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Autore: Anna Santarello

Afghanistan, Karzai non firma la legge che avrebbe protetto stupratori e picchiatori

Di Enrico Passarella, 18 febbraio 2014 – ilReferendum

amensty 300x147Il Presidente afghano Hamid Karzai ha deciso di non firmare una controversa legge che avrebbe danneggiato gravemente i diritti delle donne. La bozza del Criminal Procedure Code avrebbe, infatti, proibito l’uso dei familiari dell’imputato come testimoni durante i processi penali.

Secondo i gruppi umanitari, che hanno fatto grosse pressioni sulle autorità del Paese, il provvedimento avrebbe comportato l’impossibilità di fare giustizia in molti processi per stupro, violenza domestica e matrimoni forzati o minorili, visto che questo tipo di abusi solitamente ha luogo all’interno della famiglia.
Il testo era stato approvato da ambo i rami del Parlamento, dominati dai conservatori e dai capitribù, ma poi il Presidente ha posto il suo veto.

«La legge è rimandata al Ministero della Giustizia per degli emendamenti», commenta stringata Adela Raz, portavoce presidenziale.
Human Rights Watch, che aveva denunciato l’illegittimità della proposta di legge a inizio febbraio, commenta: «La legge avrebbe vietato alle autorità giudiziarie di interrogare i parenti di un imputato, mettendo a tacere le vittime di violenza domestica e di matrimoni forzati o minorili».

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Karzai ordina: “Fuori da Bagram”

di Enrico Campofredda – 14 febbraio 2014 – Agoravox

talebani milizie 77a88Via dal supercarcere di Bagram per ordine di Karzai. Un fuori programma che appare più politico che giuridico e libera sessantacinque detenuti, considerati dagli statunitensi pericolosissimi. Da un anno la gestione di Bagram – ora chiamato Impianto di Detenzione Parwan – è passata dalla Nato al governo locale, il presidente afghano aveva definito quel luogo una “fabbrica di talebani” per la promiscuità fra combattenti anti Isaf e altri imprigionati.

Mentre attivisti dei diritti e i pochi giornalisti ammessi alla visita (alcuni della Bbc) lo ricordano come vero centro di tortura e abuso. Il gesto di Karzai, che punta al recupero del rapporto con la cittadinanza, è per la diplomazia americana una scelta deplorevole, ma il presidente sembra non curarsi delle critiche.

Lui vuol lasciare un buon ricordo e soprattutto pattuire il futuro con chi resta sulla scena politica nazionale. Fra costoro proprio i Taliban, mentori di più d’un detenuto che ora riacquista la via di casa, e probabilmente di battaglia. In effetti diverse delle persone rilasciate erano accusate di aver fatto uso di armi, se appartenendo a milizie talebane o a diversi gruppi d’insorgenza risultava elemento secondario alle truppe d’occupazione e agli stessi resistenti.

Un rapporto d’accusa stilato dal Comando statunitense sostiene che: i 65 provengono dalle province di Helmand e Kandahar, 23 di loro siano produttori di ordigni Ieds, 33 risultano positivi al cosiddetto test di residuati di polvere esplosiva presenti sul corpo e sul vestiario, una parte aveva provocato attacchi contro militari Nato, un altro gruppo aveva rivolto le armi verso l’esercito afghano. Gli addebiti non sono stati verificati da organi di giustizia, vengono sostenuti unicamente dall’US Army.

Però alcune storie descritte dall’inviata della Bbc, che ha potuto visitare Bagram e che lei ha riportato al cospetto di Karzai, hanno spinto quest’ultimo a ricredersi sulle responsabilità dei carcerati e sulla funzione positiva di simili prigioni. A tal punto che la sua affermazione: “La presenza di tali strutture sul nostro territorio contrasta con Costituzione, leggi e sovranità del popolo” sembra fatta apposta per gettare benzina sui rapporti già infuocati fra statunitensi ed establishment afghano. Soprattutto per il ritardo della ratifica dell’Accordo Bilaterale sulla Sicurezza proposto da Obama, accettato ora anche da Loya Jirga e Parlamento.

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Diritti delle donne in Afghanistan: un passo avanti, dieci indietro.

Di Gabriella Tesoro, 10.02.2014 – it.ibtimes.com

37995 donna afghanaRischiano di andare per aria 12 anni di successi in materia dei diritti delle donne in Afghanistan.

I motivi sono diversi. In primo luogo, c’è un negoziato segreto tra il presidente Hamid Karzai e i talebani che sta facendo tremare i sostenitori del sesso femminile. In secondo luogo, c’è il mancato accordo con gli Stati Uniti sulla sicurezza a lungo termine, che potrebbe portare le forze interazionali americane e le agenzie umanitarie a lasciare il Paese. Per intenderci, si tratta dei maggiori difensori dei diritti delle donne afghane. In terzo luogo, nella lista degli undici candidati alle prossime elezioni presidenziali di aprile, ci sono molti signori della guerra e fondamentalisti islamici che condividono il punto di vista dei talebani.

Le conseguenze cominciano già ad essere evidenti. Da luglio, quattro agenti donne della polizia sono state uccise e lo scorso anno diversi membri femminili del Parlamento hanno rischiato di essere assassinate nella provincia di Ghazni.

A peggiorare questo clima di intolleranza ci pensa proprio il Parlamento che aveva proposto di abrogare l’obbligo di riservare il 25 per cento dei seggi dei consigli provinciali alle donne. Dopo un’intensa attività di lobbying, gli attivisti sono riusciti a ottenere comunque un 20 per cento dei seggi, e ora si attende solo la firma del presidente. “I nemici giurati delle donne hanno quasi eliminato la quota – ha tuonato Soraya Sobhrang, rappresentante nazionale delle donne per Human Rights Commission – Hanno comunque il potere di aprire la strada a qualunque legge vogliano”. E infatti, un’altra proposta di legge favorisce i matrimoni precoci, in quanto aumenta i diritti di tutela che i padri hanno sui figli rispetto alle madri e agli stessi tribunali. Un ultimo disegno di legge vieta nei processi di ascoltare la testimonianza di un membro della famiglia contro un altro, rendendo di fatto impossibile perseguire la violenza domestica che in Afghanistan è altissima.
L’ultimo spiraglio per evitare l’approvazione di questi due progetti di legge rimane proprio il presidente Karzai, che potrebbe rifiutarsi di approvarli, ma, dopo i negoziati dei talebani, sarà difficile prevedere le sue mosse.

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Afghanistan, il mercato della strategia del ritiro

di Enrico Campofreda – 3 febbraio 2014 – Agoravox

us army in action e500fIl fulcro dell’Isaf Mission lancia sui media mainstream (Bbc in testa) voci e numeri della dismissione afghana. Rientreranno oltreoceano 38.000 soldati statunitensi, portandosi via 24.000 macchine da guerra e 20.000 container. Spesa prevista dai 5 ai 7 miliardi di dollari. Non poco, sebbene di parecchio inferiore ai 15, e in qualche periodo 36 miliardi di dollari, impegnati in un anno di permanenza.

Gli alleati inglesi riporteranno a casa 5.200 militari, 5.000 container, oltre 3.000 veicoli, 50 aerei ed elicotteri da combattimento per un costo di circa 400 milioni di dollari. Immediatamente si nota l’assenza della voce ritiro di velivoli da parte americana. Il motivo è noto: le basi aeree di Kabul, Bagram, Camp Marmal, Kandahar continueranno a essere operative per gli attacchi convenzionali coi Falcon e i Raptor, più le già diffusamente avviate azioni coi droni.
Per quanto tempo? Almeno dieci anni, fino al 2024. Questo sostiene il Bilateral Security Agreement, patto ratificato nello scorso autunno da Obama e Karzai e ora, fra un minuetto e l’altro di politica interna, in attesa del benestare definitivo.

Il rientro dell’occupante – L’elefantiaco trasferimento di uomini e mezzi è datato entro il 31 dicembre 2014 e avverrà progressivamente, anche alla luce delle scadenze di facciata previste nel Paese di cui le presidenziali sono il momento clou. Il cosiddetto dopo-Karzai, se davvero si tratterà d’un dopo.

Una parte del materiale, deteriorabile o deteriorato (anche di tipo meccanico) non verrà riportato indietro. In giro per Kabul, già circola una quantità di Land Rover, Tata pick up che da un paio d’anni le truppe Nato hanno ceduto ai compratori locali. Non c’è da stupirsi se qualche Signore della guerra in corsa per le consultazioni di primavera faccia scorrazzare su quei mezzi i militanti e i paramilitari che ne sostengono la candidatura istituzionale. Il portavoce dell’Isaf ha annunciato che un lotto dei 15.000 veicoli previsti per il rientro verrà donato alle Forze di Sicurezza Afghane.

Fra questi 1.700 mezzi blindati contro le mine. Altro materiale verrà messo all’asta, così chi può potrà comperarsi un blindato per una cifra oscillante fra i 2000 e i 5000 dollari. Quello che difficilmente passerà di mano sono compound mobili, generatori, apparecchiature di software e desk.

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Afghanistan, aumentano le vittime civili – Emergency: «Il 2013 anno peggiore dal 2001»

Marta Serafini – 14 Febbario 2014 – Corriere.it

ALTRI02F1A 2788991F1 k7oB U430104344502562fB 398x174Corriere Web SezioniI morti sono aumentati del 14 per cento. Sono decedute quasi tremila persone. A Kabul torna lo spettro della poliomielite
Le vittime civili in Afghanistan sono cresciute del 14% nel 2013 rispetto all’anno precedente. Lo rivela un rapporto diffuso a Kabul dalla Missione delle Nazioni Unite di assistenza al Paese asiatico (Unama). Nel documento si denuncia che il conflitto afghano in cui si confrontano le forze governative con i gruppi oppositori armati ha causato 2.959 morti (+ 7% sul 2012) e 5.656 feriti (+17%) nella popolazione civile.

PALLOTTOLE E MINE – A confermare che il 2013 è stato l’anno peggiore per la popolazione afghana dall’inizio della guerra, 13 anni fa , è anche Emergency. I Centri chirurgici della Ong fondata da Gino Strada di Kabul e Lashkar-gah, capoluogo della regione di Helmand, hanno ammesso 4.317 pazienti feriti per cause di guerra (circa 12 feriti di guerra al giorno per 365 giorni all’anno), il 38% in più del 2012 e il 60% in più rispetto al 2011.

Di essi, 2.183 erano stati feriti da una pallottola, 1.037 da una scheggia e 613 erano stati feriti da una mina. Donne e bambini rappresentano come sempre più di un terzo dei feriti: nel 2013 sono stati ricoverati 784 bambini e 668 donne. Emergency è in Afghanistan dal 1999. Ha un ospedale e un Centro di maternità ad Anabah, nella valle del Panshir, due Centri chirurgici per vittime di guerra a Kabul e Anabah, una rete di 34 Posti di primo soccorso e Centri sanitari e un programma di assistenza ai detenuti nella carceri di Kabul. Dal 1999 in Afghanistan Emergency ha curato oltre 3 milioni di persone.

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ELEZIONI 2014 IN AFGHANISTAN: INTERVISTA AL SOLIDARITY PARTY OF AFGHANISTAN

Il 2014 potrebbe essere un anno decisivo nella travagliata storia politica dell’Afghanistan. Il paese, tormentato da decenni di conflitti, è infatti alle prese con i preparativi per le elezioni presidenziali e provinciali previste per il prossimo 5 aprile.

Ad oggi tuttavia, le difficoltà non sono mancate, e mentre il paese si avvia ad eleggere un nuovo presidente e i consigli provinciali, crescono i dubbi circa la capacità degli organi di governo afghani di garantire una corretta e trasparente votazione.

La candidatura di personaggi accusati di aver compiuto crimini contro l’umanità continua a destare forte preoccupazione e grande scetticismo, e si teme che anche quest’anno i brogli elettorali non mancheranno.

Secondo l’ultimo rapporto di Human Rights Watch, tra i candidati in lista per la presidenza ci sarebbero ‘ex militari e capi delle milizie responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, crimini di guerra e crimini contro l’umanità’.

Data la presenza di candidati accusati di orrendi crimini, molti afghani continuano a chiedersi se i diritti umani saranno mai rispettati nel proprio paese.

Mentre la maggioranza del popolo afghano continua a chiedere giustizia per i crimini commessi in passato e che tutt’oggi vengono compiuti dagli stessi personaggi che ora ambiscono alla presidenza, rimangono forti dubbi sulla volontà del presidente uscente Karzai di lasciare il proprio ufficio come previsto dalla Costituzione, dopo dieci anni di governo. Il presidente afghano non sembra infatti essere intenzionato a farsi da parte e sono in molti a credere che alla fine Karzai troverà il modo di assicurarsi un ruolo chiave nel nuovo governo facilitando la vittoria di un alleato e quindi interferendo nel processo elettorale. Ad alimentare queste critiche sono alcune scelte controverse di Karzai, il quale avrebbe ritardato, e in alcuni casi opposto, l’attuazione di alcune importanti riforme elettorali, come l’introduzione di una scheda elettorale elettronica per ciascun avente diritto al voto, e rifiutato di eleggere nuovi membri della Commissione Elettorale Nazionale accusata di favoritismo nelle precedenti elezioni.

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Presidenziali afghane: il piccolo principe

di Enrico Campofreda – 4 febbraio 2014 – Agoravox

20131123134322362580 20 49c93 8533dL’outsider – S’intrufola fra i due nomi più in vista degli undici pretendenti al dopo Karzai: Abdullah Abdullah, Ashraf Ghani. Candidati che fanno meno paura dei warlords Rassoul Sayyaf e Agha Sherzai, ma che hanno serie chance di giocarsi il ballottaggio. Il primo, già ministro degli esteri e oppositore del presidente uscente nella caotica elezione 2009 inficiata da brogli e contestazioni, un politico che può perché conserva una personale rete relazionale interna ed esterna.
E Ghani, tecnocrate al servizio della Banca Mondiale, organismo che lo accredita enormemente fra le diplomazie internazionali.

L’outsider è Nadir Naim, giovane dal sangue blu, il piccolo principe che sogna e fa sognare una parte del Paese. Nipote della principessa Mariam, figlia del sovrano deposto nel 1973 e rientrata in patria nel 2003, dopo oltre un ventennio d’esilio in Gran Bretagna. Perché Nadir si getti in un agone così ostico è annunciato così dai suoi portavoce: “Per dare al nobile popolo afghano una vita pacifica e dignitosa”. Un vero straniamento rispetto ai venti di guerra presenti da oltre trent’anni che non sono destinati a placarsi.

Il sostegno d’una maggioranza silenziosa – Eppure fra i commenti ricevuti c’è chi l’accredita d’un seguito tutt’altro che secondario fra una maggioranza silenziosa di mercanti e un ceto sia borghese, sia minuto. Gente che vuole guardare oltre l’orizzonte finora conosciuto della protezione offerta dai vari Signori della guerra padroni di tante province.

Il programma elettorale del principino, che comunque rispetta l’assetto della Repubblica Islamica evitando qualsiasi velleità di ripristino della corona, batte sul tema etnico, croce e delizia della nazione.
Una visione afghana per tutti gli afghani, dal maggioritario gruppo pashtun (42%) ai tagiki (27%) sino a uzbeki e hazara (entrambi al 9%). Così dopo quattro anni di contatti informali con la popolazione in uno stentato dari, ora mostra migliorate capacità linguistiche e comunicative, non prive d’un aristocratico glamour. Roba da fiction per Tolo Tivù, sostengono i critici che lo dipingono come un elemento fuori dalla realtà nazionale, interessato unicamente ad anteporre a tutto rango e status familiari.
Lo staff del principe ribatte che, differentemente dai costumi corrotti che vedono ciascun candidato impegnato nella compra-vendita del voto, la sua politica ha un respiro ampio che punta al rilancio pacifico dell’economia.

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IN AFGHANISTAN UNA NUOVA LEGGE PER FAR TACERE LE VITTIME DI VIOLENZA CONTRO LE DONNE

The Guardian – 4.2.2014

Woman in Kabul 006Un piccolo cambiamento nel codice criminale crea enormi conseguenze in un paese in cui i “delitti d’onore” e i matrimoni forzati sono all’ordine del giorno.

In Afghanistan la maggior parte delle violenze contro le donne avviene all’interno della famiglia, quindi questa nuova legge renderà impossibile intentare questi casi.

Una nuova legge afghana permetterà agli uomini di attaccare mogli, figlie o sorelle senza temere alcuna conseguenza legale, distruggendo così anni di lento progresso per contrastare la violenza in un paese marchiato da “delitti d’onore”, matrimoni forzati e terribili violenze domestiche.

Il piccolo ma significativo cambiamento nel codice criminale afghano impedisce ai parenti di una persona accusata di testimoniare contro di lei. Molte delle violenze perpetrate in Afghanistan avvengono all’interno della famiglia, di conseguenza questa legge – già approvata dal parlamento e ora in attesa della firma del presidente Hamid Karzai – metterà a tacere sia le vittime sia i potenziali testimoni della loro sofferenza.

“È una farsa”, afferma Manizha Naderi, direttrice del gruppo Donne per le Donne Afghane. “Tutto questo renderà impossibile portare in tribunale i casi di violenze contro le donne… Ora le persone più vulnerabili non potranno avere giustizia”.

Con questa nuova legge il pubblico ministero non potrà mai portare alla corte casi come quello di Sahar Gul, sposa bambina incatenata dai parenti in un seminterrato e ridotta alla fame, bruciata e frustata quando rifiutò di prostituirsi.

Donne come la trentunenne Sitara, con il naso e le labbra tranciate dal marito alla fine dello scorso anno, non potranno mai accusare pubblicamente i loro aggressori.
Denunciare e punire quei delitti d’onore di padri e fratelli che disapprovano il comportamento di una donna della loro famiglia diventerà praticamente impossibile. I matrimoni forzati e la vendita o il commercio di figlie per porre fine a litigi feudali o saldare debiti peggioreranno e saranno sempre meno sotto il controllo della legge, in un paese in cui la giustizia nei confronti di abusi e violenze è già molto rara.

Sahar Gul 14 at a womens 010Sahar Gul, sposa bambina incatenata dai parenti in un seminterrato e ridotta alla fame, bruciata e frustata quando rifiutò di prostituirsi.

Purtroppo è comune anche nei paesi occidentali esonerare quei testimoni che potrebbero incriminare i mariti, ma tutto questo non è niente di fronte alla coltre di divieti dell’Afghanistan.

Secondo Human Rights Watch, questa legge “scagiona tutti coloro che usano violenza contro le donne”.
Questo cambiamento si trova in una sezione del codice criminale dal titolo “Proibizione di interrogare un individuo come testimone”, inclusi bambini, dottori e avvocati difensori.

Sembra che all’inizio i senatori abbiano proposto una versione più moderata della legge, che evitava ai parenti l’obbligo di presentarsi in tribunale in caso non volessero testimoniare.

Tuttavia, entrambe le camere hanno approvato una proposta di legge che bandisce tutti i testimoni. Dal momento che la maggior parte della popolazione afghana vive in appartamenti o abitazioni condivise con la famiglia allargata, le violenze domestiche vengono facilmente coperte.

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Presidenziali afghane, il giro di giostra su Tolo tv

Dal blog di Enrico Campofreda – 5 febbraio 2014

Pesawarcamp2CchildrenLindi, pinti, tirati a lucido e trucco come si conviene a un dibattito mediatico cinque elementi filo occidentali delle presidenziali d’aprile sono apparsi davanti alle telecamere. Tre abbigliati alla maniera occidentale (Adbullah Adbullah, Zalmai Rassoul, Abdul Wardak), due coi tradizionali camis e shalwar (Ashraf Ghani, Qayum Karzai).

 
Hanno dibattuto di temi che ingombrano la prossima consultazione elettorale afghana: il ritiro delle truppe Nato, che ciascuno appoggia, ma qualcuno (Karzai brother) teme perché il bisogno straniero di armati e denaro risulta indispensabile. Sull’argomento pende il famigerato Bilateral Security Agreement, un accordo discusso fra Obama e Hamid Karzai e tenuto a lungo segreto.

Quindi posto alla luce del sole, al momento dell’ufficialità della firma, il presidente afghano ha compiuto lo scarto a sorpresa di “lavarsi le mani” e rimandare la decisione finale alla grande assemblea della Loya Jirga. Che non ha deciso nulla, provocando una duplice irritazione nel tutor statunitense: quella dell’imprevista sortita di Karzai e del sourplace su cui la vicenda viene mantenuta.

Il balletto del Bsa – Proprio nella fase in cui la grande macchina del ritiro veniva avviata. Poiché il Bsa prevede una presenza di lunga durata d’un certo tipo di armamenti, basi, incursori e istruttori la doppia mossa della leadership afghana ha irritato non poco la Casa Bianca. Che ha iniziato a stringere la borsa per prestiti in corso, minacciando gli affari futuri. Poiché questi sono reciproci, pur divisi fra un campo economico e geostrategico nel quale interagiscono gli Usa e quello affaristico di cui s’avvantaggeranno i locali signori del business, tutto dovrebbe rientrare nei ranghi.

L’uscita di Karzai serve a riparare se stesso e il suo gruppo familiare, che continueranno a essere presenti nell’affarismo politico, pur fuori della carica presidenziale (a Qayum vengono attribuite poche chance di successo), dalla responsabilità d’una firma scottante che probabilmente competerà al Capo di Stato uscito dalle urne del 5 aprile. Sottolineando l’importanza del Bsa Ghani e Rassoul hanno rispettivamente chiesto: una reciproca elasticità fra i contraenti e l’attenzione primaria sul clima di pace senza il quale il Paese non potrà rilanciarsi.

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Le elezioni presidenziali in Afghanistan

Internazionale – 4.2.2014

afghanistan elez402È cominciata il 2 febbraio la campagna elettorale per le presidenziali che dovrebbero svolgersi il 5 aprile. Alla terza consultazione dall’invasione statunitense del 2001 non potrà partecipare il presidente in carica dal 2004, Hamid Karzai, che ha raggiunto il limite di due mandati imposto dalla costituzione.

Si tratterà quindi della prima transizione di potere democratica della storia del paese, nota il Guardian, secondo cui Karzai non ha alcuna intenzione di ritirarsi a vita privata e cercherà di mantenere comunque la sua influenza sulla politica nazionale. Ma la preoccupazione principale del presidente sarà quella di non seguire la sorte dei suoi predecessori: sei dei sette leader saliti al potere dopo la deposizione dell’ultimo re Mohammad Zahir Shah sono morti assassinati.

Secondo Npr alcuni osservatori temono che Karzai possa approfittare della probabile ondata di attacchi da parte dei taliban a ridosso del voto per dichiarare lo stato di emergenza e rimandare le elezioni a data da destinarsi, rimanendo così al potere. Ma più probabilmente cercherà di influenzare il risultato per assicurarsi la vittoria di un suo alleato, impresa non facile dato che ci sono undici candidati e al momento nessuno appare favorito. Ecco i principali:

Abdullah Abdullah. Nato nel 1960, è un ex oftalmologo e leader della resistenza antisovietica negli anni ottanta. È stato ministro degli esteri nel primo governo Karzai, ma si è dimesso nel 2005 e alle elezioni del 2009 è stato il principale avversario del presidente, arrivando al ballottaggio per poi ritirarsi in protesta contro le frodi. È l’unico dei principali candidati che non fa parte dell’etnia pashtun, la più grande del paese, e ha la sua base elettorale nel nord del paese grazie alle sue origini tagiche e agli stretti rapporti con il signore della guerra locale Ahmad Shah Massud, ucciso dai taliban nel 2001.

Ashraf Ghani Ahmadzai. Nato nel 1949, è stato ministro degli esteri e funzionario della Banca mondiale. Nel 2009 ha preso solo il tre per cento dei voti, ma questa volta si è alleato con il signore della guerra pashtun Abdul Rashid Dostum. Questo gli garantisce una solida base territoriale ma gli ha anche attirato le critiche dei riformisti, dato che Dostum è accusato di crimini di guerra come aver fatto morire soffocati decine di prigionieri taliban.

Zalmai Rassul. Nato nel 1942, è stato ministro degli esteri ed è un lontano parente dell’ultimo re Mohammad Zahir Shah. È considerato il candidato preferito di Karzai, di cui è stato uno stretto collaboratore durante l’esilio. È anche ritenuto il meno corrotto dei candidati, ma la sua immagine moderna e occidentalizzata potrebbe non convincere gli elettori più tradizionalisti.

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