OsservatorioIraq, 25/11/2012, di Anna Toro
Non era la prima volta che la suocera della giovane Mah Gul, 20 anni, aveva cercato di farla prostituire. Al suo ennesimo rifiuto la donna ha preso la decisione: con l'aiuto di un complice, hanno aspettato che il figlio tornasse dal lavoro. In tre hanno bloccato la ragazza e, per punirla del suo rifiuto, le hanno tagliato la testa.
È successo appena il mese scorso, nella provincia afghana di Herat.
Gli assassini sono stati tutti arrestati, ma questa è più un'eccezione che la regola, in un Paese dove le donne da vittime si trasformano automaticamente in colpevoli, anche di fronte alla legge, mentre i loro aguzzini rimangono per lo più impuniti.
La prostituzione stessa, pure quella forzata, fa parte infatti dei cosiddetti “crimini morali”.
Con una particolarità: in Afghanistan, nella maggior parte dei casi conosciuti, tutto parte all'interno della famiglia (la propria o quella del proprio marito) ed è per questo che il fenomeno è ancora più difficile da individuare e controllare.
Come nel caso di Soma, originaria di Mazar-e-Sharif.
Era appena un'adolescente, racconta l'agenzia stampa Inter Press Service, quando suo nonno ha deciso di farla sposare con un uomo che nemmeno aveva mai visto. Una volta arrivata a Kabul per la cerimonia, la ragazzina scopre di essere stata data in sposa a un bambino di 8 anni.
Non passa molto tempo che la famiglia di lui la costringe a prostituirsi, durante i festini organizzati dal suocero: per 200 dollari i visitatori mangiavano, bevevano e guardavano Soma e altre ragazzine della famiglia danzare, per poi spostarsi nelle camere da letto. Soma era costretta ad andare anche con 4 uomini per notte.
Lei alla fine è stata più fortunata rispetto a Mah Gul, anche se fino a un certo punto: un cliente, impietosito dalla sua vicenda, l'ha aiutata a scappare e ad andare dalla polizia.
Il caso è arrivato al ministero per gli Affari delle donne, ma intanto Soma è stata rimandata a casa di suo nonno a Mazar-e-Sharif e l'uomo che l'ha costretta a prostituirsi, è scampato all'arresto.
“Sono per lo più le famiglie a vendere le loro figlie e nuore – conferma Nigina Mamadjonova dell'International Organisation of Migration – dopo di che le ragazze non hanno altra scelta che continuare questa strada”.
“Non solo perchè le famiglie d'origine, per la vergogna, non le rivogliono in casa, ma anche perchè, se provano a scappare e a rivolgersi ad associazioni e ong in cerca di aiuto, rischiano di essere rintracciate e uccise”.