare l’Afghanistan a lungo termine. La resistenza contro la tirannia, il monopolio e l’oppressione è sempre esistita in varie forme e talvolta in modi innovativi e nuovi; a volte soft e pacifici, a volte duri e violenti. La resistenza delle donne con un approccio soft e civile contro i talebani non dovrebbe essere sottovalutata, soprattutto quando la resistenza militare attualmente non ha una prospettiva promettente. Se la resistenza delle donne avesse assunto una forma militare, sarebbe stata più vulnerabile rispetto all’espressione delle loro richieste in modo completamente pacifico e civile. Reprimere le proteste civili e pacifiche è più difficile che sedare le ribellioni militari perché è difficile giustificare la soppressione delle proteste civili. Tuttavia, se gli oppositori di un regime politico prendono le armi, la loro soppressione diventa più facile, poiché il regime può facilmente sostenere di aver agito per autodifesa.

Un altro fattore che si aggiunge all’importanza delle proteste delle donne è che una delle condizioni principali affinché la comunità internazionale riconosca il regime talebano è la protezione dei diritti delle donne, che i leader del gruppo hanno finora rifiutato di rispettare. Pertanto, non importa quanto lentamente progredisca la resistenza delle donne, può comunque creare una sfida importante e decisiva per il regime talebano; una sfida che potrebbe persino portare alla sua caduta a lungo termine. In altre parole, se i talebani continuano a imporre restrizioni alle donne e a rafforzare sempre di più i vincoli su di loro, ottenere legittimità internazionale rimarrà nient’altro che un sogno impossibile per i talebani, poiché la protezione dei diritti delle donne è diventata una questione di prestigio globale. Anche i paesi che sostengono i talebani si sono apertamente opposti alla misoginia del gruppo e hanno chiesto la rimozione delle restrizioni imposte alle donne.

RAJIN: Continueremo a lottare sulla strada delle nostre amiche

Rete Kurdistan Italia, 23 agosto 2024

Commemorando le martiri della stampa libera nella persona di Gulistan Tara, la Stampa libera delle donne (RAJIN) ha dichiarato quanto segue: “Faremo della lotta di Gulistan e di tutti i martiri della stampa libera la base del nostro lavoro e della lotta per una vita libera ed eguale. La loro lotta ci darà forza, fede e la luce della verità. La stampa libera non si tirerà mai indietro dalla sua lotta per essere la voce della verità, nonostante tutti gli attacchi, le pressioni e gli arresti che cercano di mettere a tacere la verità.

Le nostre amiche Gulistan Tara e Hero Bahadîn sono stati gli obiettivi di questi attacchi. La nostra amica Gulistan dal 2000 ha lottato in molti ambiti come sostenitrice della libertà di stampa. Ha proseguito dal 2018 il suo lavoro nel Kurdistan meridionale. La compagna Gulistan Tara ha cercato di rivelare la situazione delle donne curde, gli attacchi dello Stato turco contro il popolo curdo, la linea di tradimento e corruzione collaborativa del KDP e di annunciare la verità al pubblico ogni volta che lavorava nel Kurdistan meridionale.

Hêro Bahadîn ha svolto il suo lavoro con la stampa come giovane giornalista. Queste due nostre amiche oggi sono diventate il bersaglio degli attacchi dello Stato turco e sono cadute. Questa situazione ci ha lasciato profondamente rattristati e porgiamo le nostre condoglianze innanzitutto alle loro famiglie, agli amici della stampa libera e al popolo curdo.

D’altro canto il sistema capitalista e maschilista porta avanti anche intensi attacchi contro le donne. Il dovere della stampa libera delle donne è lottare contro questi attacchi e smascherare la mentalità statale dominata dagli uomini. Molte delle nostre amiche giornaliste hanno mostrato resistenza contro gli attacchi di genocidio con la loro lotta per la libertà nei momenti più difficili. Dobbiamo adempiere a questo dovere oggi. La lotta di Gulistan Tara e di tutti i martiri della libertà di stampa deve continuare a perseguire la verità e concludersi con la vittoria. Come stampa libera delle donne, continueremo a combattere sulla strada dei nostri amici.”

Sottolineando che Gulistan Tara era uno spirito rivoluzionario che ha protetto la tradizione della stampa libera, RAJIN ha affermato: “Lavorare per rivelare la verità alle persone richiede una posizione rivoluzionaria e, in questi momenti, il giornalista assume un’identità rivoluzionaria. Come stampa libera delle donne, noi, come i nostri amici, ci opporremo alla collaborazione e al tradimento del KDP. “Proprio come Gulistan Tara, Nûjiyan Erhan, Deniz Fırat e gli altri nostri amici che sono caduti in questo cammino, non rimarremo in silenzio contro questo disonore e continueremo la nostra lotta”.

Affermando che faranno della lotta di Gulistan Tara e di tutti i martiri della stampa libera la base per stabilire una vita libera ed equa, RAJIN ha dichiarato: “La loro lotta sarà per noi una fonte di luce, fede e verità. La lotta per la libertà di stampa non sarà mai fermata dagli attacchi, dall’oppressione, dagli arresti e dai tentativi di mettere a tacere. Continueremo con questa posizione che abbiamo imparato dalla lotta di Gulistan. La lotta per la libertà delle donne otterrà la vittoria con la filosofia “Jin, Jiyan, Azadi” e la nostra ricerca della verità diventerà sempre più forte.

Con questa convinzione, la memoria di Gulistan e di tutti i martiri della libertà di stampa sarà sempre mantenuta viva. “Ancora una volta commemoriamo la nostra amica Gulistan Tara e ribadiamo il nostro impegno nei confronti dei nostri martiri”, ha affermato.

Due lavoratrici dei media uccise in un attacco di un drone turco presso Sulaymaniyah

Rete Kurdistan Italia, 23 agosto 2024

Due giornaliste sono rimaste uccise questa mattina quando un veicolo che trasportava alcuni giornalisti è stato bombardato da un drone turco nei pressi di Sulaymaniyah. Un drone turco oggi ha bombardato un veicolo che trasportava lavoratori della stampa libera nel distretto di Seyidsadiq di Sulaymaniyah. Secondo quanto riportato, il veicolo appartiene alla Chatr Production, una società di media che opera nel Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale).

I lavoratori della stampa libera a bordo del veicolo sono stati presi di mira mentre lavoravano per un programma televisivo. Secondo le ultime informazioni, Gülistan Tara e Hêro Bahadîn hanno perso la vita a causa del bombardamento. Rêbîn Bekir (30), residente di Sulaymaniyah e responsabile della Chatr Production, è rimasto ferito nell’attacco. E’ stato riferito che Rêbîn Bekir stia ricevendo cure in un ospedale di Sulaymaniyah.

Da anni la Turchia utilizza i droni per l’uccisione extralegale di “nemici” nel Kurdistan meridionale e nella regione del Kurdistan iracheno (KRI). Gli obiettivi degli attacchi sono persone in qualche modo associate dallo Stato turco al PKK. Da questa prospettiva, ciò include anche l’intera regione autonoma della Siria settentrionale e orientale. Solo quest’anno sono stati registrati più di 110 attacchi con droni, molti dei quali con conseguenze fatali.

Nelle ultime settimane e mesi non è passato quasi un giorno nel KRI senza un attacco o una mobilità da parte di droni turchi. La comunità internazionale sta ignorando questa guerra aerea dello Stato turco contro il popolo del Kurdistan.

In Afghanistan le donne non possono più far sentire la loro voce in pubblico

Il Post, 23 agosto 2024

La prima legge “sul vizio e sulle virtù” approvata dai talebani vieta loro di cantare, recitare o leggere ad alta voce, tra le altre cose

Le autorità talebane che controllano l’Afghanistan hanno approvato la prima legge emanata dal ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù, creato nel 2021 per promuovere il rispetto di un’interpretazione estremamente rigida della sharia, quella che con una definizione un po’ approssimativa viene spesso definita come “legge islamica”.

La nuova legge, divisa in 35 articoli, raggruppa in unico testo varie norme (alcune delle quali già in vigore nel paese) che limitano notevolmente i diritti delle donne e impongono restrizioni sul loro comportamento, sia in pubblico che in privato. Tra le altre cose la legge stabilisce che le donne debbano coprire il corpo e il viso quando sono in pubblico, e non possano indossare indumenti aderenti o corti. Non possono cantare, recitare o leggere ad alta voce in pubblico, dato che secondo i talebani la voce di una donna è considerata un aspetto intimo e deve rimanere privata. Vieta inoltre alle donne di viaggiare senza essere accompagnate da un uomo con cui hanno un legame di sangue, e di fare incontri di qualsiasi tipo con uomini con i quali non sono imparentate.

Sono regolamentati anche alcuni aspetti dell’abbigliamento maschile: gli uomini non possono portare pantaloni sopra al ginocchio e devono sempre curare la propria barba. Sono vietate la produzione e la diffusione di immagini rappresentanti esseri viventi, l’ascolto della musica, l’omosessualità, l’adulterio e le scommesse.

Il testo stabilisce diverse punizioni, che vanno dagli ammonimenti alle multe e agli arresti. Le violazioni ripetute saranno giudicate dai tribunali. Mercoledì un portavoce del ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù ha detto che nell’ultimo anno più di 13mila persone sono state arrestate per «atti immorali».

Alcune delle restrizioni previste erano già in vigore, ma non erano ancora state codificate in un unico testo di legge. Per esempio, già nel maggio del 2022 i talebani avevano imposto alle donne l’obbligo di indossare il burqa, l’abito femminile che copre integralmente il corpo, compresi il volto e la testa, con una fessura o una fascia velata per gli occhi.

Quando avevano ripreso il potere in Afghanistan, nell’agosto del 2021, i talebani si erano presentati come un gruppo moderato e aperto, e avevano detto che avrebbero garantito il rispetto dei diritti delle donne. Già nei mesi successivi tuttavia divenne chiaro che avrebbero istituito un secondo regime del tutto simile al primo, durato dal 1996 al 2001, durante il quale alle donne erano negati moltissimi diritti. Tra le altre cose, negli ultimi tre anni i talebani hanno chiuso le scuole secondarie femminili (l’equivalente di medie e superiori italiane), hanno proibito alle donne di accedere all’università, e hanno vietato l’accesso a parrucchieri e saloni di bellezza.

Divieto di viaggio imposto a Richard Bennett dell’ONU dall’Emirato Islamico

TOLO News, 20 agosto 2024

Nei suoi rapporti, Richard Bennett ha costantemente criticato quelle che ha descritto come violazioni dei diritti umani in Afghanistan

In un recente sviluppo, l’Emirato islamico ha ufficialmente proibito a Richard Bennett, relatore speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per l’Afghanistan, di entrare nel paese.

Zabihullah Mujahid, portavoce dell’Emirato islamico, ha spiegato che la decisione di imporre il divieto di viaggio a Bennett è scaturita dalla sua presunta diffusione di propaganda contro l’Afghanistan.

Mujahid ha inoltre accusato Richard Bennett di aver travisato la realtà afghana di fronte alla comunità internazionale, fornendo quelle che ha descritto come informazioni inaccurate e fuorvianti.

“Il viaggio del signor Bennett in Afghanistan è stato proibito perché gli era stato assegnato il compito di diffondere propaganda in Afghanistan. Non è una persona di cui ci fidiamo. Non è in Afghanistan e non gli è più permesso di venire qui. Era solito esagerare questioni minori e propagarle”, ha detto.

Nei suoi rapporti, il relatore speciale per l’Afghanistan del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha costantemente criticato quelle che ha descritto come violazioni dei diritti umani in Afghanistan.

Tuttavia, l’Emirato Islamico ha sempre respinto le critiche di Richard Bennett, ritenendole lontane dalla realtà attuale dell’Afghanistan.

Fazal Rahman Oria, analista politico, ha affermato: “Il signor Bennett non ha rispettato la legittimità dell’attuale governo e ha violato la legittimità legale dell’attuale amministrazione”.

Un altro analista politico, Moeen Gul Samkani, ha affermato: “Dovremmo impegnarci in trattative con le Nazioni Unite, non affrontarle, ma il popolo e il governo dell’Afghanistan non dovrebbero temere la realtà e devono difenderla”.

Nell’aprile 2022, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha nominato Richard Bennett relatore speciale per l’Afghanistan, con il compito di documentare le violazioni dei diritti umani nel Paese.

[Trad. automatica]

In Afghanistan 281 membri delle forze dell’ordine sono stati licenziati per non essere riusciti a farsi crescere la barba

Il Post, 20 agosto 2024

Martedì il ministero per la Prevenzione del vizio e la Diffusione della virtù del governo afghano controllato dai talebani ha pubblicato un rapporto annuale sulle sue attività. Fra le altre cose 13mila persone sono state arrestate per atti immorali (quasi tutte rilasciate dopo meno di 24 ore), e 281 membri delle forze dell’ordine sono stati congedati per non essere riusciti a farsi crescere la barba, come prescritto dalle interpretazioni più severe della legge islamica. Inoltre 21.328 strumenti musicali sono stati distrutti, dato che la musica è vietata nel paese.

Il ministero si occupa di far rispettare la severissima interpretazione della legge islamica e i costumi tradizionali afghani promossi dai talebani, un gruppo radicale islamista al potere dal 2021. Le Nazioni Unite lo hanno criticato per le limitazioni che ha imposto alle libertà delle donne e a quella di espressione. Da quando tre anni fa i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan hanno limitato moltissimo i diritti delle donne, fra cui l’accesso all’istruzione e al lavoro e la libertà di movimento. Il rapporto non specifica il numero di donne sanzionate per aver violato queste regole.

Afghanistan. Al via la miniera cinese nell’Emirato dei Talebani

AGC News, 20 agosto 2024, di Luigi Medici

Un progetto di estrazione del rame in Afghanistan è finalmente decollato il mese scorso dopo un ritardo di oltre 16 anni, ma si teme che possa portare a un inquinamento diffuso e alla distruzione di rovine e reliquie storiche scoperte nel sito di Mes Aynak.

Come riporta Nikkei, a tre anni dalla loro presa del potere, i talebani stanno cercando di far rivivere l’economia del paese. Le cifre della Banca Mondiale mostrano una contrazione del 26% nell’economia reale nei due anni fino ad aprile 2024. Pertanto, i talebani considerano il progetto Mes Aynak, appaltato alla statale China Metallurgical Group Corp. , Mcc, come un’ancora di salvezza sia finanziaria che diplomatica.

I talebani promuovono il sito con il secondo più grande deposito di rame non sfruttato dell’Afghanistan, con una stima di 4,4 miliardi di tonnellate di minerale di rame. Il governo di Kabul stima che il sito potrebbe produrre 2,5 milioni di tonnellate di rame all’anno, il che porterebbe entrate da 300 a 400 milioni di dollari.

Ma Mes Aynak è ricca anche per altri motivi. Situata a circa 30 chilometri a sud di Kabul, nella provincia di Logar, Mes Aynak si trova lungo l’antica Via della Seta ed è il sito di un complesso buddista che comprende oltre 20 rovine, tra cui templi e oltre 1.000 statue. Il Ministero delle miniere e del petrolio dell’Afghanistan afferma che sono stati trovati segni di insediamenti dell’età del bronzo ancora più antichi sotto i depositi di rame.

Finora, le rovine di Mes Aynak non erano state disturbate da alcuno sviluppo, in gran parte per motivi di sicurezza e questioni contrattuali tra le parti. Abdul Qadeer Mutfi, ex portavoce del ministero delle Miniere e del petrolio, ha detto che la parte cinese ha rinnegato alcuni elementi del contratto in passato, che hanno portato al ritardo nei lavori: ”A quel tempo, la società cinese non stava rispettando gli impegni delineati nel contratto (…) Ad esempio, si sono rifiutati di costruire la linea ferroviaria concordata da Bamiyan, in Afghanistan, al Passo Khyber, in Pakistan.”

Per far funzionare una miniera di rame, il sito avrebbe bisogno di infrastrutture e mezzi di produzione di energia come primi passi. A fine luglio, entrambe le parti hanno dato il via ai lavori sul sito per iniziare la costruzione di una strada, riaccendendo i timori che uno sviluppo senza una gestione adeguata potrebbe avere conseguenze disastrose per l’Afghanistan.

Gli esperti affermano che l’estrazione del rame può causare un grave inquinamento e richiede grandi quantità di acqua, già scarsa in questa regione arida.

La lavorazione di una sola tonnellata di rame genera 200 tonnellate di rifiuti, che possono inquinare gravemente la terra, l’acqua e l’aria, i residenti dipendono dalle falde acquifere e se questi rifiuti non vengono trattati correttamente, potrebbero contaminare l’approvvigionamento idrico, raggiungendo infine il fiume Logar e colpendo metà della popolazione di Kabul, riporta Nikkei.

Negli anni, anche storici e archeologi avevano chiesto che il sito fosse protetto e gli attivisti avevano persino realizzato un film premiato sull’importanza di Mes Aynak. Ora, alcuni temono che la mancanza di competenza tecnica del governo talebano possa aprire l’area a uno sfruttamento dilagante.

L’ambasciata cinese a Kabul ha rilasciato una dichiarazione il 25 luglio, promettendo di proteggere le reliquie culturali: ”La parte cinese è disposta a collaborare con la parte afghana per promuovere senza problemi lo sfruttamento delle risorse minerarie afghane, garantendo al contempo un’efficace protezione delle reliquie culturali, in modo da rendere questo progetto un modello di cooperazione di investimento tra Cina e Afghanistan”, ha affermato nella dichiarazione.

Tuttavia, la mancanza di monitoraggio indipendente è preoccupante; alcuni abitanti del posto si stanno concentrando sugli aspetti positivi per dare una spinta significativa all’economia afgana. 

Necessario ripensare urgentemente la risposta internazionale alla crisi dei diritti umani

OMCT, 15 agosto 2024

La dichiarazione di un gruppo di importanti Organizzazioni umanitarie in occasione del 3° anniversario della presa di potere dei talebani in Afghanistan

A tre anni dalla presa del potere dei talebani in Afghanistan, avvenuta il 15 agosto 2021, noi organizzazioni sottoscritte restiamo allarmate dal fatto che la risposta internazionale al peggioramento delle violazioni dei diritti umani da parte dei talebani, in particolare contro donne e ragazze, sia sempre più inefficace e talvolta persino dannosa.

I talebani hanno imposto politiche draconiane e intrapreso azioni abusive che violano gli obblighi dell’Afghanistan ai sensi del diritto internazionale, incluso il diritto internazionale dei diritti umani. Queste politiche hanno avuto un impatto particolarmente devastante su donne e ragazze, persone LGBTQI+, difensori dei diritti umani e minoranze religiose ed etniche.

Le donne e le ragazze, metà della popolazione in Afghanistan, non affrontano solo la povertà, ma anche una violenza diffusa e sistematica e violazioni dei loro diritti fondamentali, tra cui la libertà di movimento, la libertà di parola e di associazione, la partecipazione alla vita pubblica e l’accesso all’istruzione, al lavoro retribuito e alle pensioni per le vedove di guerra. I talebani hanno sospeso le leggi e smantellato le istituzioni destinate a proteggere le persone che affrontano la violenza di genere. Il divieto dei talebani alle ragazze di studiare oltre la sesta elementare è in vigore da oltre 1000 giorni e l’istruzione universitaria femminile è stata vietata per oltre 500 giorni, rendendo l’Afghanistan l’unico paese al mondo con tali divieti.

Nonostante la condanna internazionale, i talebani continuano a emanare nuovi ordini abusivi, in particolare l’ annuncio del marzo 2024 secondo cui le donne potrebbero essere lapidate a morte come punizione per presunti crimini. Allo stesso tempo, stanno anche intensificando l’applicazione di ordini/editti abusivi esistenti, lasciando gli afghani in un ambiente in cui le regole su ciò che possono e non possono fare si spostano costantemente verso una severità crescente.

Gli afghani che parlano sono a rischio. Gli uomini che non applicano gli editti dei talebani affrontano punizioni

Gli afghani che denunciano gli abusi dei talebani, tra cui i difensori dei diritti umani, in particolare le donne difensori, i manifestanti e i giornalisti, subiscono arresti arbitrari, violenza fisica e sessuale, detenzione arbitraria e a tempo indeterminato, tortura e altri maltrattamenti, e anche le loro famiglie rischiano ripercussioni. Gli uomini che non riescono a far rispettare gli editti dei talebani alle loro parenti donne subiscono punizioni. Le persone LGBTQI+ temono per la propria vita poiché i talebani tollerano, incoraggiano e si impegnano nella violenza contro di loro. Le minoranze etniche e religiose, in particolare la comunità Hazara, subiscono una profonda discriminazione e subiscono attacchi mirati senza alcuna speranza di protezione o assistenza da parte delle autorità.

Molte persone che subiscono persecuzioni rimangono intrappolate e a rischio significativo all’interno del paese. Altri hanno tentato di fuggire, ma sono disponibili pochi percorsi sicuri e legali per raggiungere la sicurezza e il reinsediamento. Molti di loro riescono a trovare un rifugio temporaneo in Pakistan o in Iran, dove i rifugiati afghani affrontano anche un’escalation di abusi, tra cui un rischio elevato e crescente di deportazione nel loro paese d’origine, senza possibilità di chiedere asilo poiché il Pakistan non registra nuovi arrivi.

Una crisi umanitaria in corso complica ulteriormente la situazione. I contributi dei donatori stanno diminuendo rapidamente. Le agenzie umanitarie stanno affrontando livelli intensi di interferenza talebana nel loro lavoro. Le donne e le famiglie guidate da donne sono colpite in modo sproporzionato dalla crisi, in gran parte a causa dei divieti e delle restrizioni talebani all’occupazione femminile in diversi settori, tra cui come operatrici umanitarie.

Il sistema istituzionalizzato di discriminazione dei talebani contro le donne e le ragazze ” costituiva di per sé un attacco diffuso e sistematico all’intera popolazione civile dell’Afghanistan ” — Richard Bennett, relatore speciale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan

Il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan, Richard Bennett, nel giugno 2024 ha affermato che il sistema istituzionalizzato di discriminazione dei talebani contro donne e ragazze ” costituiva di per sé un attacco diffuso e sistematico all’intera popolazione civile dell’Afghanistan “. Ha chiesto al mondo di rispondere attraverso severe misure di responsabilità, tra cui ritenere responsabili i responsabili di crimini contro l’umanità di persecuzione di genere e codificare l’apartheid di genere come crimine ai sensi del diritto internazionale.

Siamo quindi rimasti scioccati dalla decisione delle Nazioni Unite di organizzare il meeting Doha 3 (30 giugno-1 luglio 2024, convocazione di inviati speciali per l’Afghanistan da tutto il mondo per colloqui con i talebani) solo poche settimane dopo, durante il quale le donne afghane e la società civile sono state escluse dal meeting. L’ordine del giorno del meeting non includeva alcun punto sui diritti umani o sui diritti delle donne. Riteniamo che questa decisione delle Nazioni Unite abbia dato ai talebani un’enorme vittoria senza alcun beneficio significativo. Ha tradito le donne afghane che stanno rischiando la vita per combattere per i propri diritti e potrebbe creare un precedente profondamente dannoso sia per la lotta per i diritti umani in Afghanistan sia per l’agenda globale sulle donne, la pace e la sicurezza.

Invitiamo tutti i paesi a unirsi per affrontare con urgenza ed efficacia la catastrofe dei diritti umani in corso in Afghanistan, attraverso misure che potrebbero includere quanto segue:

  • Chiediamo con urgenza alle Nazioni Unite e a tutti gli altri di rispettare la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e di garantire che le donne afghane siano pienamente coinvolte in tutte le discussioni sul futuro del loro Paese;
  • Alla 57a sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (9 settembre-11 ottobre 2024), chiedere la creazione di un nuovo meccanismo di responsabilità internazionale indipendente delle Nazioni Unite, simile a una missione di accertamento dei fatti, per indagare, raccogliere e preservare le prove e facilitare l’accertamento delle responsabilità per i crimini passati e attuali commessi in Afghanistan;
  • Garantire che la Corte penale internazionale disponga delle risorse e della cooperazione necessarie per adempiere al suo mandato in tutte le situazioni di sua competenza, comprese le indagini sulla persecuzione di genere e altri crimini contro l’umanità in Afghanistan, e sollecitare il procuratore della Corte a esaminare i crimini commessi da tutte le parti in conflitto;
  • Sostenere il rinnovo del mandato del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan e aumentare le risorse fornite a questo ufficio;
  • Sostenere il rinnovo della missione UNAMA, mantenendo intatto il suo mandato in materia di diritti umani e il suo personale;
  • Sostenere gli sforzi per portare un caso alla Corte internazionale di giustizia sulla base della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne in merito alle violazioni della Convenzione da parte dei talebani;
  • Sostenere ed esercitare la giurisdizione universale o extraterritoriale a livello nazionale per indagare e perseguire i crimini di diritto internazionale commessi da membri di tutte le parti in conflitto, compresi i talebani, in particolare i crimini commessi contro donne e ragazze;
  • Sostenere gli sforzi per un trattato sui crimini contro l’umanità e prendere seriamente in considerazione la codificazione dell’apartheid di genere come crimine contro l’umanità;
  • Individuare e utilizzare forme di leva che possano influenzare i talebani senza danneggiare il popolo afghano, come sanzioni mirate o divieti di viaggio imposti tramite una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in modo coordinato e vigoroso per porre fine alle violazioni dei diritti delle donne e delle ragazze da parte dei talebani, e chiarire quali misure politiche sono necessarie per la revoca di tali misure;
  • Sostenere il lavoro dei difensori dei diritti umani afghani all’interno del Paese e nella diaspora, politicamente e finanziariamente;
  • Sostenere e aumentare gli aiuti all’Afghanistan, garantendo al contempo che siano erogati secondo principi che evitino di rafforzare e arricchire i talebani e diano priorità all’assistenza ai gruppi emarginati dai talebani, tra cui donne e ragazze, persone LGBTQI+, persone con disabilità e minoranze etniche e religiose;
  • Rafforzare, ampliare e creare percorsi sicuri e legali per fuggire e cercare protezione e reinsediamento per tutti gli afghani che stanno affrontando persecuzioni sotto i talebani, inclusi difensori dei diritti umani, donne e ragazze, persone LGBTQI+ e minoranze etniche e religiose. Considerare tutte le donne e le ragazze afghane che fuggono dall’Afghanistan come rifugiate prima facie ai sensi della Convenzione sui rifugiati del 1951 e del suo Protocollo del 1967 a causa della persecuzione di genere che affrontano, come hanno già fatto un numero crescente di paesi e come raccomandato dal Relatore speciale.

La terribile e sempre più grave crisi dei diritti umani in Afghanistan non è solo un problema per la sua popolazione. Come organizzazioni internazionali per i diritti umani, vediamo chiaramente nel nostro lavoro come la mancanza di una risposta globale significativa agli abusi dei talebani stia minando i diritti umani a livello globale. Vi esortiamo ad agire.

Firmatari:

  1. Amnesty International
  2. Freedom House
  3. Freedom Now
  4. International Federation for Human Rights (FIDH)
  5. Front Line Defenders
  6. Human Rights Watch
  7. MADRE
  8. World Organisation Against Torture (OMCT)
  9. Women’s International League for Peace and Freedom (WILPF)