KABUL (PAN) I sostenitori del Partito della Solidarietà Afghana (ASP) il 30/4 hanno organizzato una manifestazione a Kabul contro i leader jihadisti e chiedendo il loro processo.
Il corteo è partito dal Cinema-i-Pamir e si è conclusa nella zona Maiwand, dove i manifestanti esponevano foto dei leader jihadisti con una croce rossa sul viso. Hanno cantato “no America, no alla NATO e morte ad entrambi.”
Mentre incendiavano le loro foto, hanno anche condannato gli episodi del 27 aprile 1978 [colpo di Stato e presa di potere delle forze filosovietiche, N.d.T.] e il 28 aprile 1992 [presa di Kabul da parte dei gruppi jihadisti N.d.T.] quando i mujaheddin entrarono a Kabul innescando una lunga guerra civile.
Hafizullah Rasih, un sostenitore ASP, ha condannato i due giorni di disordini politici e ha chiesto un processo per gli autori. “Lo scopo della nostra protesta è quello di condannare le marionette degli Stati Uniti e della Russia.” La manifestazione era stata inizialmente prevista il 27 aprile, ma il ministero degli Interni non ha consentito a causa di rischi per la sicurezza.
Una persona è morta e almeno 21 sono rimaste ferite da colpi di arma da fuoco durante le violente manifestazioni. In fiamme un compound riservato a contractor stranieri. E la folla urla: “Morte agli americani”
KABUL – L’ambasciata americana in Afghanistan è stata chiusa e lo staff è rimasto bloccato al suo interno a causa delle violente manifestazioni a Kabul per protestare contro le copie del Corano bruciate ieri nella base Usa a Bagram. A Jalalabad una persona è morta e almeno 21 sono rimaste ferite da colpi di arma da fuoco durante le violente manifestazioni. Lo ha reso noto un medico dell’ospedale, assicurando di aver visto il corpo all’ospedale. “Si tratta – ha detto – di un giovane che partecipava alla manifestazione”.
La polizia afghana ha però smentito di aver sparato sulla folla. A Kabul i manifestanti hanno dato fuoco ad un compound riservato a contractor stranieri. Secondo un testimone le fiamme hanno danneggiato parte della guesthouse nel complesso del Green Village, dove vivono e lavorano 1.500 contractors stranieri.
Intervista a Samia Walid (Rawa). – Da Contropiano.org
Lunedì 23 maggio 2011
Samia Walid, attivista di Rawa (Revolutionary Association Women of Afghanistan) è nuovamente in Italia per tessere rapporti di sostegno alla sua organizzazione. E’ testimone diretta dell’aria sempre pesantissima riservata dal sistema afghano a chi cerca alternative alla morsa della morte in cui Taliban, Signori della guerra, Forze Isaf e governo Karzai costringono la popolazione.
Signora Walid cos’è accaduto negli ultimi mesi agli attivisti democratici afghani?
Hanno subìto una diffusa stretta repressiva. Ci sono stati pedinamenti, fermi, arresti operati dalle Intelligence locali e occidentali. Un caso noto è quello di Said Mahmud, portavoce del partito Hambastagi, arrestato e uscito di prigione dopo il pagamento di una cauzione per una vicenda pretestuosa. I Servizi di Karzai, con l’alibi dello scontro coi talebani, attaccano chiunque cerca di organizzare la popolazione, ne ascolta le istanze, va incontro ai bisogni di chi non ha protettori e padrini. Diverse nostre attiviste si sono accorte di essere seguite, alcune hanno ricevuto misteriose visite nelle abitazioni. Sicuramente sono state segnalate e schedate. Talune nostre case-rifugio per donne maltrattate sono state individuate e risultano impraticabili. Tutto ciò col benestare delle forze occidentali che dicono di voler attivare la democrazia ma aiutano Karzai a stroncare la partecipazione popolare.
In una nazione che vive una guerra ininterrotta da oltre trent’anni le azioni non violente a sostegno dei diritti trovano ascolto?
È difficile, ma possono trovarlo. Noi lavoriamo per questo. La gente è stanca di guerra, uccisioni, soprusi ma ha paura, anche perché nel nostro territorio la violenza è all’ordine del giorno. Quella interna praticata da anni da Signori della guerra e Taliban. Quella importata dal conflitto decennale della Nato che parla di exit strategy ma ne rimanda le date. Da tempo gli Usa non fanno altro che consolidare le basi militari sul territorio, bisognerà vedere se continueranno a gestirle in proprio o se gradualmente ne cederanno il controllo a un esercito locale. La garanzia offerta da quest’ultimo è ampiamente incerta, lo dimostra più di un episodio in cui i militari dell’Isaf, statunitensi e anche italiani, sono stati colpiti da soldati che vestivano l’uniforme afghana. Esiste poi la micro violenza quotidiana fatta di angherie verso deboli e poveri, verso le donne che vengono stuprate e uccise addirittura a otto, dieci anni. Chi le pratica, specie se miliziano o poliziotto, risulta intoccabile. I familiari non denunciano perché lo stupro è una vergogna che colpisce loro stessi, piuttosto sono disposti a sopprimere le poverette. Tutto questo è duro a sradicare, ma come per la produzione dell’oppio è incredibilmente aumentato negli anni di barbara occupazione. Perciò quando parliamo di legalità e diritti la gente ci ascolta anche se tanti hanno timore a esporsi. Noi stessi agiamo di nascosto, con coperture.
A Taloqan, nel nord del paese, migliaia di persone assaltano la base Isaf dopo l’ennesima uccisione di civili in un raid notturno delle forze speciali Usa: polizia e soldati tedeschi aprono il fuoco sui dimostrnti: 12 morti e 85 feriti
L’ennesima uccisione di civili – quattro, di cui due donne – in un raid notturno delle forze speciali americane, ha scatenato una violenta rivolta popolare a Taloqan, nella provincia afgana settentrionale di Takhar, sotto comando tedesco.
Questa mattina, tremila persone armate di asce, vanghe e bastoni hanno marciato sulla città portandosi dietro i quattro cadaveri. Al grido di ‘Morte all’America’ e ‘Morte a Karzai’ hanno bruciato auto, saccheggiato negozi, devastato uffici e infine hanno assaltato la locale base Isaf, lanciando pietre e bottiglie incendiarie oltre le mura della caserma e ferendo lievemente due militari della Bundeswehr. La polizia afgana, e poi anche i soldati tedeschi, hanno aperto il fuoco sui dimostranti causando un’altra strage: almeno dodici morti e ottantacinque feriti.
”Non ci sono più letti e stanze libere nell’ospedale, già pieno di feriti”, ha dichiarato alla Reuters Hassan Basij, direttore sanitario provinciale.
Il capo della polizia provinciale, Shah Jahan Noori, ha riferito che la rivolta è cessata, ma che la situazione in città rimane molto tesa, dicendosi egli stesso indignato per le continue vittime civili delle forze Nato: ”Condanno fermamente queste operazioni brutali che uccidono solo civili, creando una distanza sempre maggiore tra la popolazione da una parte e il governo e i suoi partner internazionali dall’altra”.
Un gruppo di attivisti afghani e di Barcellona, appoggiati dal Collettivo Aturem la Guerra, hanno protestato ieri per la presenza dell’ambasciatore Afgano in Spagna.
L’ambasciatore Massud Khalili è stato invitato a partecipare ad un atto organizzato dalla Associazione Pro Diritti Umani dell’Afghanistan (ASDHA). L’anno scorso, ASDHA ha invitato nelle sue conferenze, rappresentanti della NATO e dell governo USA. Tre attivisti afghani hanno mostrato uno striscione con le scrite “ Massul Khalili, persona non grata, la narcomafia non è gradita in Barcellona” Una di queste attiviste (la quale ha perso marito e figlia in un bombardamento sul mercato di Kabul negli anni ’90), ha dichiarato che “…è un peccato tornare a mettermi il burka per fare questa protesta, ma ho paura di questi uomini, che hanno venduto il nostro paese e distrutto le nostre vite”. Prima di andare via, i partecipanti alla protesta hanno urlato consegne in favore della femminista afghana Malalai Joya. Come risposta, l’ex direttore delle Questioni Strategiche e Sicurezza del Ministero della Difesa, Pere Vilanova, ha detto che “il carnevale è a febbraio…” Sono stati distribuiti dei volantini con le scrite “Siamo un gruppo di persone che ci opponiamo all’impero dei signori della guerra e alla occupazione straniera in Afghanistan”. Il Collettivo Aturem la Guerra crede che sia vergognoso invitare, a nostre spesse e come se niente fosse, il massimo rappresentante di un regime fantoccio e corrotto, che viola i diritti umani.
KABUL (Reuters) – I responsabili elettorali afghani hanno reso noti oggi i risultati quasi definitivi delle elezioni parlamentari del 18 settembre scorso, anche se l’esclusione di altri tre candidati e vibranti proteste continuano a gettare ombre sul voto. La credibilità dei risultati avrà un peso notevole sulla revisione della strategia della guerra in Afghanistan del presidente Usa Barack Obama, in programma per il mese prossimo, mentre si intensificano gli episodi di violenza e vacilla il sostegno popolare, soprattutto dopo le contestate elezioni presidenziali dello scorso anno. Le pesanti accuse di brogli in entrambi gli appuntamenti elettorali hanno fatto aumentare i dubbi sulla credibilità del governo del presidente afghano Hamid Karzai, proprio mentre Stati Uniti e Nato sono chiamati a riconsiderare il loro impegno in Afghanistan.
Manifestazione contro la guerra in Afghanistan – Hollywood – 6 ottobre 2010
La presente dichiarazione è stata rilasciata dalla Socialist Alliance lo scorso 8 Ottobre.
Il 17 Ottobre 2001, il governo di coalizione Liberal-Nazionale guidato da John Howard schierò le truppe australiane in Afghanistan, a soli nove giorni di distanza dall’inizio dei bombardamenti americani in questo paese stremato dalla guerra e dalla povertà.
All’epoca, l’Alleanza Socialista australiana, da poco formatasi, rispose a questa mossa e agli attacchi terroristici dell’11 Settembre a New York e Washington, puntando il dito contro l’ipocrisia statunitense e dichiarandosi pronta a lanciare una campagna di lotta contro la politica della “guerra senza fine” promossa dell’allora presidente George W. Bush.
“Siamo pronti a lanciare la più vasta campagna di opposizione ad ogni tentativo degli Stati Uniti e delle forze alleate di usare la tragicità della situazione come pretesto per un intervento militare”, dichiara l’Alleanza Socialista.
Da allora, l’Alleanza Socialista ha continuato ad opporsi all’appoggio militare australiano alle truppe Nato e statunitensi schierate in Afghanistan. Abbiamo continuato a ricercare nuove possibilità di costruire un fronte d’opposizione alla guerra in Iraq e Afghanistan – un obiettivo che potrebbe concretizzarsi in modo significativo con l’inizio del dialogo in parlamento.
Ad ottobre l’invasione afghana da parte degli Stati Uniti e dei paesi alleati – Australia compresa – ha raggiunto il decimo anno. I bombardamenti sul territorio afghano, il più povero al mondo, da parte di alcuni tra i paesi più ricchi, è un crimine contro l’umanità. Un crimine finalizzato esclusivamente al consolidamento del controllo americano sul territorio.
Migliaia di manifestanti anti-americani sono scesi in piazza a Kabul al grido di ‘morte all’America’, ‘morte ai cristiani’,’morte a Karzai’. Colpi in aria sono stati sparati da agenti per disperdere la folla, forse 2 persone sono rimaste ferite. Per il comandante Usa Petraeus la minaccia del pastore Jones di bruciare copie del Corano ha danneggiato gli interessi Usa in Afghanistan, dove i progressi sono cosi’ lenti come ‘guardare l’erba crescere o un dipinto asciugarsi’.
“Non vogliamo né gli americani né i talebani” dice. “Vogliamo un governo che ci protegga”
KABUL – Gli afghani hanno marciato per le vie di Kabul Domenica mattina, gridando slogan anti-Americani, denunciando i bombardamenti Nato e la presenza degli americani in Afghanistan. Sventolando bandiere che descrivono gli americani come “protettori della mafia in Afghanistan”, mostrando foto di bambini feriti, la pacifica manifestazione di quattrocento persone si é snodata tra le vie del centro, controllata dalla polizia afghana. I dimostranti, organizzato dal Partito della Solidarietà dell’Afghanistan (HAMBASTAGI Party), hanno dichiarato di essere furiosi non solo per le uccisioni di civili da parte della Nato durante le operazioni militari a Helmand, ma anche per il mortale incidente automobilistico che ha coinvolto un SUV guidato dalla Dyn Corporation (contractors americani) durante il quale sono stati uccisi quattro afghani.