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Autore: Anna Santarello

I criminali che ci governano sono i responsabili del brutale assassinio di Farkhunda.

Malalai Joya – 26 marzo 2015

murder of farkhundaLa scioccante brutalità e la giustizia sommaria dell’omicidio della ventisettenne Farkhunda nel centro di Kabul hanno scioccato il mondo e spezzato i cuori di tante persone. Farkhunda è stata accusata di aver bruciato il Corano ed è stata selvaggiamente picchiata a morte da un branco di malviventi ignoranti e il suo corpo è stato bruciato pubblicamente.

Io credo che la brutalità e la barbarie contro Farkhunda non siano una caso ma piuttosto un’azione premeditata fatta da degli sporchi fanatici religiosi come Sayyaf e Ismael Khan e altri criminali misogini  per mostrare il loro potere e terrorizzare la gente specialmente le donne, ricordando loro le lotte intestine degli anni ’90 tra le bande fondamentaliste a Kabul nelle quali furono uccise più di 70.000 persone. Hanno usato un gruppo di giovani ignoranti ed emotivi per eseguire i loro scopi malvagi, ma in realtà sono stati sconfitti malamente dall’unione del nostro popolo e dalle vaste proteste contro quest’atto disumano.

I veri criminali di questa tragedia non sono dei farabutti come Sharf Baghlany ma quelli che siedono nel palazzo presidenziale e che sono sostenuti dagli Stati Uniti e dai loro alleati da 14 anni.

Questa è la ragione per cui le forze di sicurezza e la polizia non erano solo spettatori ma coinvolti nel crimine. Quando il Ministro del’Interno è un criminale come Abdul Haq Olomi e tutte le importanti istituzioni di sicurezza sono occupate da orrendi signori della guerra, è semplicemente assurdo aspettarsi sicurezza e di liberare le donne dalle grinfie di questi misogini.

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Afghanistan, altro che ritiro: 10mila marine restano nel 2015

Giuliano Battiston – 25 marzo 2015 – Il Manifesto

400x225 302802Obama ci ha ripen­sato. «Circa die­ci­mila sol­dati ame­ri­cani rimar­ranno in Afgha­ni­stan per tutto il 2015». È quanto annun­ciato ieri dal pre­si­dente degli Stati Uniti nella con­fe­renza stampa alla Casa Bianca con l’omologo afghano, Ash­raf Ghani da alcuni giorni negli Stati Uniti per la sua prima visita da quando si è inse­diato, il 29 set­tem­bre scorso. Ad accom­pa­gnarlo c’è il quasi «pre­mier» Abdul­lah Abdul­lah, con cui con­di­vide la lea­der­ship di un governo di unità nazionale.

Nei giorni scorsi i due hanno incon­trato i più alti espo­nenti dell’amministrazione Obama: il segre­ta­rio di Stato John Kerry, il segre­ta­rio alla Difesa Ash­ton Car­ter, il segre­ta­rio al Tesoro, il capo della Cia, i fun­zio­nari del Dipar­ti­mento di Stato. In primo luogo per bat­tere cassa.

E Car­ter ha pro­messo infatti che chie­derà al Con­gresso i soldi neces­sari per man­te­nere i 350.000 mem­bri delle forze di sicu­rezza afghane fino al 2017.

Ma gli incon­tri ser­vono anche a rista­bi­lire e mostrare pub­bli­ca­mente un clima di reci­proca fidu­cia. Sin dal primo giorno dal suo inse­dia­mento, Ghani ha cer­cato di rime­diare agli strappi del suo pre­de­ces­sore, Hamid Kar­zai, che ha chiuso la pre­si­denza spa­rando a zero sull’alleato ame­ri­cano. Non a caso, uno dei primi atti di Ghani è stata la firma del trat­tato bila­te­rale di sicu­rezza con gli Stati Uniti, la cor­nice giu­ri­dica da cui dipende la pre­senza delle truppe ame­ri­cane in Afghanistan.

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La giornata internazionale della Donna nel Centro di Formazione Professionale di OPAWAC (Organization Promoting Afghan Women Capability)

OPAWAC – 17 marzo 2015

58 opawc women da 2015.jpgLa giornata internazionale della Donna, l’8 marzo, è una data ricorrente nel calendario dei gruppi femminili in tutto il mondo, quando le donne si uniscono e fanno sentire le loro voci sulla solidarietà, reclamando la pace, l’eguaglianza ed i diritti umani.

La celebrazione del giorno internazionale della Donna è un’importante opportunità per far crescere la consapevolezza dell’uguaglianza di genere e delle questioni che le comunità locali devono fronteggiare, includendo come potrebbero svolgere un ruolo più importante nel produrre cambiamenti nello loro stesse vite e contribuire ad uno sviluppo sostenibile nella loro società.

In Afghanistan il governo celebra la giornata internazionale della Donna ed anche le istituzioni locali tengono delle celebrazioni.

OPAWAC ha celebrato l’8 marzo nel cortile del Centro di Formazione Professionale. L’evento è stato preparato interamente dalle studentesse.  Sono state presentate alcune poesie, testi ed opere teatrali.

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Il documento della delegazione CISDA alla XX Giornata della Memoria e dell’Impegno organizzata da Libera a Bologna

Simona Cataldi – CISDA – 21 marzo 2015

IMG 20150322 WA0007 300x225ANTIMAFIA SOCIALE E DIRITTI UMANI IN AFGHANISTAN

21 marzo 2015 – Ringraziamo Libera per averci invitate e per averci dato la possibilità di dare il nostro piccolo contributo ad un’iniziativa così importante e significativa quale la XX Giornata della Memoria e dell’Impegno.

Il Cisda si occupa di Afghanistan dal 1998, quando ancora c’erano i talebani. Siamo tutte volontarie. Ogni anno abbiamo svolto missioni in loco per monitorare la situazione del paese direttamente e senza filtri a fronte dell’intervento della comunità internazionale che chiama in causa anche l’Italia e gli italiani.

Con 15 anni di attivismo alle spalle, abbiamo individuato interlocutori affidabili e seri (esponenti della società civile, associazioni, partiti politici, onlus locali…), abbiamo verificato il grandissimo lavoro sociale e politico che portano avanti nel marasma delle oltre migliaia di organizzazioni non governative che sono state fondate con l’unico scopo di recepire gli ingenti finanziamenti (oltre 25miliardi di dollari) arrivati nell’Afghanistan post talebano e che fanno capo a signori della guerra e signori della droga che, purtroppo, ancora oggi giocano un ruolo fondamentale, chiave, all’interno del paese.

Dobbiamo ringraziare doppiamente Libera perché questo dibattito ci permette non solo di riaccendere i riflettori sulla situazione del paese, ma anche con un focus particolare sulla GIUSTIZIA. Un tema che ci sta molto a cuore e che abbiamo seguito da vicino anche perché è stata l’Italia che per anni e con milioni e milioni di euro, si è occupata come lead country della riforma del sistema giudiziario afghano.

Come storia insegna, fare i conti con il passato è la condizione sine qua non per il raggiungimento di risultati concreti nell’ambito della ricostruzione del tessuto sociale, economico e politico nonché delle trattative di riconciliazione di qualsiasi paese in via di sviluppo che esce da decenni di guerra e dittature. 

Paradossalmente, ma non casualmente, dalla Conferenza di Bonn del 2001 ad oggi si è sempre e solo posto l’accento su STABILITÀ e SICUREZZA ma mai sulla giustiza.E la Sicurezza e la Stabilità ancora precarie sono state le ragioni a monte della proroga annuale dell’impegno internazionale nel paese. 

La Giustizia è la questione dimenticata  della Transizione in Afghanistan” e la chiave di lettura per capire quali sono le ragioni che sottendono all’attuale situazione del paese.  Secondo la denuncia di Transparency International, un’associzione non governativa fondata nel 1993 a Berlino che si occupa di casi di corruzione, l’Afghanistan è  uno dei paesi più corrotti al mondo e sta precipitando verso una crisi politica devastante che sancisce irrimediabilmente il fallimento fattivo della Transizione a guida internazionale.

Ancora, secondo Transparency International “ufficialmente gli Stati Uniti hanno vagliato apposite misure anti-corruzione, ma nello stesso tempo,  hanno protetto gli ufficiali accusati di corruzione ma giudicati essenziali all’impegno bellico.  Stupri, rapimenti, omicidi e torture possono essere coperti e persino legittimati purchè ci si renda utili alla causa. Una specie di realpolitik in base alla quale si sceglie di sacrificare ciò che è giusto (perseguire legalmente i criminali) in nome di ciò che è necessario (combattere e sconfiggere il tanto dissacrato terrorismo).

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Comunicato di Hambastagi: se non ci ribelliamo insieme, molte altre Farkhunda verranno immolate nell’inferno del fondamentalismo!

Partito Afghano della Solidarietà (SPA) – 23 Marzo 2015

1076 farkhunda afghan girl was burned eng 350x257Ancora una volta è stata commessa una feroce atrocità contro una donna, a non più di un chilometro di distanza dal palazzo presidenziale, che ha scioccato tutti coloro che hanno una coscienza. A soli 28 anni, Farkhunda è stata picchiata a morte, il suo corpo è stato bruciato, alla pesenza di una polizia inerme, con l’accusa poi rivelatasi infondata di aver bruciato una copia del Corano. Questo atto disumano è stato pubblicamente approvato dal Mullah Niazi, da Simin Ghazal Hasanzada, da Hashmat Stanikzai, da Zalmai Zabuli, da una serie di funzionari del Governo, criminali e ignoranti.

La perfidia di questi criminali è nota da decenni alla maggior parte della nostra gente. Per questo la reazione a questo crimine di stampo nazista è stata immediata, costringendo il governo Abdullah-Ghani a vergognarsi per il loro silenzio.

La morte crudele di Farkhunda non è stata occasionale, ma il prodotto di una sotto-cultura che si è andata affermando negli ultimi 14 anni, incoraggiata da chi ha governato il paese. Farkhunda stata massacrata per affermare la brutalità della jihad e dell’Islam, per mantenere sotto il giogo della paura il popolo afghano.

Sotto la pressione delle proteste che si sono spontaneamente svolte nel Paese, il governo – da sempre incapace di garantire un minimo di sicurezza – ha arrestato un certo numero di criminali coinvolti nel caso. Ma il nostro popolo, che ha più volte assistito a tragedie altrettanto sconvolgenti, sa bene che gli assassini di Farkhunda, e delle molte altre Farkhunda, non avrebbero potuto commettere questi crimini efferati senza il sostegno e la benedizione dei criminali che stanno al Governo. L’aberrante Sharaf Baghlani, che ha vantato con orgoglio il suo coinvolgimento nel massacro di Farkhunda, è un noto membro di Jamiat-e-Islami, il partito fondamentalista di Burhanuddin Rabbani, finanziato e sostenuto dalla CIA e dai servizi segreti pakistani (ISI). Come è noto, questo partito è spesso associato alle forze di sicurezza governative.

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Sepolta a Kabul la donna afghana linciata dalla folla

Associated Press – 22 marzo 2015

 81899272 81899271 copyProteste contro la polizia afghana che non si è mossa durante l’uccisione della 27enne Farkhunda uccisa dalla folla che l’ha picchiata a morte, ha gettato il suo corpo alle fiamme ed i suoi resti nel fiume.

Una donna afgana che è stata picchiata a morte dalla folla è stata sepolta a Kabul. La sua bara è stata portata da attivisti per i diritti delle donne. Centinaia di persone si sono riunite nel nord della capitale per i funerali della 27enne Farkhunda, che come molti afghani è conosciuta con un solo nome.

Un ricercatore dice che la giovane donna era innocente delle accuse mosse dalla folla.
È stata uccisa Giovedi per lo più da una folla di uomini che l’ha picchiata, dato il suo corpo alle fiamme e poi l’ha gettata nel fiume di Kabul, secondo i racconti della polizia.

Il Presidente Ashraf Ghani ha condannato l’uccisione di Farkhunda come un “attacco efferato”. Le autorità stanno ancora indagando sui motivi dell’omicidio. A seguito delle accuse alla polizia di non aver fatto nulla per fermare l’attacco omicida, Ghani ha parlato di “una questione cruciale” – la polizia del paese non si occupa del presidio sulla comunità perché è troppo concentrata sulla lotta contro l’insurrezione talebana.

I suoi commenti sono stati diffusi a seguito della diffusa condanna dell’uccisione. In Afghanistan, nonostante le garanzie costituzionali di uguaglianza, le donne sono generalmente trattate come inferiori e la violenza contro di loro rimane spesso impunita.

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LIBERA CONTRO LE MAFIE

Sabato 21 marzo

Libera 150x150In occasione della XX Giornata nazionale della memoria e dell’impegno, nel pomeriggio si terranno a Bologna alcuni seminari tematici che si collegheranno agli esiti finali dell’ultima edizione di Contromafie.

Il percorso del corteo Partenza alle ore 9,30 da Via Andrea Costa 174, zona antistante lo Stadio Renato Dall’Ara

Percorso:
Via Andrea Costa, Via Sant’Isaia, Via Barberia, Via Carbonesi, VIa Farini, Piazza Galvani, VIa Archiginnasio, Piazza Maggiore, Piazza Nettuno, Via Indipendenza, VIa Irnerio, Arrivo in Piazza VIII Agosto. Verranno letti tutti i nomi delle vittime delle mafie, delle vittime del rapido 904, delle stragi del 2 Agosto 1980, a Bologna e di Ustica il 27 Giugno 1980. Interventi di un familiare delle vittime e dei presidenti di Libera e di Avviso Pubblico.

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RAWA commemora il 28 ° anniversario del martirio di Meena a Kabul e Jalalabad

RAWA.org – 2015/02/13

feb4 2015 function kabul 5Il 4 febbraio 2015 ricorre il 28 ° anniversario del martirio di Meena, la fondatrice della Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan (RAWA). Il 6 febbraio 2015, i membri e sostenitori di RAWA si sono riuniti per commemorare questo anniversario.
Si sono svolti degli incontri in località segrete a Kabul e a Jalalabad. La sala è stata decorata con foto, slogan e manifesti della nostra cara leader, Meena.

Un membro di RAWA ha dato avvio all’incontro parlando della situazione attuale dell’Afghanistan, soprattutto di come criminali e mercenari di altri paesi – in particolare gli Stati Uniti – stiano trafficando per il potere e per ottenere un posto nel nuovo governo.
Poi un giovane membro di RAWA ha raccontato brevemente in Pashto della vita di Meena. È seguita la presentazione del libro Meena, l’eroina dell’Afghanistan di Melody Ermachild, con la traduzione di diverse sezioni del libro.

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Dalla Cia un milione di dollari “girati” ad al Qaida

Il Secolo XIX – 14.3.2015

704fc4f9397824d739d413e5bd62436c kbrf 390x180ilsecoloxixweb 265x122Washington – Circa un milione di dollari che la Cia aveva fornito al governo afghano attraverso un fondo segreto sarebbe finito nelle mani di al Qaida nel 2010 quando la somma fu utilizzata per pagare il riscatto richiesto per la liberazione di un diplomatico afghano.

Lo scrive il New York Times. Il giornale cita lettere che menzionano il riscatto, trovate nel 2011 nel nascondiglio di Osama bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan, nel raid delle forze speciali americane che portò all’uccisione del leader di al Qaida.

Il materiale è emerso nell’ambito del processo ad Abid Naseer a New York, condannato dieci giorni fa per aver complottato ad un centro commerciale di Manchester e alla metropolitana di New York.

Il quotidiano ricostruisce la vicenda di Abdul Khalid Farahi, console generale afghano a Peshawar, che era stato rapito nel 2008 e consegnato ad al Qaida. È stato liberato nel 2010 dopo che il governo afghano ha pagato cinque milioni di dollari, di questi un milione proveniva da fondi che la Cia aveva consegnato al governo afghano.

Accordi afghano-pakistani, l’intoppo dei rifugiati

Dal blog di Enrico Campofreda – 12.3.2015

ìcampoAshrafSul valzer della diplomazia, con cui da mesi il presidente afghano Ghani corteggia, ricambiato, l’omologo pakistano Sharif, sta cadendo la tegola dei rifugiati.

Dallo scorso gennaio circa 60.000 profughi afghani sono rientrati dal Pakistan. Motivo: il risentimento nazionalista scatenato dal massacro nella scuola di Peshawar compiuto da un gruppo di Tehreek-e Taliban. Del copioso commando (27 persone secondo l’Isi pakistana) nove sono stati uccisi, sei sono stati arrestati nella zona di Peshawar, altri sei in Afghanistan, dei restanti finora si son perse le tracce.

Ci sono invece ampi sospetti che Mullah Fazlullah, considerato la mente ispiratrice degli attentati dei TTP, si trovi della provincia afghana di Kunar. Per questo il nuovo capo dell’Isi Rizwan Akhtar ha richiesto ufficialmente a Ghani e al premier in pectore Abdullah di collaborare per la cattura.

Nel frattempo, più per spinta degli apparati di sicurezza che del presidente pakistano, è in atto un controesodo che non si registrava da decenni.

 Sdegno e reazione – Al clima di paura e risentimento seguiti alla strage della scuola dei figli di militari l’establishment pakistano ha risposto con una legge antiterrorismo che prevede la creazione di ulteriori reparti d’intervento armato, la regolamentazione delle madrase, l’uso di tribunali speciali per rapidi processi ai sospettati e tout-court il rimpatrio di rifugiati afghani. La normativa non fa distinzione fra profughi registrati e illegali, così la scure s’è abbattuta su tutti.

peshawar2Le contraddizioni sono palesi: molte famiglie partono alla ventura senza sapere se avranno sistemazione nel Paese d’origine che, al di là delle buone intenzioni di Ghani, non presenta alcun piano economico degno di questo nome e già vive la miserevole macchia di campi profughi interni.

Fra i rimpatriati ci sono giovani nati e cresciuti negli shelter pakistani, una comunità enorme (2.6 milioni di persone), la più numerosa al mondo inserita in una nazione straniera. Eppure una parte di essa non è registrata nelle liste dell’Unhcr, abita lì clandestinamente e si tratta d’un numero nient’affatto limitato.

Profughi per fame – L’incremento di queste presenze negli ultimi tempi è dovuto più a fattori alimentari che bellici. Alla cronica incertezza d’una nazione fantasma, dissanguata da occupazioni militari che favoriscono un apparato locale profittatore e corrotto.

Un Paese spolpato nelle risorse da un neocolonialismo di ritorno che vede in prima fila potenze mondiali e regionali.

 
Gli aiuti internazionali, su cui la casta politica di Kabul ha sempre lucrato, ormai registrano una diminuzione dei flussi per altre crisi mondiali (Siria, Iraq) concorrenziali rispetto alla realtà afghana.
Nel 2014 i fondi per i rifugiati locali sono scesi a un quinto: da 1.200.000 dollari a soli 250.000. Fra le proposte rivolte agli accampati il governo pakistano introduce una carta della validità di un anno che funga da prova di registrazione; gli afghani ne chiedono l’estensione sino al 2018 o 2019.

C’è mercanteggiamento sul tema, una componente del governo pakistano non vuole offrire appigli simili a questa carta, che regolamenta ma al tempo stesso istituzionalizza l’accoglienza, puntando invece a impedire nuovi ingressi e ad ampliare i rimpatri.

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