Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assicurato ai parenti delle vittime del naufragio di Crotone che si occuperà della situazione e che gli afghani“sono richiedenti asilo e la loro situazione è prioritaria”.
Il governo di Kabul fa sapere di pregare per quei “martiri”, ma dietro la tragedia c’è l’aggravarsi di una situazione sociale, politica ed economica che rende la vita di milioni di afghani sempre meno sostenibile: circa 700mila persone hanno perso il lavoro negli ultimi 18 mesi e i costi dei beni alimentari sono cresciuti del 30%
AGI – Da cosa fuggivano le decine di migranti, quasi tutti afghani, che hanno perso la vita a pochi metri dalla costa di Crotone? Il governo di Kabul fa sapere di pregare per quei “martiri”, ma dietro la tragedia c’è l’aggravarsi di una situazione sociale, politica ed economica che rende la vita di milioni di afghani sempre meno sostenibile.
Nonostante le difficoltà e le minacce, le attiviste celebrano la giornata per ricordare che il cambiamento è sempre possibile. Anche in un Paese dove oggi violenze domestiche e persino l’uccisione di una figlia non vengono puniti.
Buio. Temperature polari, neve, fango e ancora buio. Di sera la città scompare nell’oscurità. L’elettricità c’è raramente. Le luci stradali e quelle dentro le case sono spente. I passi incerti degli uomini per strada, come fantasmi. Resti di una vita che non c’è più.
Miliziani ovunque, posti di blocco. Sono vestiti meglio i Talebani: buone divise, mezzi potenti, armi efficienti, ereditati dall’esercito e dagli americani. È questa la Kabul che ritrova Rehana, militante della Revolutionary association of the women of Afghanistan (Rawa) dopo una lunga assenza. Nemmeno nelle case si sta al sicuro. I miliziani arrivano, sono una cinquantina. Circondano un quartiere, chiudono le strade. Poi entrano nelle abitazioni e perquisiscono, buttano all’aria tutto. Dicono di cercare armi ma rovistano anche nella biancheria delle donne. Alcune tra le nostre amiche attiviste hanno subito questa avventura. Se sei da sola in casa, convocano un testimone maschio altrimenti non potrebbero entrare. Mostrano a tutti che hanno il controllo del Paese, seminano paura. E ci riescono benissimo.
avremmo tanto voluto essere in presenza tra voi oggi con una nostra delegazione, ma i tempi sono persino più difficili che in passato.
Questa distanza fisica forzata si accompagna però anche ad un approfondimento della nostra relazione con tutte voi: mai come oggi vi sentiamo vicine e unite in una lotta comune.
L’8 marzo chiama le donne di tutto il mondo a lottare con determinazione contro i regimi dittatoriali misogini, religiosi o meno, che calpestano i loro diritti. Negli ultimi quattro decenni la condizione delle donne afghane è stata terribilmente dolorosa.
Due articoli di ATNews e la Voce di Asti dedicati all’incontro del 1 marzo 2023 organizzato da; Libera Asti, ACLI Asti, Israt in collaborazione con Welcoming Asti, Amnesty International e Fondazione Goria. Con la partecipazione fra le altre di attiviste del CISDA
“Donna, Vita, Libertà. Donne contro i sistemi patriarcali”: le donne afghane al centro del secondo incontro
“Donne in Afghanistan tra speranza e disperazione” era il tema del secondo incontro sulla lotta delle donne contro i sistemi patriarcali che si è svolto il primo marzo nell’aula magna dell’Uniastiss, organizzato da Libera Asti, ACLI Asti, Israt in collaborazione con Welcoming Asti, Amnesty International e Fondazione Goria.
Non è bastata una catastrofe umanitaria di dimensioni epocali per placare l’impeto della Turchia contro i curdi
«Quello a cui stiamo assistendo è uno Stato che tratta i propri cittadini come nemici. Il governo turco odia i poveri, le minoranze etniche, e chiunque non ripeta a pappagallo la propaganda di Stato». Gözde Cagri, giornalista dell’Agenzia Mesopotamia in Turchia, è appena tornata dalle zone terremotate. La voce professionale a tratti si incrina, tradisce la rabbia nell’aver visto persone abbandonate a loro stesse, senza cibo e acqua. Di essere testimone di uno Stato che confisca gli aiuti della società civile e di gruppi politici opposti.
Meno di un mese dopo il violento terremoto che ha provocato oltre 51mila vittime accertate, più di 122mila feriti e milioni di sfollati, l’esercito turco continua ad attaccare il movimento di liberazione curdo in nord-Iraq e nel nordest della Siria.
l rapporto, scrive il “Wall Street Journal”, non si limita a chiamare in causa l’attuale amministrazione del presidente Joe Biden, ma risale sino a quella dell’ex presidente George W Bush
Un rapporto dell’Ispettorato generale speciale per la ricostruzione dell’Afghanistan – principale autorità del governo federale Usa per la supervisione delle attività di ricostruzione in quel Paese dell’Asia centrale – ha denunciato in un rapporto le modalità “precipitose e scoordinate” tramite cui gli Stati Uniti hanno gestito il loro ritiro dal Paese.