Skip to main content

Autore: Anna Santarello

Intervista a Patrizia Fiocchetti del CISDA

Intervista a Patrizia Fiocchetti del CISDA (coordinamento italiano sostegno donne afghane)
(Traduttrice, già responsabile di  un centro immigrati di Roma)

Patrizia Fiocchetti del Cisda, di ritorno da un viaggio  in Afghanistan (marzo 2010) ha portato la sua testimonianza nell’iniziativa del 26 giugno tenuta dalle Din di Fano  all’interno di uno spazio organizzato con altre associazioni dal gruppo della Bottega Equosolidale di Fano.

Cos’è il Cisda?
Il CISDA è un coordinamento di solidarieta’ con le donne afghane nato nel 2004 . È costituto da una serie di associazioni e da singoli  del centro nord d’Italia, interessati alla questione afghana. Operativamente ha progetti  attuati  sul territorio afghano con varie associazioni  del luogo.
Il CISDA è nato per dare sostegno e solidarieta’ politica a RAWA che è un’associazione di donne afghane che da 30 anni combatte il fondamentalismo e le conseguenze che questo  ha prodotto nell’ambito dei comportamenti sociali e politici nell’intero paese.
Dal 2004 il CISDA ha sempre organizzato missioni in Afghanistan principalmente coincidenti con l’8 marzo, giornata internazionale della donna.
Nel 2009 per motivi di sicurezza non è stato possibile andare. Quest’anno si. La missione ha il momento culminante nella partecipazione all’evento dell’8 marzo. Il viaggio è anche un  modo per monitorare i vari progetti tra cui anche quelli finanziati  dalla U.E. in collaborazione con  associazioni locali per  la costruzione di strade, ospedali e scuole e conseguentemente ricostruzione del tessuto sociale.

Continua a leggere

Afghanistan, soldati statunitensi uccidevano ”per gioco”

Peacereporter – 9 settembre

Tre i civili morti. I militari ”collezionavano le dita come trofei”

“Uccidevano a casaccio e collezionavano le dita dei morti come trofei”. Cinque soldati statunitensi di stanza in Afghanistan sono finiti sotto corte marziale perché uccidevano civili afghani senza alcuna raigone se non il divertimento personale. La notizia, uscita sul Guardian, riprende un servizio del quotidiano dell’esercito Usa Army Times. Il sergente Calvin Gibbs, 25 anni e altri quattro complici avrebbero costituito il cosiddetto “kill team”. Ora rischiano la pena di morte per aver ucciso tre uomini afghani per puro divertimento in distinte «esecuzioni a casaccio» nel corso di quest’anno.

La prima vittima è stata Gul Mudin. I soldati l’avrebbero ferito con una granata e poi finito a colpi di fucile in un campo di papaveri vicino al villaggio di La Mohammed Kalay. Marach Agha è invece stato ucciso in febbraio. Due mesi dopo toccò a Mullah Adahdad.

Continua a leggere

Afghanistan fratello reporter condannato governo ha due facce

Roma, 7 Settembre

(ANSA) In Afghanistan, nell’ultimo decennio, “c’è stata una catena di uccisioni di giornalisti compiuti da assassini che rimangono nell’ombra.
Si tratta per la maggior parte di omicidi di natura politica, e non criminale: alcuni circoli politici nascosti cercano di reprimere la liberta’ di espressione uccidendo i giornalisti”.
A parlare dopo il feroce assassinio del giornalista televisivo Sayed Hamid Noori (la 27/a vittima dal 2001) è Sayed Yaqub Ibrahimi, fratello di Sayed Pervez Kambakhsh: il giovane giornalista condannato prima a morte e poi a 20 anni di reclusione per aver scritto dei diritti delle donne nell’Islam, e graziato dal presidente Karzai, esattamente un anno fa.

Kambakhsh era subito riparato in una localita’ segreta all’estero, e anche Yaqub Ibrahimi, giornalista ancora prima del fratello piu’ giovane, ha poi dovuto lasciare l’Afghanistan a causa delle pressioni che subiva, e ora gode dell’asilo politico in un altro Paese.

Continua a leggere

Cari amici, mi permetto di condividere con voi una riflessione personale

Bologna, 8/9/2010
Sakineh e le altre donne lapidate: se chi tira le pietre siamo “noi”
 
In questi giorni l’opinione pubblica italiana sta avendo un sussulto di indignazione. Scrittori, giornalisti, sportivi e migliaia di cittadini esprimono solidarietà per una donna, Sakineh Mohammadi Ashtiani, condannata a morte nel suo paese, l’Iran, e si appellano alle autorità di quel paese perché sospendano la pena e rivedano il processo. Oltre alla secolare avversione di molti italiani alla pena di morte in sé, in questo caso sono anche la sproporzione tra il particolare reato di cui la donna è accusata (relazioni extraconiugali) e la pena di morte, oltre alla modalità di esecuzione della condanna stessa (lapidazione), che causano avversione e una spinta alla mobilitazione. L’antico ammonimento evangelico su pietre e adulterio ha una forte risonanza in queste circostanze. Ma e’ proprio questo principio di responsabilità morale e misericordia che induce una ulteriore riflessione.
Chi scrive si unisce senza esitazione alla richiesta di clemenza perché i motivi della condanna e la pena cruenta comminata sono contrari alla dignità umana e della millenaria civiltà di quel Paese.
In questo caso c’è ancora la speranza di poter fare in tempo. Purtroppo, in molti casi passati siamo arrivati troppo tardi. Per esempio, brucia ancora nella memoria la tragica fine di quindici donne lapidate il 22 agosto 2008 nel villaggio di Azizabad, provincia di Herat, Afghanistan. Proviamo a ricordare i nomi di alcune di loro: Paiki (17 anni), Suraya (32), Sameera (25), Shireen (60), Zulaikha (35), Bari Gul (22), Gulrukh (30) e altre di cui non sappiamo il nome proprio ma solo il patronimico. In quel caso non ci fu un processo e le donne non erano state in effetti accusate di alcunché di specifico.
Eppure anche loro morirono seppellite dalle pietre delle loro stesse case, scagliate da forza disumana, molto superiore ai muscoli di qualche decina di uomini: esplosivo ad alto potenziale. Un bombardamento dell’aviazione NATO – seguito da un rastrellamento – uccise in quel villaggio 91 persone (o 76 secondo altre fonti) tra cui appunto 15 donne e decine di bambini.
Dopo il massacro i media doverosamente e coraggiosamente informarono il pubblico di fronte ai sistematici dinieghi della NATO. Negli anni successivi, altre donne e altri civili, a decine, a centinaia, sono stati lapidati sotto le macerie delle loro case bombardate dagli aerei della NATO, certo per errore, tragici passi falsi sulla via che conduce a garantire la nostra sicurezza e a portare la democrazia a quel martoriato paese.
O almeno così dice la versione ufficiale, ma dopo nove anni di guerra, centinaia di miliardi di euro spesi da Stati Uniti e alleati per sostenere un regime fantoccio tra i più corrotti del pianeta, chi ci crede più?

Continua a leggere

Afghanistan, stragi e scandali

peacereporter – 04/09/2010

Karzai denuncia l’ennesimo massacro di civili ad opera della Nato, ma a Kabul si parla solo del fallimento della banca che ricicla i capitali del narcotraffico e della corruzione
Un jet militare della Nato sfreccia a bassissima quota sopra un convoglio di auto in viaggio tra due sperduti villaggi nel nord dell’Afghanistan, nella provincia di Takhar. Si allontana rombando, vira e torna indietro, sparando un missile contro una delle macchine. Subito dopo l’esplosione, sbuca dal nulla un elicottero da guerra, che apre il fuoco sulle lamiere in fiamme per finire eventuali superstiti.

Il bollettino del comando Isaf parla di un ”bombardamento di precisione” condotto contro un obiettivo ben preciso che viaggiava su quell’auto: il comandante locale del Movimento islamico uzbeco (Imu), gruppo jihadista alleato dei talebani che combatte le truppe Nato nel nord del paese. Nel raid, secondo il comando militare, sono rimasti uccisi una decina di guerriglieri.

Continua a leggere

Afghanistan: l’indignazione non basta

URLOWEB.COM – 31/08/2010
 
La foto della ragazza con il naso amputato pubblicata sulla copertina del Time dello scorso 9 agosto che recita la scritta “cosa succede se lasciamo l’Afghanistan” (senza punto di domanda) ha scatenato un coro di indignazione e angoscia.
Alcuni hanno contestato l’atrocità di quell’immagine, altri ne hanno denunciato il ricatto morale esplicitato nel commento, un messaggio dichiaratamente propagandistico per l’approvazione generale di una guerra “umanitaria”.
Ma qual è la storia della ragazza della fotografia? Aisha ha 18 anni ed è di etnia pashtùn, una delle popolazioni maggiormente diffuse nel Paese. A dodici anni venne ceduta in sposa a un combattente talebano, in base a un usanza detta balad, un obbligo morale  che in caso di offesa passa di padre in figlio o attraverso i vincoli di parentela tribali. Aisha diventò così la ‘compensazione’ per un omicidio commesso da suo zio. Suo marito la abbandonò presto, per compiere missioni di guerriglia, e lei scappò dalle violenze quotidiane che le venivano inflitte dal suo clan. Quando suo marito l’ha ritrovata a Kandahar, le ha tagliato naso e orecchie con un pugnale.
Una Ong, “donne per le donne afghane”, le ha procurato un viaggio in California dove Aisha ha iniziato un ciclo di interventi di chirurgia estetica che difficilmente le restituiranno un volto normale.

Continua a leggere

Afghanistan: studentesse e insegnanti vittime di gas velenosi

Da: WUNRN

CNN Wire Staff – 25 agosto 2010

story afghan girls sickKabul, Afghanistan (CNN) – Le autorità governative e sanitarie hanno confermato che mercoledì scorso dozzine di studentesse e di insegnanti sono state colpite da gas velenosi . Asif Nang, portavoce del ministero afgano dell’educazione, afferma che l’ultimo episodio, avvenuto in una scuola superiore, è il nono caso di avvelenamento nei confronti di studentesse.

Il Dr. Kabir Amiri ci conferma che 59 studentesse e 14 insegnanti donne sono state portate in ospedale, e ora le loro condizioni stanno migliorando.

“Non abbiamo attrezzature che ci permettano di verificare con quale tipo di gas siano state avvelenate, ma abbiamo inviato in Turkmenistan le loro analisi del sangue per capirlo”, dice il Dr. Amiri.

Durante il regime dei Talebani, dal 1996 al 2001, a molte ragazze afgane era impedito di frequentare la scuola. Le scuole femminili sono state riaperte solo dopo la caduta del regime. Secondo una stima dell’UNICEF, l’agenzia per l’infanzia delle Nazioni Unite, attualmente circa due milioni di ragazze afghane frequentano la scuola.

Continua a leggere

Afghanistan, candidata alle elezioni rapita nella provincia di Herat

Peacereporter – 26/08/2010

Sono state sequestrate altre dieci persone che accompagnavano la donna.
Fauzia Gilani, una delle candidate alle elezioni parlamentari in programma in Afghanistan il 18 settembre, è stata rapita insieme ad altre dieci persone nell’ovest dell’Afghanistan.

Un poliziotto ha spiegato all’agenzia Nuova Cina: “La donna si stava recando nel distretto di Adraskan per un’iniziativa nell’ambito della campagna elettorale, quando il suo convoglio è stato attaccato da un gruppo di uomini armati”.
Dopo la notizia del sequestro è subito scattata un’operazione per liberare gli ostaggi.

Continua a leggere

Afghanistan, avevano ucciso tre civili per scherzo: incriminati dodici militari Usa

Peacereporter – 26/08/2010

Cinque soldati avevano eseguito materialmente il pluriomicidio, altri sette li avevano coperti
Dodici soldati americani sono stati incriminati per la morte di tre civili in Afghanistan.
Lo riporta il quotidiano The Seattle Times, secondo cui cinque militari, accusati di essere gli esecutori materiali, dovranno rispondere anche dei reati di cospirazione e omicidio premeditato.
I cinque sono stati incriminati a giugno dopo la morte di tre civili afghani nella provincia di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan. Altri sette commilitoni devono invece rispondere per cospirazione, ostacolo alle indagini o per aver tentato di coprire i fatti.

Secondo il giornale, tutto è iniziato quando un sergente americano – il 25enne Calvin Gibbs – ha cominciato a “scherzare” con altri soldati su quanto fosse facile “lanciare una granata” contro civili afghani e ucciderli. Dalle testimonianze di alcuni commilitoni del sergente, è emerso che Gibbs era passato dallo scherzo ai fatti, creando una vera e propria “squadra della morte”.
Secondo l’accusa, i militari hanno lanciato granate contro due civili afghani, che sono stati poi finiti a colpi d’arma da fuoco, così come la terza vittima. Il primo omicidio risale al gennaio scorso, il secondo a febbraio e il terzo a maggio. I soldati avrebbero compiuto gli atti criminosi nel corso di pattugliamenti.

Continua a leggere

Afghanistan, talebani uccidono 30 operai nel sud

Dal sito di yahoo

Gli insorti talebani hanno ucciso una trentina di afghani che lavoravano per una società di costruzione nel sud instabile del paese asiatico
Lo hanno riferito oggi rappresentanti della società e autorità.

In Afghanistan la violenza è in forte aumento nonostante la presenza di almeno 150mila soldati stranieri, con un bilancio di morti civili e militari che ha raggiunto livelli da record.

La Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) a guida Nato ha detto che tre dei suoi membri sono stati uccisi in due attentati realizzati con bombe collocate lungo la strada nel sud dell’Afghanistan tra ieri e oggi.

Al momento non ci sono spiegazioni sull’attacco contro i lavoratori e alcune guardie avvenuto ieri sera nella zona di Sangin, nella provincia di Helmand.

“Un gruppo di talebani ha attaccato il sito con mitragliatrici e razzi, uccidendo 25 dei miei lavoratori”, ha detto un rappresentante della società di costruzione afghana che si è presentato come Aqa Jan.

Continua a leggere