Skip to main content

Autore: Anna Santarello

Germi di non violenza in acque agitate

Ediesse Saggi, luglio 2012
a cura di Ester Fano

Copertina Germi nonviolenzaIl volume esplora la recente nascita di movimenti nonviolenti in alcune zone di turbolenza politica e sociale. I primi tre lavori riguardano i conflitti in corso tra israeliani e palestinesi. Chiara Pettenella esamina in particolare le divergenti e conflittuali interpretazioni del conflitto a partire al 1948.

Roberto Castronovo riferisce la storia di un teatro dei bambini aperto grazie ad Arna Ben Khamis a Jenin dopo la seconda Intifada.

Giulia Daniele passa in rassegna le diverse ipotesi sull’assetto futuro dei due rispettivi Stati in caso di fine del conflitto. Il saggio di Nanni Salio informa sulle straordinarie vicende di Bakshar Khan, un leader afghano nonviolento del periodo tra la prima guerra mondiale e il secondo dopoguerra. Simona Capaldi, a seguito di indagini effettuate sul campo, ha elaborato un resoconto della miserabile condizione delle donne in Afghanistan. Antonio Vigilante esplora il complesso rapporto tra religione e politica in Birmania, e in particolare la coraggiosa azione di Aung San Suu Kyi.

Martina Pignatti Morano, presidente dell’organizzazione «Un ponte per…» in Iraq, riferisce infine le notizie, ancora poco note, di un nascente movimento nonviolento in Iraq. Da un anno all’altro si può osservare una rapida crescita dei movimenti nonviolenti, che infonde qualche speranza a chi abbia a cuore le sorti delle infelici popolazioni dei territori di cui questo volume tratta.

Nella Sezione LIBRERIA del sito trovi la recensione delle pubblicazioni più interessanti sull’Afghanistan

Messaggio di solidarietà di Malalai Joya alla quattordicenne Malala Yousafzai

Traduzione a cura di Gloria Geretto

Messaggio di solidarietà alla quattordicenne Malala Yousafzai

Ancora una volta assistiamo ad un crimine contro le donne per mano di spietati e brutali fondamentalisti. Malala Yousaftzai è stata colpita alla testa da un proiettile sparato dai telbani pakistani; la sua colpa è quella di aver denunciato i crimini e le brutalità contro le donne. Nonostante la sua giovane età, Malala ha avuto il coraggio e la determinazione di difendere i propri diritti e denunciare gli atti terroristici e misogeni compiuti da barabri e retrogadi individui.

Condanno con forza questo riprovevole attacco ad un´innocente ragazzina di soli quattordici anni. Questa è la vera natura del fondamentalismo talebano afgano e pakistano. Questi sporchi criminali si credono `uomini´ ma in realtà, la brutalità di questo attacco nei confronti di una giovane ragazza indifesa rivela tutta la loro spregevole e inumana ferocia.

Malala è stata attaccata perché, nel suo piccolo, ha voluto denunciare al mondo intero le brutali violenze sulle donne commesse da estremisti. Malala voleva incoraggiare le donne dei villaggi e delle zone rurali del Pakistan a ribellarsi e a difendere i propri diritti.

Continua a leggere

Le loro vite preziose: L’Unità e i diritti delle donne afghane

Di Cristiana Cella – 8 ottobre 2012 – Unità.it

666209760 300x119 copyIl progetto «Vite Preziose» ha compiuto un anno. Un anno nel quale siamo entrati nella vita di 20 donne afghane, vittime di ogni tipo di violenza, non solo raccontando le loro sconvolgenti storie, ma chiedendo ai lettori il loro impegno per cambiarle.

Perché, a volte, testimoniare non basta, è solo il primo passo. La solidarietà di chi ci ha sostenuto ha dato vita a un percorso comune: mese dopo mese, bambine, ragazze, madri hanno potuto contare sul sostegno economico di donne e uomini italiani. Così hanno potuto evitare matrimoni e prostituzione forzati, fuggire dagli abusi quotidiani. Hanno avuto la possibilità di curarsi, per la prima volta, hanno tolto dalla strada i loro figli, mandandoli a scuola. Oggi le emergenze più gravi sono state risolte ma la strada è ancora lunga e i nostri sponsor hanno deciso di continuare a percorrerla insieme, accompagnandole per un altro anno.

Per informazioni scrivete a vitepreziose@gmail.com

Selay Ghaffar, direttrice esecutiva della ong afghana, eletta rappresentante della società civile alle conferenze internazionali, è una delle voci più importanti dell’Afghanistan che si batte per i diritti umani. Una giovane donna che porta avanti il suo coraggioso lavoro da quando aveva 13 anni. In questi giorni è in Italia, invitata dalla Ong italiana Cospe, che sostiene il nostro progetto, per alcuni incontri con i suoi numerosi sostenitori italiani. E’ stata ospite, ieri, della redazione dell’Unità, dove ha voluto personalmente ringraziare il direttore e alcuni lettori.

COME CONTRIBUIRE AL PROGETTO

Come sta funzionando «Vite Preziose»?
«È un progetto importantissimo per noi, perché è un aiuto diretto, che ci permette di intervenire immediatamente e dà alle nostre donne, in gravissime difficoltà, la migliore opportunità per cambiare la loro vita. Si tratta di persone che aiutano altre persone, noi siamo solo un ponte tra di loro. Le donne sentono che qualcuno comprende i loro problemi, dà valore e rispetto alla loro sofferenza. Questo legame è una forte spinta a superare i grandi ostacoli che hanno di fronte. Per questo vogliamo rafforzarlo, sono proprio le donne a chiederlo».

Come pensi di farlo?
«Ad esempio organizzando degli incontri via skype, quando è possibile, perché possano conoscersi, mandando agli sponsors delle foto e raccogliendo puntualmente, ogni mese, gli aggiornamenti sulla loro vita».

Continua a leggere

Selay Ghaffar: storie di donne e di bambine nell’Afghanistan “liberato”

PISA NOTIZIE – 10/10/12 – Maria Scermino

Ieri un incontro presso la Casa della Donna di Pisa con la direttrice di Hawca e voce tra le più autorevoli della società civile afghana in materia di diritti umani e in particolare di violenza sulle donne: “Benché in Afghanistan la nuova legislazione vieti il matrimonio ai minori di 16 anni le bambine continuano a sposarsi a 12 anni; e i casi di suicidio femminile sono in costante aumento”.

Sala gremitissima ieri pomeriggio alla Casa della Donna per l’incontro con Selay Ghaffar, direttrice di Hawca e voce tra le più autorevoli della società civile afghana in materia di diritti umani e in particolare di violenza sulle donne e sulle bambine.
Unica donna afghana invitata alla Conferenza internazionale di Bonn nel dicembre 2011, la storia di Selay Ghaffar parte da molto lontano. Aveva tredici anni nel 1992, quando insieme ad altri giovanissimi  decise di fondare Hawca (Humanitarian Assistance for the Women and Children of Afghanistan), l’associazione umanitaria indipendente destinata poi a diventare – insieme a RAWA punto di riferimento principale nella lotta alla violenza sulle donne in Afghanistan.

“Tra i primissimi collaboratori di Hawqa – ricorda Ghaffar – vi furono sin dall’inizio alcune organizzazioni umanitarie italiane”. Collaborazioni che col tempo si sono fatte sempre più estese e ramificate: oggi HAWCA lavora con alcune tra le maggiori ONG italiane, come Pangea, ActionAid, ICS e COSPE. Ed è proprio dal COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti) che è partito l’invito per visitare il nostro paese, in un tour tra Roma e Milano, con tappa alla storica Casa della Donna di Pisa.

“La Toscana è tra i finanziatori dei nostri progetti in Afghanistan, in un certo senso un’avanguardia rispetto alle altre regioni italiane”, afferma Silvia Ricchieri del COSPE, che accompagna Ghaffar e traduce il suo inglese. Ed è un quadro fosco quello tracciato dall’attivista afghana, il quadro di un paese in cui la violenza – lungi dall’essersi estinta dopo l’intervento militare e la caduta del regime talebano – è in continuo aumento.

Continua a leggere

INTERNATIONAL CRISIS GROUP – NUOVO REPORT 2012: Fallimento della transizione in Afghanistan

Da: International Crisis Group

Kabul/Bruxelles, 8 ottobre 2012: l’Afghanistan sta precipitando verso una crisi politica devastante, proprio adesso che il governo dovrebbe prepararsi a prendere il pieno controllo della sicurezza nel 2014.
“C’è un rischio reale che il regime di Kabul possa crollare al momento del ritiro della NATO nel 2014”, dice Candace Rondeaux, analista Senior di International Crisis Group di Afghanistan. “La finestra per un’azione correttiva si sta rapidamente chiudendo”.

Afghanistan: LA LUNGA STRADA DELLA TRANSIZIONE – il nuovo rapporto 2014 di ICG – spiega come nel paese si stiano preparando altre elezioni fraudolente e come si stanno compremettendo le poche speranze rimaste per dare stabilità al paese e assumersi la piena responsabilità per la sicurezza.
L’esercito afgano e la polizia sono sopraffatti e turbati dalla transizione, dice Rondeau. “Un altro pasticcio elettorale e si giungerà al punto di rottura”.

La relazione spiega in dettaglio come i vari leader politici del paese si stanno preparando alla transizione che avverrà entro diciotto mesi. Il governo non ha recuperato credibilità – così dicono i sondaggi – dopo le caotiche e fraudolente elezioni presidenziali e parlamentari del 2009 e del 2010, e finora i leaders non sono stati in grado di invertire questa spirale discendente di sfiducia.

“Il Presidente Karzai e il Parlamento sanno da tempo cosa ddeve essere fatto per garantire un voto pulito, ma hanno sempre rifiutato di prendere qualsiasi serio passo in questa direzione”, dice Rondeau. «Karzai sembra più interessato a perpetuare il proprio potere con ogni mezzo, piuttosto che garantire la credibilità del sistema politico e la stabilità a lungo termine del paese».
La soluzione della lunga crisi amministrativa e costituzionale e delle dispute elettorali potrebbe essere la chiave per determinare se il sistema politico attuale sopravviverà al prelievo della NATO.

Continua a leggere

Afghanistan in guerra: parola alle donne

Martedì 23 ottobre 2012 h. 18.00
Casa Internazionale delle Donne – Via Della Lungara 19 – Roma

Interventi di:

  • Biancamaria Scarcia Amoretti (Prof. Emerito La Sapienza Roma)
  • Soraya Malek (Illustre Esule Afghana)
  • Patrizia Fiocchetti e Simona Cataldi (CISDA: Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane)
  • Anna Epifania (medico di Emergency)
  • Marisa Paolucci (giornalista, scrittrice)

Via dall’Afghanistan per evitare la guerra: il “coraggio” di Ena

A 10 ANNI È ARRIVATO IN ITALIA E ORA È UNO STUDENTE MODELLO

Il Cittadino

Ascoltare un ragazzo di 24 anni che non sa se siano proprio 24, scappato da solo a 10 dall’Afghanistan, affidato a una famiglia italiana e oggi studente di scienze politiche a Torino. Una sana lezione di “sobrietà”, che fa impallidire le nostre lamentazioni sulla crisi e convince che si può sentirsi felici anche se il telefonino in tasca è un po’ vecchiotto e l’automobile nel box va avanti a rattoppi. È quello che hanno sperimentato ieri a San Giuliano i ragazzi delle medie, incontrando Enajattolah Akbari, il giovane afghano che assieme a Fabio Geda ha scritto “Nel mare ci sono i coccodrilli” (Baldini Castoldi Dalai).

Il resoconto di un’infanzia che più negata non si può, con l’inizio nell’Afghanistan sotto le bombe e la conclusione in una grande città italiana. Enajatollah Akbari, subito abbreviato da tutti in “Ena”, ieri mattina al cinema Ariston è stato invitato dall’associazione Liberi Pensieri per raccontare a ragazzi dai 10 ai 14 anni quale è stata la sua esperienza di vita esattamente nello stesso arco di età.
A San Giuliano è arrivato grazie al sodalizio che da diversi anni sostiene in città il “Progetto Aquilone”, l’accoglienza temporanea di ragazzi di Kabul e altre città in Italia: un’esperienza che è iniziata nel 2007 con l’arrivo dei primi giovani del Progetto patrocinato da Liberi Pensieri, e si ripeterà l’anno prossimo. Akbari una decina di anni fa viveva nella provincia afghana di Ghazni, nel sud est dello Stato centroasiatico. Appartiene a un’etnìa minoritaria nel mosaico etnico afgano, ma lui per tagliare corto e non perpetuare il razzismo dice: «Sono afghano e basta, sono musulmano non praticante e parlo con tutti.

Continua a leggere

Salvare l’Afghanistan, insieme si può – Confessioni di un giovane profugo

Romina Gobbo, 5.20.3023,  FamigliaCristiana.it

5a0a9f1dcf059a4ce4523f6b8dc6f9c4 2871212Enaiat Akbari (S) e Fabio Geda (D). (Ansa)

In Afghanistan ti guardi attorno e le persone ti sembrano simili, la fisionomia riconoscibile, finché non incappi in qualcuno con “il naso schiacciato e gli occhi a mandorla”. Si dice che discendano da Gengis Khan (che nel 1222 invase l’Afghanistan, ndr), e infatti i tratti ricordano quelli mongoli.

È l’etnia hazara, la più vituperata e perseguitata, considerata inferiore dai pashtun, l’etnia maggioritaria. Poi però si scopre che, oltre all’antropologia, c’entra la religione: gli hazara sono musulmani sciiti, quindi odiati dai talebani, che sono sunniti. Un odio di cui ha fatto le spese Enaiatollah Akbari, giovane hazara, fuggito dall’Afghanistan, e che oggi vive a Torino. Venerdì 5 ottobre, alle 9.30, sarà a San Giuliano Milanese (al cinema Ariston, in via Matteotti), nell’ambito delle iniziative del Cisda, per raccontare ancora una volta la sua storia, che è diventata la trama del romanzo Nel mare ci sono i coccodrilli, scritto da Fabio Geda, per Baldini e Castoldi editore. Il libro è uscito nel 2010, è stato tradotto in oltre 30 lingue e sarà la trama di un film diretto da Francesca Archibugi. Da allora la vita di Enaiatollah è cambiata: è stato intervistato da giornali e televisioni e chiamato a portare la sua testimonianza nelle scuole.

«Ho partecipato a più di 500 incontri ed è stancante» dice. «Ma devo farlo, perché le persone che ho di fronte cambiano. Io non cerco compassione, ho avuto la mia vicenda, le mie sofferenze, ma ne sono uscito. Però c’è chi si trova ancora nella mia situazione, e la gente deve sapere. Se, davanti a un grande pubblico, riesco a trasmettere qualcosa, e almeno due persone cominciano a comprendere, è già un risultato».

Enaiat è nativo di Nava, città situata nella provincia di Ghazni, nel sud-est dell’Afghanistan. Si tratta di una zona dove l’instabilità politica è accentuata, e dove spesso si verificano bombardamenti, sparatorie, attentati e le strade sono disseminate di mine e ogni genere di ordigno. Ha appena dieci anni Enaiat quando diventa “merce di scambio” per saldare un debito paterno. La madre sa che non c’è modo di salvarlo se non lasciandolo andare.
«Non far uso di droghe, non impugnare armi, non rubare. Khoda negahar, addio». Dieci anni in Occidente sono pochi, ma in Afghanistan si diventa adulti presto. Comincia per Enaiat un’odissea, che nulla ha di fantastico, ma che sa di botte, strada e fame. Il futuro è un pensiero lontano, la parola d’ordine è sopravvivere.
Che rapporto hai con la paura?
«La paura mi è stata compagna per tanto tempo. Oggi la paura resta ma, come dice Jung, è anche una risorsa. Se hai paura, stai più attento e rischi di meno. Anche se io ormai mi butto anche quando una cosa è rischiosa».
Perché Enaiat la morte l’ha vista in faccia più volte. Come quando per arrivare in Iran ha dovuto affidarsi ai trafficanti di uomini, oppure quando, per raggiungere la Turchia, è rimasto chiuso nel doppio fondo di un camion – “groviglio di carne” – per tre giorni, dividendo cinquanta centimetri di spazio con altre ottanta persone. Per non parlare di quando si è gettato in mare per raggiungere la Grecia. Una traversata rischiosa perché, dice Hussein Alì, uno dei ragazzini che si tuffa con lui, “nel mare ci sono i coccodrilli”». Otto anni di calvario, poi Eniat “approda”: l’Italia, Venezia, un affido e un permesso di soggiorno. Una nuova prospettiva, la scuola, la speranza…

Continua a leggere

Salvare l’Afghanistan, insieme si può – Una capra per aiutare le donne

Romina Gobbo, FamigliaCristiana.it

img 0852 2871122Cinquanta capre per 50 donne, ovvero 50 famiglie che potranno provvedere a sé stesse. È il “Regalo senza frontiere” che “Insieme si può…”, una rete di ottanta gruppi solidali, distribuiti prevalentemente nel territorio della provincia di Belluno, fa annualmente alle donne afghane, quelle più emarginate, discriminate, che vivono nei luoghi più miseri, in zone impervie, in mezzo alle montagne, per le quali la sopravvivenza è legata agli aiuti, anche solo a una capra, che può diventare un tesoro prezioso. Carla Dazzi, responsabile del progetto, in Afghanistan ci va dal 2002. Puntuale, ogni anno, per assistere personalmente alla consegna delle capre. «Perché non c’è niente di più bello che vedere la felicità negli occhi di queste donne, mentre ricevono un dono, per noi insignificante, ma per loro straordinario». La selezione delle destinatarie è fatta in collaborazione con Hawka (Humanitarian Assistance for Women and Children of Afghanistan) e Rawa (Revolutionary Association of the Women of Aghanistan), due associazioni locali, che si battono per i diritti delle donne.

Continua a leggere

Salvare l’Afghanistan, insieme si può – Un “Aquilone” per i bambini

Romina Gobbo, 05/10/2012, FamigliaCristiana.it

afgh1 2871185Manhiza, vent’anni, iscritta al secondo anno di legge all’università di Kabul.
Sulle strade afghane ci sono due milioni di bambini orfani, privi di qualsiasi opportunità. È anche per loro che noi dobbiamo diventare leader del nostro Paese. Possiamo farlo, perché abbiamo una marcia in più, ci hanno insegnato a vivere tutti insieme in pace e armonia». È determinata Manhiza, vent’anni, iscritta al secondo anno di legge all’università di Kabul. È la prima diplomata degli orfanotrofi gestiti dalla Ong Afceco (Afghan child education and care organization), fondata e diretta da Andeisha Farid, e sostenuta in Italia dal Cisda, organismo di coordinamento di alcune associazioni impegnate in Afghanistan «nella promozione di progetti di solidarietà in favore delle donne», come spiega la presidente, Caterina Cattafesta. Serve tutta la determinazione di Manhiza per cambiare un Paese, che non ama molto né le sue donne, né i suoi figli.
Proprio ai bambini afghani è rivolto il progetto L’Aquilone, dell’associazione culturale “Liberi Pensieri” di San Giuliano Milanese, arrivato alla quinta edizione. Verranno in Italia in otto, tre maschi e cinque femmine, di 14 anni, e vi trascorreranno gennaio e febbraio 2013, due mesi in cui le scuole in Afghanistan sono chiuse. I ragazzi saranno ospiti di otto famiglie tra San Giuliano e Piadena (Cremona), che entra così per la prima volta nel progetto.
afgh2 2871194«Vogliamo dare loro l’opportunità di essere inseriti in una quotidiana normalità, quella che nel loro Paese non è possibile», dice Piera, referente di “Liberi Pensieri”. Perché in Afghanistan la loro normalità è fatta di esplosioni, rumore di elicotteri che fa tremare i muri delle case, spari. Provengono da tutto il Paese, dai villaggi montuosi del Nuristan alle zone desertiche della provincia di Farah. Gli orfanotrofi sono luoghi protetti, ma qualche volta anche lì la paura prende il sopravvento. È quando di notte la polizia fa irruzione, magari con la scusa che lì si insegna la religione cattolica o che non si rispettano le tradizioni, o che si va contro la morale.
Perché negli orfanotrofi Afceco, maschi e femmine studiano insieme, il velo non si usa e le ragazze giocano a calcio in pantaloncini corti. E poi ci sono tante altre attività “sospette”: la ginnastica, le arti marziali, la danza, il teatro, il canto, la musica, l’artigianato, la pittura, lo studio della lingua inglese. Il Governo li tollera perché chiuderli significherebbe una pessima figura di fronte al mondo, ma ritiene che sia necessario tenerli sotto pressione. E per i piccoli ospiti la tensione è continua. Quando ti confronti con bambini che hanno subito grossi traumi, subito non te ne accorgi. È poi nel tempo, quando aumenta la sintonia, che cominci a percepire che qualcosa non va. Troppe emicranie, troppi mal di pancia “immotivati”, stanchezza, svogliatezza.

Continua a leggere