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Autore: Anna Santarello

Marines urinano sui Talebani. Inchiesta Usa dopo il video shock

Repubblica.it, 12 Gennaio 2012

104802924 1ced2a2e 11f9 4b10 879b d1521622e473Nel filmato, quattro uomini in divisa urinano su tre cadaveri, che, secondo i Talebani, sono di loro combattenti uccisi. I militari hanno l’aria divertita e uno di loro augura “una buona giornata” a una delle vittime al termine dello sfregio. Il Pentagono: “Deplorevole”

WASHINGTON – Le autorità militari Usa hanno aperto un’inchiesta su un video pubblicato su internet, nel quale vengono mostrati quattro marines mentre urinano sui corpi insanguinati di quattro insorti, presumibilmente combattenti talebani. Il filmato, della durata di 39 secondi, ha iniziato a circolare ieri sulla rete. Nel video, trasmesso inizialmente dal sito d’informazione Tmz, quattro uomini in divisa urinano su tre cadaveri, che secondo i talebani sono di loro combattenti uccisi. I militari hanno l’aria divertita e uno di loro augura “una buona giornata” a una delle vittime al termine dello sfregio.

WASHINGTON – Le autorità militari Usa hanno aperto un’inchiesta su un video pubblicato su internet, nel quale vengono mostrati quattro marines mentre urinano sui corpi insanguinati di quattro insorti, presumibilmente combattenti talebani. Il filmato, della durata di 39 secondi, ha iniziato a circolare ieri sulla rete. Nel video, trasmesso inizialmente dal sito d’informazione Tmz, quattro uomini in divisa urinano su tre cadaveri, che secondo i talebani sono di loro combattenti uccisi. I militari hanno l’aria divertita e uno di loro augura “una buona giornata” a una delle vittime al termine dello sfregio.

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Solo una persona su tre in Afghanistan ha accesso alla corrente elettrica

di Agnieszka Flak e Sanjeev Miglani, RAWA/NEWS – 9 Gennaio 2012
Nonostante i milioni di dollari di aiuti confluiti nel settore dell’elettricità negli ultimi 10 anni, molti progetti che potrebbero portare la corrente in tutto il paese sono ancora allo stadio iniziale.
di Agnieszka Flak
afghan repairing electricity 300x186Secondo quanto affermato dal capo dell’azienda elettrica statale al giornalista della Reuters, solo una persona su tre ha accesso all’elettricità in Afghanistan, nonostante anni di investimenti in questo settore, e il paese è ancora totalmente dipendente dall’energia importata dall’esterno.
Abdul Razique Samadi, amministratore delegato della Da Afghanistan Breshna Sherkat (DABS), dice che la situazione nella capitale Kabul, dove circa il 70 per cento delle abitazioni è raggiunta dalla rete elettrica, è decisamente migliore di quella del resto del paese.
“Mentre il resto dell’Afghanistan riceve elettricità per circa due ore, noi a Kabul abbiamo energia elettrica per 24 ore, con una certa stabilità” dice alla Reuters.
Circa metà della popolazione totale dell’India (che assomma a 1 miliardo e 200 milioni di persone) non ha accesso all’energia elettrica e meno di un terzo dell’Africa sub-sahariana è elettrificato.
Portare l’elettricità a tutto l’Afghanistan è cruciale per poter sostenere un’economia indebolita da decenni di guerra e per migliorare gli standard di vita in un paese con tristi record negativi per quanto riguarda sanità e istruzione.
La richiesta di energia elettrica a Kabul è triplicata negli ultimi cinque anni e aumenta ogni anno.
Samadi stima che nel 2020 l’Afghanistan avrà bisogno di circa 3.000 megawatt (MW) per coprire il bisogno interno, da paragonare all’attuale fornitura di circa 600 MW.
Ma la domanda è ancora molto modesta, se si considera che la previsione per l’Afghanistan nel 2010 equivale a solo il 5 per cento di quanto viene consumato oggi nel Regno Unito, benché la popolazione dell’Afghanistan sia circa la metà di quella della Gran Bretagna.

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LA RIVISTA GUERRA & PACE TUTTA DEDICATA ALL’AFGHANISTAN

G&P 165 AFGHANISTAN LIBERTÀ DURATURA

per l’editoriale, guerraepace.org

per sapere dove acquistare la rivista clicca qui

165cop 231x300La guerra in Afghanistan è una di quelle realtà che arriva sui nostri media in maniera saltuaria e decisamente selettiva. Malgrado la presenza di oltre 4000 militari italiani, i 3,5 miliardi di euro spesi in 10 anni, l’importanza politica e umana di qual conflitto, si parla di Afghanistan solo quando ci sono notizie “particolari” (in primo luogo militari italiani che vengono colpiti). Forse è “normale” sia così: i quotidiani non sono disposti a parlare quotidianamente di una guerra nascosta, poco “spettacolare”, poco visibile, senza colpi di scena abbastanza interessanti. Le riviste con altra periodicità dovrebbero invece prendersi l’impegno di approfondire, scavare, provare a capire cosa davvero stia succedendo, esercitare una capacità di inchiesta e autonomia critica che costa loro troppo, sia in termini di risorse che di elasticità intellettuale. E comunque non farebbe vendere.
 
Così c’è voluto Wikileaks perché si “scoprissero” i segreti di una guerra che già erano evidenti a chi volesse guardarli. Ma dopo un anno anche quei “segreti” sono entrati a far parte del rumore di fondo della rete, che contiene tutto, ma non è in grado di creare il necessario “scandalo” che permetta di chiedere conto ai responsabili di quella guerra quali siano i progetti  e le strategie, e provare a rendere ancora forte l’opposizione a queste guerre inutili e dannose (dal punto di vista dei risultati per le popolazioni), e necessarie ai poteri planetari per mantenere il controllo e le loro relazioni gerarchiche mondiali.
Naturalmente non siamo gli unici a raccontare l’Afghanistan e a provare a capire ancora oggi, dopo 10 anni, i perché di quella guerra. Lo hanno fatto e ancora lo fanno altri organi di informazione indipendente (tra i quali è fondamentale Peacereporter); lo fanno quelle associazioni che ancora mantengono il loro impegno di solidarietà e relazione con la società afghana che non si piega alla guerra e alla violenza e prova a opporsi al fondamentalismo e alla corruzione.

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AFGHANISTAN: DETENUTI DEL CARCERE DI BAGRAM DENUNCIANO GLI ABUSI DELLE AUTORITÀ STATUNITENSI

di  Luca Pistone, Atlasweb, 9 gennaio 2012
afghanistanprigionebaghram 300x199I detenuti della più grande prigione afghana gestita dagli Stati Uniti denunciano torture e arresti arbitrari: lo riferisce l’emittente televisiva panaraba con sede in Qatar, Al Jazeera, citando un’inchiesta condotta da una commissione governativa istituita lo scorso 5 gennaio dal presidente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, che ha rivelato una serie di abusi perpetrati dalle autorità statunitensi ai danni dei detenuti del centro penitenziario di Bagram, località a nord di Kabul.
La gestione del centro, che ospita 3.000 prigionieri e che si trova all’interno di una base militare USA, a breve verrà passata al controllo afghano.
“Durante la nostra ispezione a Bagram, alcuni reclusi ci hanno raccontato di presunte torture”, ha dichiarato Gul Rahman Qazi, presidente della commissione.
Qazi ha parlato di “percosse, umilianti ricerche nelle cavità corporali e lunghe esposizione al freddo estremo”. Ha citato il caso di Abdul Jabar, 71enne rinchiuso in una stanza buia e che “ha perso un dente dopo essere stato malmenato”.

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Afghanistan: sposa-bambina torturata perché non vuole prostituirsi

Da: Newnotizie

Cieca violenza.

Sahar Gul 007 300x180Minacciata, segregata e torturata per aver rifiutato di prostituirsi. È la storia di Sahar, una sposa bambina di appena 15 anni, che ha trovato i suoi carnefici proprio nel marito, il soldato Sakhi Gulam col quale era sposata da 7 mesi, e nella sua famiglia. L’hanno martoriata con i ferri roventi, le hanno strappato i capelli e le unghie delle mani, le hanno rotto le dita

Vendute.

Teatro della brutale vicenda è Puli Khumri, una città dell’Afghanistan, un Paese in cui, secondo un rapporto dell’Onu, un terzo delle donne sono esposte a violenze fisiche e psicologiche, mentre circa il 25% subisce atti di violenza sessuale. Effettivamente, i maltrattamenti contro le donne afghane sono molto frequenti. Le mogli sono considerate dai loro mariti come oggetti, merce, spesso vendute dalle famiglie d’origine per far fronte ai debiti. La stessa Sahar era stata comprata dal marito per 2.700 dollari

Corruzione.

Sul Guardian si legge di come, più di quattro mesi fa, dopo essere stata quasi torturata a morte dal marito e dalla sua famiglia, Sahar abbia tentato di fuggire dai suoi aguzzini, ma sia stata poi rimandata a casa proprio da chi avrebbe dovuto difenderla: la polizia locale. Pare infatti che gli ufficiali, abbiano in un primo momento raccolto la denuncia della ragazza, ma si siano poi lasciati corrompere dalla famiglia dei carnefici che ha versato loro una cospiqua somma di denaro, con la promessa che non avrebbe più fatto del male a Sahar.

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La voce del popolo afghano sulla Independent Human Rights Commission

Dalla pagina Facebook “Afghanistan”

Oggi c’è un sacco di clamore a causa del cambiamento nella leadership dell’afgana (non) Independent Human Rights Commission e ci sono un sacco di giochi dietro le quinte tra Karzai e gli altri per questo rimpiazzo.

Questa commissione è “indipendente”? In realtà, è controllata direttamente dal regime fantoccio di Karzai e dei suoi amici assassini, che hanno un ruolo importante nella scelta della leadership delle persone. Inoltre la responsabile, dottoressa Sima Samar è membro del consiglio centrale del partito lacchè e criminale di ” Wahdat-e-Islami”. A questo punto possiamo ancora affermare che questa commissione è “indipendente”?

È davvero stata creata per difendere i diritti umani? Negli ultimi nove anni questa commissione non ha pubblicato un solo rapporto preciso sulle violazioni dei diritti umani e sui criminali responsabili, non ha mai fatto un solo nome di un criminale e non ha mai protestato una sola volta per la nomina di assassini e malversatori come Fahim, Khalili, Bismillah, Arghandiwal, Sayyaf e molti altri in posti di governo. Mentre le forze straniere, i talebani, i signori della guerra e la gente del governo continuano a commettere crimini barbari contro il nostro popolo, questa commissione ha raramente condannato questi crimini e nella maggior parte dei casi è rimasta in silenzio.

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Il CISDA partecipa al progetto di OPAWC per l’ambulatorio medico di Farah

Rapporto sul progetto del Centro medico sanitario Hamoon a Farah, Afghanistan – Gennaio 2012
A cura di OPAWC, Organization for Promoting Afghan Woman Capabilities

esterno Hamoon 150x150Il Centro medico sanitario Hamoon è un piccolo centro medico nella provincia di Farah, nell’ovest dell’Afghanistan, vicino al confine con l’Iran. Nonostante sia di dimensioni modeste, riveste un ruolo fondamentale nel fornire assistenza medica gratuita a un’utenza che non ha mezzi economici, in una regione in cui non esistono ospedali pubblici degni di questo nome. Il Centro Hamoon fu fondato con un progetto che ebbe inizio nel 2001. Ci volle poi più di un anno per arrivare ad aprire l’ambulatorio. L’ambulatorio fu ufficialmente inaugurato il 6 agosto 2003, ma a quella data aveva di fatto già iniziato ad operare da due settimane.
Negli anni, il Centro medico sanitario Hamoon ha visto crescere la sua reputazione di buon centro in grado di offrire assistenza medica gratuita con i migliori medici specialisti e con somministrazione gratuita di farmaci.

Gli obiettivi del progetto
Principale obiettivo del progetto è offrire assistenza medica di base alla popolazione di Farah, in particolare alle donne e ai bambini, che non hanno accesso a un appropriato servizio sanitario. Poiché Farah si trova nell’estremo ovest del paese e viene poco considerata dalle agenzie umanitarie e dal governo, c’era forte bisogno di un centro di questo tipo.
Il servizio pubblico di assistenza sanitaria nella provincia di Farah è orribile. In una provincia che ha un territorio molto esteso e una popolazione di circa 900.000 persone, c’è un unico ospedale mal funzionante e con scarsa attrezzatura medica. Per tutto ciò che non è emergenza, la gente di Farah è abituata a spostarsi fino alle città di Herat e Kandahar.
Le donne e i bambini sono le prime vittime di questa mancanza di assistenza medica. I dati parlano di centinaia di donne morte per malattie legate a patologie ginecologiche.

folla Hamoon 150x150Come funziona il Centro medico Hamoon
Il Centro Hamoon è un piccolo ambulatorio che fa capo principalmente a due specialisti: un ginecologo e un medico pediatra, che visitano in media circa 150 pazienti al giorno. Tutte le cure sono gratuite, inclusi i farmaci e le visite specialistiche. Ogni giorno si presentano al Centro numerosi pazienti, anche se ne vengono effettivamente ricoverati un numero inferiore.
Le donne e i bambini costituiscono il 95 per cento dei pazienti del Centro Hamoon. A loro viene data sempre la precedenza, perché sono le fasce di popolazione più vulnerabili e nel bisogno. In una società patriarcale come quella afgane, le donne possono vedere un medico solo in casi eccezionali e solo se accompagnate da membri maschi della famiglia.
Il personale del Centro comprende dieci dipendenti e tre volontari. I dipendenti sono: il direttore amministrativo, due medici (un ginecologo e un medico pediatra), due infermiere (di cui una è volontaria), due farmacisti (di uno è volontario), due paramedici che somministrano vaccinazioni (di cui uno volontario), un contabile, un autista, una guardia e due addetti alle pulizie.
I medici lavorano cinque ore al giorno, dalle 13 alle 15, e hanno il giorno libero di venerdì.
Il direttore amministrativo è la persona che gestisce, controlla e monitora tutto il lavoro del Centro. È presente in ambulatorio tutto il giorno e ne controlla l’efficienza quotidianamente. È anche il responsabile finanziario del Centro: deve infatti tenere traccia di tutte le spese e gestire l’archivio delle cartelle cliniche.

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Petrolio afgano ai cinesi

E-il mensile online, Enrico Piovesana, 29 dicembre 2011
afg 300x193Solitamente le risorse di un Paese occupato militarmente vengono sfruttate dalle nazioni occupanti. Per l’Afghanistan le cose sembrano andare diversamente. Dopo essersi aggiudicata la più grande miniera afgana – quella di rame ad Ainak – la Cina, che in Afghanistan non ha nemmeno un soldato, ha vinto anche la prima gara sui diritti petroliferi afgani.
Mercoledì il ministro afgano delle Miniere, Waheedullah Shahrani, e il presidnete della compagnia petrolifera statle cinese Cnpc, Lu Gong Xun, hanno firmato a Kabul l’accordo che assegna alla Cina per 25 anni i diritti di estrazione del petrolio dei principali giacimenti del Paese: quelli del bacino del fiume Amu, nelle province settentrioanli di Sar-i Pul e Faryab (rispettivamente controllate dai contingenti Nato turco e norvegese, sotto comando regionale tedesco).
Alla gara partecipavano anche compagnie statunitensi, canadesi, francesi, ma la Cina ha vinto offrendo condizioni più vantaggiose: a fornte di un investimento cinese di almeno 400 milioni di dollari per la costruzione di pozzi e raffinerie, con precise agranzie occupazionali e ambientali, il governo di Kabul incasserà il 70 per cento dei profitti netti e royalties al 15 per cento, più l’affitto dei terreni e le tasse.
Secondo le stime più attendibili, i giacimenti dell’Amu Darya contengono 87 milioni di barili di greggio, il che significa che il governo afgano incasserà tra tutto, nei prossimi 25 anni, almeno 7 miliardi di dollari. Dal canto suo la Cina si assicura risorse fondamentali per la sua economia energivora e prevede di guadagnare dieci volte tanto quello che investirà.
Tra un paio di mesi il governo afgano bandirà la gara per i giagimenti della provincia di Balkh, controlata dai militari tedeschi, e entro l’estate per quelli della provincia di Herat, sotto comando italiano.

Il militare italiano contuso e il civile afgano ucciso. O viceversa?

E-il mensile online, Angelo Miotto, 29 dicembre 2011

In radio, sui siti on line. La notizia parte male dalle agenzie di stampa.
++ AFGHANISTAN: ATTACCATA PATTUGLIA, CONTUSO ITALIANO ++ UCCISO UN AUTISTA CIVILE LOCALE, UN ALTRO È RIMASTO FERITO (ANSA) – ROMA, 29 DIC – Un militare italiano in Afghanistan è rimasto contuso, per una scheggia che ha colpito il giubbetto antiproiettile, in seguito ad un attacco da parte di insorti nell’ovest del paese. Nell’attacco è rimasto ucciso un autista civile locale ed un altro è rimasto ferito.(ANSA)
Poi i giornalisti riprendono la notizia. Ma come?
Copiaincolla, come accade spesso. La fretta, la velocità, il dare la notizia al volo, la routine.
Allora rileggiamo la notizia.
Fatto: c’è stato un attacco a un convoglio militare.
Fatto: ci sono un morto e due feriti.
E qui il bivio, ignorato per superficialità o per scelta editoriale. La scelta editoriale di chi ritiene che i ‘nostri’ ragazzi siano notizia di interesse nazionale mette il contuso nel titolo e in primo piano.
Ma la notizia è che un uomo è morto e due uomini sono rimasti feriti. Il morto è afgano.
Ed è un civile.
Proviamo a riscriverla allora questa notizia.
Afghanistan: attacco a convoglio militare nell’Ovest del paese. Un autista afgano, civile, è stato ucciso. Un altro è rimasto ferito. Nell’attacco anche un militare italiano è stato ferito in maniera lieve da una scheggia che ha colpito il giubbotto antiproiettile.
Se si perde la dimensione di cosa sia un essere umano, perdiamo tutti quanti un pezzo di umanità.
Scrivere notizie presuppone saperle anche leggerle, con il giusto carico di responsabilità. Si tratta di materia da maneggiare con cura.

Afghanistan, Karzai silenzia un’altra voce scomoda

E-il mensile online, Enrico Piovesana, 29 dicembre 2011

Naderi ape 300x169L’ordine di licenziamento pare sia venuto da Karzai in persona, non senza il beneplacito del governo americano. Il destinatario è uno dei più famosi difensori dei diritti umani in Afghanistan, il giovane Ahmad Nader Naderi: figura di spicco della Commissione afgana indipendente per i diritti umani (Aihrc), da cui è stato cacciato pochi giorni fa.

Nadery – 36 anni, master alla George Washington University, “eroe asiatico” secondo la rivista Time e “giovane leader globale” secondo il World Economic Forum del 2008 – si apprestava a pubblicare uno scottante rapporto a cui ha lavorato per tre anni: un dettagliato documento di mille pagine che prova i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi negli anni ’80 e ’90 dai comandanti mujaheddin che oggi fanno parte del governo Karzai o lo sostengono in parlamento. Con tanto di indicazione di centottanta fosse comunui finora sconosciute.
Un rapporto-bomba che, se e quando uscirà, potrebbe generare un terremoto politico a Kabul in una delicata fase di transizione in cui Washington necessita della massima stabilità politica in Afghanistan. Fonti del Dipartimento di Stato americano hanno dichiarato al New York Times che “questo non è proprio il momento adatto” per l’uscita di un simile rapporto.

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