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Autore: Anna Santarello

APPELLO A SOSTEGNO PER UNA NUOVA CASA E UNA MAGGIORE SICUREZZA PER LE NOSTRE RAGAZZE. (DA AFCECO)

Pubblichiamo l’appello arrivato il 1 dicembre da AFCECO Afghan Child Education and Care Organization

Cari amici di AFCECO,
Dall’anno scorso la situazione in Afghanistan è andata via via peggiorando e la sicurezza ha dei nostri ragazzi è diventata per noi un problema urgente. Dobbiamo spostare il più presto possibile l’orfanotrofio delle ragazze (Mehan Orphanage) in un posto di Kabul più sicuro, e in questo nuovo posto dovremo aumentare i nostri sistemi di protezione. Stimiamo che tutto questo ci costerà circa 75.000 dollari. Stiamo lavorando urgentemente per raccogliere questi soldi e vorrei chiedere il vostro aiuto per aiutarci a spostare le ragazze in una nuova casa.

Ad oggi, il 2015 è stato un anno disastroso per l’Afghanistan, e soprattutto per le donne e le ragazze. L’ISIS e i talebani hanno acquistato più potere e sono dietro alle violenze in ogni angolo del paese. Negli ultimi mesi migliaia di afgani hanno dovuto lasciare la loro casa per cercare salvezza altrove. Soprattutto le donne e le ragazze vivono nel terrore; i fondamentalisti – che siano ISIS o Talebani – lapidano le ragazze e bruciano le scuole femminili. Lo scorso marzo Farkhunda, una giovane di 27 anni, è stata brutalmente linciata dalla folla di Kabul a pochi metri dal Palazzo Presidenziale; più recentemente Rukhushana, di 19 anni, stata lapidata. Pochi giorni fa sono stati uccisi Shokuria di nove anni e nove dei suoi famigliari. Non passa giorno a Kabul senza che accada un episodio violento, con attacchi kamikaze contro tutto ciò che non piace ai talebani.

Anche noi di AFCECO siamo stati per qualche tempo obiettivo di estremisti islamici, che osservano il lavoro che stiamo facendo con le ragazze. Da noi le ragazze hanno un posto sicuro in cui vivere. Qui possono fare sport, seguire corsi di musica, di arte e di letteratura. Alcune di loro hanno viaggiato all’estero , interagendo con altre persone e altre culture. La nostra orchestra si è esibita su grandi palcoscenici negli Stati Uniti e in Europa. I fondamentalisti accusano AFCECO di “occidentalizzare” i bambini, allontanandoli dai valori islamici. E’ stata perfino emessa una fatwa contro AFCECO.

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Report dell’ONU: sono almeno 848 le vittime civili afghane a Kunduz

Rawa News dal sito Reuters – 12 dicembre 2015

hospital kunduz post us airstrike 300x169L’Ospedale di Medici Senza Frontiere in Afghanistan. (Foto: AFP)

Il rapporto documenta la scarsità di cibo, la mancanza di elettricità, i saccheggi e le accuse di violazioni dei diritti umani da parte di combattenti di entrambe le parti, così come da altri uomini armati che hanno approfittato del caos.

Almeno 848 civili afgani sono stati uccisi o feriti in seguito ad un attacco dei talebani nella città settentrionale di Kunduz nel mese di settembre, secondo un rapporto delle Nazioni Unite che dettaglia le gravi condizioni sopportate dai residenti nel corso di due settimane di combattimenti.

Il numero di 289 morti e 559 feriti include almeno 30 morti e 37 feriti dovuti all’attacco aereo americano sull’ospedale gestito da Medici Senza Frontiere; questo è ciò che dichiara la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) in un rapporto.

Questi numeri potrebbero aumentare con la disponibilità di ulteriori informazioni. Indagini approfondite non sono stati possibili a causa delle condizioni di insicurezza a Kunduz.

A parte le perdite dovute al raid aereo del 3 ottobre, la maggior parte delle vittime sono state causate da piccole armi da fuoco o esplosivi utilizzati durante violenti combattimenti nelle zone residenziali.

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Kandahar, talebani all’attacco delle basi aeree

Blog di E. Campofreda – 10 Dicembre 2015

Kandahar 150x150La propaganda della forza – L’aeroporto di Kandahar, nell’omonima provincia, è una delle otto basi militari (le altre sono Kabul, Bagram, Camp Marmal, Herat, Mazar-e-Sharif, Jalalabad, Khost) nelle quali l’esercito statunitense mantiene i suoi 13.000 soldati, più o meno mercenari. Questa base martedì notte è stata al centro d’un nuovo attacco in grande stile della guerriglia talebana che ha fatto settanta vittime fra agenti, militari e civili afghani, perdendo nell’assalto nove uomini.

Ha poi preso diversi ostaggi, tuttora trattenuti in alcuni edifici. I Taliban, camuffati con uniformi dell’esercito locale, hanno anche dato fuoco ad abitazioni degli ufficiali. Secondo un comunicato governativo ripreso da Al-Jazeera le forze armate afghane, nel cercare di riprendere il controllo dell’aeroporto, si stanno muovendo con cautela per non porre a repentaglio la vita dei catturati.

L’assalto sembra essere un nuovo messaggio alla leadership interna che, col presidente Ghani, partecipa alla conferenza regionale denominata “Cuore dell’Asia” in corso a Islamabad. Un incontro che discute della possibilità di rilanciare un dialogo di pacificazione coi talebani. Ovviamente con chi ci sta. I colloqui, sponsorizzati da Nawaz Sharif s’erano arenati a luglio, dopo l’ufficializzazione della notizia sulla morte del mullah Omar, tenuta segreta dal 2013 per non incrinare i precari equilibri di “famiglia”.

Kandahar02 300x167Famiglia rissosa – I timori che la galassia talebana, già da un anno soggetta a turbolenza per la scomparsa di altri leader (Haqqani senior era il più noto), potesse implodere è diventata realtà e alla dissidenza dei Tehreek-i-Taliban si sono aggiunti altri frazionamenti. Dovuti alla designazione del nuovo capo nella persona del mullah Mansour proveniente dalla tribù Alizai Pashtun; cui s’è opposto l’ex recluso di Guantanamo Abdul Qayyum Zakir, anche lui dell’etnìa Alizai Pashtun, coadiuvato da Mansour Dadullah della tribù Kakar e dal mullah Baz Mohammed, della tribù Noorzai.

Quest’ultime notizie provengono da una fonte aggiornata come Ahmed Rashid, il giornalista pakistano che studia da oltre un ventennio i gruppi talebani. Alla conflittualità varia espressa da più d’una corrente dei turbanti s’è aggiunto da circa un anno il disegno dell’Isis che cerca alleati e adepti in terra afghana.

In realtà le terre interessate sono alcune province afghane del nord, aree del Turkmenistan e il confine nord-occidentale pakistano, che andrebbero a creare la cosiddetta provincia del Khorasan alla cui guida i messi dell’Isis hanno posto un comandante talebano dissidente: Saeed Khan. Dopo la morte del suo vice, mullah Khadim, freddato da un drone statunitense nell’Helmand meridionale, si è assistito a due fenomeni: un reclutamento individuale di miliziani, incentivato a suon di dollari, e il cambio di bandiera dei guerriglieri uzbeki che si battevano a fianco dei talebani.

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Come la cooperazione italiana è stata imbrogliata dalla parlamentare Fawzia Koofi

Rawa.org – 6 dicembre 2015 di Hijatullah Darwazi

RAWALogo2 150x150Il report di RAWA (Revolutionary Association of Afghan Women) denuncia le attività delle deputate afghane Fawzia Koofi, di sua sorella Mariam Koofi e dell’intera famiglia. RAWA denuncia la presenza nel Parlamento Afghano di personaggi coinvolti in traffico di droga e responsabili di detrazione di fondi, anche quelli stanziati dalla Cooperazione Italiana. Il CISDA pubblica una sintesi in italiano del documento e il link al testo originale disponibile sul sito di RAWA

 

La deputata afgana, Fawzia Koofi, è il cosiddetto rappresentante del popolo di Badakhshan, ma in realtà rappresenta i signori della droga e abusa della sua posizione di parlamentare per gestire i suoi traffici di droga.

Fawzia Koofi, figlia di Abdul Rahman, è del quartiere Koofab della provincia di Badakhshan, nel nord dell’Afghanistan. […] Il padre di Fawzia, i fratelli e altri membri della famiglia non sono stati associati con correnti politiche specifiche o fronti dei regimi precedenti. Erano e sono tuttora un gruppo di opportunisti che si sono prontamente adattati ai regimi che cambiano. Una volta sostengono i partiti jihadisti ‘e in un altro momento diventano “i difensori dei diritti delle donne” e “pro-democrazia”.
La deputata afgana, Fawzia Koofi, è il cosiddetto rappresentante del popolo di Badakhshan, ma in realtà essa rappresenta i signori della droga e abusa suo posto di parlamentare per condurre la sua nave nel mare della mafia. […]

FK 01 150x150Fawzia Koofi

La maggior parte dei membri della famiglia Koofi sono trafficanti di droga e violatori dei diritti umani. Il loro potere si basa sulla forza del loro denaro, sulle armi, e sul sostegno delle loro sorelle sedute in parlamento, Fawzia Koofi e Mariam Koofi. Escludendo i due momenti in cui, nonostante molte telefonate Fawzia Koofi non ha potuto salvare i suoi fratelli dalla prigionia quando furono arrestati per traffico di droga, le due sorelle hanno utilizzato sempre con successo i loro potenti contatti per proteggere i loro fratelli nella loro attività nel traffico della droga e in altri reati. […]

Fawzia Koofi, una donna dai mille volti, sui media indossa la maschera della democrazia perché questo è ciò di cui i suoi padroni hanno bisogno in questo momento. Ha tessuto bugie sulle sue cosiddette lotte femministe in un libro che vuole ingannare gli occidentali che non sono informati sulla situazione dell’Afghanistan e dei suoi tradimenti. Quando Fawzia racconta di Faizabad (capitale della provincia di Badakhshan) loda il leader fondamentalista e misogino di Jamiat-e-Islami, Burhanuddin Rabbani, il cui partito è stato implicato in crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani, e gode della compagnia del generale Nazir Ahmad , il capo della polizia di Badakhshan, che è stato accusato di innumerevoli casi di accaparramento del territorio e di stupro.

Mariam Koofi, la sorella di Fawzia Koofi, è il suo partner nei crimini commessi ed è stata accusata di attività illegali e mafiose. […]

FK 02 150x150Mariam Koofi

Il 20 agosto 2014, Noor Ahmad detto Mawlavi Abdul Rab, il capo del consiglio provinciale di Badakhshan e il cognato di Fawzia, è stato arrestato con 294 chilogrammi di oppio a Keshim, distretto di Badakhshan. Due fratelli sono stati arrestati mentre contrabbandavano droga e sono attualmente in carcere. Altri fratelli, Enayatullah Koofi, Mujib-ul-Rahman Koofi, e Nadir Shah Koofi, sono i più famosi capi mafiosi del distretto di Darwaz.

Come tutti i narco-criminali, Fawzia Koofi è entrata nel parlamento con il sostegno dei narcotrafficanti, attraverso corruzione e brogli durante le elezioni.

Haji Juma, un noto trafficante di droga del distretto di Drime del Badakhshan – in testa al primo turno delle campagna elettorale di Fawzia Koofi – era riuscito a garantirle 1600-1800 falsi voti. Dopo qualche tempo è stato arrestato con 20 pacchetti di eroina ad un posto di controllo della polizia a Kunduz e trasferito a Kabul, ma è stato rilasciato presto con il suo aiuto.[…]

La regione Darwaz si trova lungo il fiume Oxus al confine con il Tagikistan. La regione collega la parte superiore di questa provincia al Badakhshan centrale. I cinque distretti della regione, tra cui Koofab e Khahan che sono i più importanti, rappresentano un corridoio di sicurezza per la famiglia di Koofi e sua rete mafiosa. I vasti profitti guadagnati su questo confine, dal contrabbando di armi, di droghe e di bevande alcoliche, si riversano nelle tasche di questa famiglia.

FK 03 150x150Nadir Shah Koofi

Questi cinque distretti sono corridoi molto importanti per l’importazione e l’esportazione di merci da e verso la Russia e l’Europa, e così la famiglia Koofi ha stretti legami con i contrabbandieri del Tagikistan e della Russia. Questa posizione di forza ha dato a Fawzia Koofi e ai suoi fratelli una reputazione tra i boss della mafia come Qasim Fahim, Gul Agha Shirzai, Zahir Qadir e altri mafiosi, e dà a questa famiglia l’opportunità di collocare le proprie persone tra i funzionario di alto grado, utilizzare gli elicotteri governativi, avere mano nelle ONG e nelle imprese di costruzione, e di vincere bandi per progetti redditizi. […]

Proteste dei residenti della regione di Darwaz contro la famiglia di Fawzia Koofi

Ogni anno, la Regione Darwaz testimonia almeno uno o due proteste della popolazione contro i fratelli di Fawzia Koofi a causa della loro oppressione. Malgradi i lauti guadagni sulla regione, sono coinvolti in atti di violenza contro le donne e di disonore delle persone.

Mujib-ul-Rahman, il fratello di Fawzia, una volta ha rapito una donna e l’ha condotta in questa regione. Nonostante le lamentele da parte della gente, né i funzionari della sicurezza, né l’amministrazione del distretto ha posto attenzione al caso. […]

Casi di appropriazione indebita di Koofi

Fawzia ha ottenuto aiuti di emergenza dalle ambasciate e dalle agenzie straniere per terremoti, inondazioni e a sostegno di vittime di valanghe e ha inviato questi aiuti alle zone dove ha ricevuto la maggior parte dei suoi voti. […]

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PALERMO, CITTADINANZA ONORARIA AD ABDULLAH ÖCALAN -12-13-14 Dicembre Mobilitazione

UIKI Onlus

Ocalan 300x13812-13-14 Dicembre Mobilitazione con la Resistenza del Popolo Curdo, contro la guerra e il terrore

Il 14 Dicembre 2015 il presidente curdo Abdullah Öcalan verrà insignito della cittadinanza onoraria di Palermo.

Di fronte ai venti di guerra e di terrore che soffiano in Europa, dopo i sanguinosi attentati di Ankara, Beirut, dell’aereo russo sul Sinai e di Parigi, è indispensabile mobilitarsi per opporsi a questa spirale di violenza, di razzismo e di propaganda militarista.

Dobbiamo sostenere con forza la resistenza del popolo curdo contro il terrorismo dell’Isis e denunciare che, da sempre, la guerra e il terrore sono opera degli Stati. L’Isis, infatti, non è altro che un prodotto dei paesi occidentali per imporre il proprio dominio sui popoli e sulle risorse del Medio oriente.

Il comitato Palermo Solidale con il Popolo Curdo invita i movimenti sociali, i comitati No Muos e tutti coloro i quali amano la libertà, a partecipare alle seguenti iniziative:

Sabato 12 Dicembre – CORTEO Contro la guerra e il terrorismo, con la Resistenza curda (in occasione dell’anniversario della strage di piazza Fontana) ore 16.00 Piazza Teatro Massimo

Domenica 13 Dicembre – ASSEMBLEA con Ebru Gunay avvocato di Öcalan e Ozlem Tanrikulu membro del Consiglio Nazionale Curdo ore 17.00 circolo Arci “Porco Rosso” – Piazza Casa Professa, 1

Lunedì 14 Dicembre – CERIMONIA di Conferimento della cittadinanza onoraria ad Öcalan ore 10.00 Sala consiliare Palazzo delle Aquile – Piazza Pretoria

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Turchia: Nel 2015 hanno perso la vita 523 persone nei conflitti in atto

UIKI Onlus – 11/12/2015

LogoIHDL’Associazione dei Diritti Umani (IHD) e la Fondazione dei Diritti Umani di Turchia (TIHV) hanno pubblicato la relazione annuale sulla violazione dei diritti per il 2015.

 

 

 

 Secondo il rapporto dell’anno 2015 dei diritti umani in Turchia:

  • In un anno in totale 523 persone sono morte, di cui 171 erano soldati, polizia o ranger; 195 militanti di diverse organizzazioni e 157 civili.
  • Tra il 1 Gennaio ed il 5 Dicembre 2015, 6.744 persone sono state fermate in detenzione provvisoria e 1.285 persone sono state arrestate.
  • Negli attentati suicidio a Diyarbakır, Suruç ed Ankara 138 persone sono morte e più di 929 persone sono state ferite.
  • 19 persone sono state assassinate tra cui anche Tahir Elci, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Diyarbakir, ucciso il 28 Novembre.
  • feminicidio di nuovo in aumento: 282 donne sono state uccise in un anno.
  • 17 sindaci sono stati arrestati; 15 sindaci sono stati deposti e poi 9 dei quali sono stati arrestati.
  • 4 persone hanno perso la vita durante la detenzione provvisoria.
  • Più di 28 persone hanno perso la vita per vari motivi, nelle carceri.
  • 33 persone hanno perso la vita durante il servizio militare obbligatorio.
  • 5 persone sono morte e 22 persone sono state ferite gravemente a seguito dell’esplosione di mine e di bombe.
  • 1.593 lavoratori hanno perso la vita in seguito a omicidi sul lavoro fino al 1 Dicembre 2015.
  • Più di 16 rifugiati e richiedenti asilo hanno perso la vita e 160 persone sono state ferite (con tortura o colpo di armi da fuoco).
  • Nel 2015, 432 edifici dei partiti; tra cui 417 dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli); 11 dell’AKP (Partito di Giustizia e di Sviluppo) e 4 del CHP (Partito Repubblicano dei Popoli) hanno subito degli attacchi.
  • Solo nelle giornate del 6-8 Settembre 2015 più di 100 edifici dell’HDP hanno subito degli attacchi simultanei e sistemici.

La Turchia della licenza d’uccidere

Dal Blog di Enrico Campofreda – 4 dicembre 2015

esercitoturcoMentre l’attenzione internazionale è concentrata sull’attacco che il presidente Erdoğan ha ricevuto dal Gotha militare russo per i presunti traffici di petrolio a vantaggio della famiglia prima che della Turchia, la situazione repressiva nel Paese continua a segnare uno stato d’estrema tensione e di morte.

Verso chiunque ponga il desiderio di libertà, democrazia, autodeterminazione, si chiami Elçi (l’avvocato dei diritti recentemente assassinato) o Dündar e Gül (i giornalisti incarcerati) oppure siano sconosciuti attivisti kurdi e semplici abitanti dei villaggi del sud-est. Da mesi coprifuoco e occupazione militare vigono in moltissime province.

Ultimamente la presenza oppressiva dell’esercito è tornata a Nusaybin e nell’area di Mardin, nei sobborghi di Diyarbakır (Cevatpaşa, Fatihpaşa, Dabanoğlu, Hasırlı, Cemal Yılmaz, Savaş). Durante i funerali dell’avvocato-attivista, freddato da sconosciuti sotto il minareto delle “quattro gambe”, sono stati attuati filtri sui bus che si recavano a Diyarbakır per limitare la partecipazione popolare.
Ciononostante in cinquantamila hanno dato l’ultimo saluto a Elçi.

Sempre in questa città, che subisce il quinto coprifuoco in tre mesi, proseguono scontri con le forze dell’ordine e mercoledì un tredicenne e una donna sono stati uccisi da colpi d’arma di fuoco, dopo che dalle cinque del mattino del 1° dicembre il centro subiva l’ennesima invasione di blindati, tank e carri armati. La polizia ha definito il ragazzo un “terrorista” e lasciato a lungo il cadavere in terra.

Nonostante accanto giacessero tre feriti, gli agenti impedivano l’ingresso delle ambulanze per i soccorsi nel quartiere Sur. Com’era già accaduto la situazione degli abitanti s’aggrava di fronte a fasi di coprifuoco totale (ventiquattr’ore al giorno) che non consentono a nessuno l’uscita dalle abitazioni, mettendo in difficoltà persone affette da malattie che necessitano di assistenza e cura.

Di fatto ogni sorta d’attività, dal lavoro all’approvvigionamento alimentare, resta bloccata. Ancora una volta i cittadini, rinchiusi forzatamente, hanno dato vita alla protesta delle pentole, rumoreggiando da finestre e balconi che sono, comunque, stati fatti oggetto di colpi d’arma da fuoco. Alcune persone, colpite e ferite sono state condotte all’ospedale e lì raggiunte e arrestate da agenti in borghese.

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Afghanistan, la Cia conduce una guerra fantasma servendosi di una milizia sanguinaria.

Agenzia Nova – Finestra sul mondo – Washington, 04 dicembre 2015

Mesi dopo l’annuncio della conclusione delle operazioni militari in Afghanistan da parte dell’amministrazione Obama, la Central Intelligence Agency statunitense (Cia) prosegue una “guerra fantasma” nell’est del paese, dove coordina una unità di combattenti battezzata “Forza di protezione di Khost”. La “Washington Post”, sulla base di testimonianze locali e documenti riservati, dedica un articolo ai presunti crimini e alla violazioni dei diritti umani di questa unità paramilitare, accusata di uccidere civili, praticare la tortura, condurre arresti arbitrari e ricorrere a un uso eccessivo della forza in controversi raid notturni.

La “Washington Post” ricostruisce una di queste operazioni, effettuata a Tor Ghar, al confine col Pakistan, una notte dello scorso settembre. L’unità d’elite afgana e i suoi supervisori della Cia hanno fatto irruzione in un centro abitato col volto celato alla ricerca di militanti di un gruppo vicino ai talebani. Uno degli abitanti, che ha testimoniato l’episodio al quotidiano Usa, sostiene che il commando abbia ucciso sul posto suo padre quando questi è andato ad aprire loro alla porta, e sua madre, lanciando una granata all’interno dell’edificio. L’articolo riporta testimonianze di almeno sei episodi simili, tutti risalenti all’ultimo anno, e cita documenti e carte giudiziarie dell’unica causa legale intentata contro la milizia guidata dalla Cia, dopo che uno o più membri dell’unità hanno ucciso un ragazzino 14 enne.

Diverse testimonianze riferiscono che alcuni degli uomini armati che conducevano gli attacchi parlavano inglese ed erano accompagnati da traduttori, ad indicare che alcuni dei responsabili di questi crimini sarebbero agenti statunitensi. Il portavoce della Cia, Dean Boyd, ha scritto in un comunicato che l’agenzia “ha intrapreso passi significativi per assistere il Direttorato per la sicurezza nazionale afgano a verificare le accuse di violazione dei diritti umani”. Il direttorato – sottolinea la “Washington Post” – è l’organismo afgano nominalmente a capo della Forza di protezione di Khost. “Il nostro obiettivo è sempre quello di migliorare le capacità e la professionalità delle nostre controparti estere”, recita il comunicato, che però non menziona nessuna delle accuse mosse all’unità né le responsabilità dirette della Cia. (Sit)

L’accordo con la Turchia è una vergogna targata UE.

Dinamo press, di Resistenze Meticce – 03 Dicembre 2015*

Domenica 29 novembre l’Unione Europea ha siglato una nuova dichiarazione di guerra ai rifugiati, ai diritti umani e alla democrazia. I leader europei concederanno ad Erdogan 3 miliardi di euro (iniziali), la promessa di liberalizzare i visti di ingresso dei cittadini turchi e la possibilità di fare dei passi in avanti nel processo di adesione del paese. In cambio, chiedono alla Turchia un maggiore impegno nel contrasto dei flussi di rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia, in particolare dalla Siria, che dalla scorsa primavera hanno percorso in massa la rotta balcanica diretti verso i paesi dell’Europa del Nord.

Questo accordo è il trionfo della strategia del presidente turco, che in tutti questi mesi ha deliberatamente permesso il transito di migliaia di persone verso il vecchio continente allo scopo di aumentare il suo potere contrattuale e strappare finanziamenti e sostegno politico. Ancora una volta, i governi europei hanno deciso di affrontare il fenomeno delle migrazioni internazionali in un’ottica miope: evitando rigorosamente di agire sulle cause che lo producono in forma così massiva (guerre, povertà, mancanza di diritti, catastrofi climatiche), ma spostando semplicemente la frontiera un po’ più in là. In aggiunta alle recinzioni di filo spinato e ai muri spuntati come funghi dalla Macedonia all’Ungheria, fino alla Slovenia, l’UE ha deciso di trasformare la Turchia in un’immensa zona di permanenza temporanea a ridosso delle sue frontiere esterne. Questo paese da un lato ostacolerà il viaggio di chi vuole raggiungere l’Europa, dall’altro diventerà il luogo in cui deportare chi è riuscito a entrare nello spazio Schengen ma non ha ottenuto la protezione internazionale, e risulta quindi un “migrante economico”. L’accordo è anche un passo in avanti verso l’esternalizzazione dell’asilo: quel meccanismo che confinerebbe nei paesi terzi la procedura di richiesta della protezione internazionale, impedendo a monte l’ingresso di chi non rientra nella figura giuridica del rifugiato.

Torneremo sui dettagli tecnici e giuridici dell’accordo in un altro momento. Qui ci interessa analizzarne le conseguenze politiche, che sono gravissime su due fronti.

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Dentro Haseke: il progetto Rojava oltre il popolo kurdo.

NENA News – 2 dicembre 2015 – di Silvia Todeschini – dal blog Resistenza Quotidiana

DSC 0656 1024x682Nella città a nord della Siria, l’unica a maggioranza araba nel cantone di Cizre, hanno trovato rifugio persone di etnie e religioni diverse, in passato e oggi. Ma anche qua trova spazio il confederalismo democratico teorizzato da Ocalan.

Haseke (Siria), 2 dicembre 2015, Nena News – Haseke è una città abbastanza grossa, o almeno, la più grossa della zona. Però se chiedo quanti abitanti ci sono, non lo sa nessuno con esattezza, è la guerra, è fatta così: c’è gente che parte, gente che arriva, non sai mai quanti sono perché arrivano da ogni dove e poi altri partono in continuazione. Si dice, comunque, qualche centinaia di migliaia.

Oltre che essere grossa, Haseke è una città che racchiude diverse etnie, culture, religioni e tradizioni. Non solo perché appunto ad Haseke trovano rifugio profughi provenienti da tutta la Siria, ma anche per come è nata e per quella che è la sua storia. Sono arrivata ad Haseke, l’unica città a maggioranza araba nel cantone di Cizre, con la volontà di capire come il sistema del confederalismo e autonomia democratiche venisse applicato da etnie che non fossero curde, o in collaborazione con etnie e culture non curde. Ed ecco, un paio di cose le ho viste, queste posso raccontarvi.

Haseke è attraversata da est a ovest dal fiume Khabur e per lungo tempo la parte a nord è stata sotto controllo delle forze del Rojava, mentre la parte a sud sotto controllo dell’ISIS. Al centro, da entrambe le parti del fiume, alcuni quartieri sono sotto controllo dello Stato siriano. Da pochi mesi ISIS è stato ricacciato più a sud, fuori dalla città, e rimangono alcuni quartieri al centro sotto controllo dello Stato siriano.

Il mercato principale di Haseke è in una zona sotto controllo dello Stato siriano. Ci sono i venditori di stoffe o frutta e verdura, e molti dei negozi chiusi hanno dipinta una bandiera siriana sulla saracinesca. Hejar dice che è perché mesi fa, se i proprietari non la dipingevano, i soldati dell’esercito siriano perquisivano e danneggiavano il negozio: in effetti, è abbastanza buffo vedere come tutte le saracinesche dei negozi chiusi siano dipinte esattamente allo stesso modo nei quartieri sotto controllo del governo siriano, è abbastanza ovvio che non sia un’azione spontanea. Al di là delle saracinesche e della presenza di qualche soldato, è piuttosto difficile per uno che non sia della zona riconoscere le zone sotto controllo dell’esercito Statale o delle Ypg-Ypj, perché non ci sono confini segnati o posti di blocco visibili.

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