Civico20 News - 25 gennaio 2014, scritto da Marta Lovisolo
"Mio figlio è stato ferito e mio fratello ucciso per colpa del mio lavoro, ma io non mi sono mai arresa. Non si può svolgere questa attività senza incorrere nella sofferenza. In Afghanistan, tutte le donne soffrono".
Questo articolo vuole raccontare, seppur in breve, la storia di una donna che ha scelto di fare uno dei mestieri più difficili del mondo.
Ha scelto di sfidare i talebani per poter servire il suo paese e il suo popolo, dando assistenza alle donne e salvandole da situazioni da cui spesso non sarebbero sopravvissute.
Celandosi dietro un burka ha deciso di fare qualcosa che nel suo paese è considerato quasi sempre illegale: ha deciso di aiutare le sue compatriote ad abortire o a difendersi da gravidanze indesiderate assumendo di nascosto farmaci contraccettivi.
In questo articolo, che usa come fonte principale un articolo di Horia Mosadiq (ricercatrice di amnesty international in Afghanistan) pubblicato da newstatement.com il 24 settembre scorso, la protagonista della storia e suoi pazienti sono chiamati con uno pseudonimo, per tutelare la loro sicurezza in un paese in cui le loro azioni sono considerate illegali e immorali.
All’inizio della sua carriera, quando una donna le chiedeva di abortire, la dottoressa Lima le rispondeva di no, che non era possibile, perché doveva attenersi alle leggi del paese. Anche l’uso di contraccettivi era visto di cattivo occhio, così anche quelli rimanevano al di fuori della sua attività professionale.
Tutto cambiò un giorno del 2006 quando la dottoressa Lima entrò in contatto con una paziente che le fece cambiare idea per sempre. Si trattava di una ragazzina di appena 17 anni. Era rimasta incinta senza essere sposata e i suoi genitori, dopo averla scoperta, avevano iniziato a somministrarle di nascosto dei farmaci per indebolirla, in modo che fosse più facile soffocarla nel sonno con un cuscino.
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